Assocamerestero: Come il mondo percepisce il Made in Italy
09/01/2009
PESCARA aise – Banche e sistema giudiziario non sono ancora ritenuti del tutto affidabili, ma per gli stranieri l’Italia rimane la patria del design e ha un’ottima reputazione anche in tema di terziario. Sfatando un luogo comune, il mondo ci considera partner più che credibili addirittura in fatto di ricerca, sviluppo e formazione.
Ecco quanto risulta da un’indagine di Assocamerestero e di 53 Camere di Commercio Italiane all’Estero, condotta in 34 Paesi su 500 tra buyer, rappresentanti di istituzioni locali, associazioni imprenditoriali, fiere, stampa e media.
L’inchiesta è stata presentata nel contesto della XIV Convention mondiale delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, che si è tenuta a Pescara dal 15 al 21 ottobre scorsi (vedi AISE del 18 ottobre 2005 h.12.40), dal presidente vicario di Assocamerestero Edoardo Pollastri e dal direttore generale Gaetano Fausto Esposito.
Erano presenti, tra gli altri, i presidenti della Camera di Commercio di Pescara e di Unioncamere, Ezio Ardizzi e Carlo Sangalli, e il viceministro alle Attività Produttive, Adolfo Urso.
Il made in Italy, insomma, gode ancora di molta popolarità nel mondo. Secondo il 93,5% degli intervistati ciò che fa la differenza nei prodotti italiani è la qualità, per l’89% è invece il design e il packaging. Il 98% percepisce l’Italia come la culla del design e della creatività, una convinzione molto radicata in Europa e Giappone.
L’Italia supera perfino la Germania anche in un’ipotetica classifica delle preferenze circa il luogo dove aprire uno stabilimento produttivo: è quarta dopo Cina, Brasile, Usa. Ed è addirittura seconda ai soli Stati Uniti quando si tratta di scegliere un paese dove lanciare nuovi prodotti. Motivo: il consumatore italiano è ritenuto curioso, esigente, attento alla qualità e all’estetica.
La qualità delle produzioni tipiche del made in Italy è confermata dal fatto che il 52% degli intervistati collocherebbe in Italia un centro di progettazione e design, mentre paesi come Cina e Stati Uniti hanno ricevuto meno di un terzo delle preferenze. Il 61% del campione affiderebbe ad aziende italiane la fornitura di servizi di ricerca e sviluppo e il 54% la fornitura di servizi di formazione.
L’Italia gode di una buona credibilità anche come partner finanziario. Sotto questo profilo siamo terzi in classifica dopo Usa e Germania. Quanto ai servizi, il 51% degli intervistati affiderebbe tranquillamente ad aziende italiane il trasporto di merci e persone, mentre il 48% esprime fiducia nella nostra esperienza in materia di eco-business.
Poi le considerazioni negative. Solo il 34% degli intervistati affiderebbe la cura dei propri interessi legali a studi o professionisti italiani. Il 55% non conferirebbe ad aziende italiane i servizi bancari. La valutazione dei servizi legali, e quindi il loro grado di affidabilità e di competenza, risente purtroppo dell’influenza negativa del nostro sistema giudiziario, di cui si lamentano complessità e tempi lunghi.
Ma come rispondono all’estero quando si chiede che cosa intendono per made in Italy? Il 74% del campione interpreta questo marchio come una modalità di produzione certamente legata al territorio, mentre il 25% non considera questo legame rilevante.
Si tratta comunque di giudizi molto articolati. Per alcuni (il 7% degli intervistati) è decisivo che beni e servizi made in Italy si ispirino direttamente alla tradizione e cultura italiana. Per altri (18%) è addirittura irrilevante che siano realizzati in Italia, a patto che non intacchino lo standard, ossia che mantengano gusto, design e qualità tipica dei prodotti italiani e ne evochino lo stile.
C’è comunque un 17% del campione che all’espressione made in Italy associa solo alcune produzioni italiane: soprattutto moda e agroalimentare, ma anche l’auto, la filiera dell’arredo-casa e, in una minoranza di casi, altri settori: macchinari, trasporti e la nautica, essendo l’Italia il primo produttore al mondo di megayacht.
Infine moda, mobili e arredo, architettura, design e restauro sono i settori economici percepiti dagli intervistati come poli d’eccellenza. In coda troviamo Ict/audiovisivi, chimica e farmaceutica.
Fonte:
(aise)