All’estero il consorzio vince, ma poche aziende lo sanno
09/01/2009
Federexport: vendite ’04 in aumento, solo il 2,1% di esportatori si unisce.
Le imprese che si consorziano sono più forti. Questo si sapeva, ma fare gruppo è una condizione essenziale per sopravvivere alla concorrenza dei nuovi concorrenti del Lontano oriente. È quanto emerge dal convegno Federexport ´Cooperare per crescere’ di Olbia, presenti tra gli altri il viceministro delle attività produttive con delega per il commercio estero, Adolfo Urso, il segretario generale della Cna Gian Carlo Sangalli e il presidente della Federexport Gianfredo Comazzi.
Una indagine su 118 consorzi e 3.965 imprese delinea un panorama a prima vista confortante, anche se molto resta da fare per dare nuova linfa al ciclo virtuoso dell’export consortile. Nel 2004 i consorzi hanno realizzato un volume di esportazione pari a 15 miliardi di euro che rappresenta il 5,4% del totale dell’export nazionale, con una crescita dell’8,8% rispetto all’anno precedente. Aumenta anche il fatturato export medio per impresa, dai 3,1 milioni di euro del 2003 raggiunge i 3,8 milioni di euro nel 2004. Soddisfatto il viceministro Urso: ´Nelle linee direttrici 2006 per l’attività promozionale abbiamo richiamato più volte l’importanza e il ruolo dei consorzi’. Fin qui tutto bene.
Ma c’è anche da registrare che i consorzi rappresentano ancora solo il 2,1% degli esportatori nazionali. Poco, considerato che il tessuto produttivo italiano è composto per il 98% di piccole e medie imprese. Inoltre le imprese associate riflettono la realtà produttiva italiana sul territorio nazionale, con la solita spaccatura Nord-Sud. La concentrazione maggiore è nelle regioni del triangolo industriale del Nordest, e comunque in quelle centro settentrionali.
Ma al Sud non mancano sorprese positive. I consorzi export passano dal 7,1% del 2003 al 15,3% del 2004. I settori più caldi sono macchine e apparecchi meccanici, prodotti delle industrie manifatturiere, poi alimentari e bevande, in fondo tessili e abbigliamento. Federexport e Cna dicono di avere un obiettivo comune: stare sui mercati per restarci. ´Abbiamo 40 consorzi per l’export in Italia e siamo riusciti a fare insieme cose impensabili per un singolo’, dice Sangalli. ´Ma abbiamo bisogno di maggiore efficienza della p.a., minore legificazione, incentivi a mettersi in rete e sostegno all’innovazione’, precisa. D’accordo Comazzi: ´La realtà della piccola industria non è troppo diversa da quelle delle aziende artigiane di una certa dimensione. Non dobbiamo dimenticare il nostro comune background, la ricerca della qualità. Stiamo metabolizzando le mosse dei nostri competitori e sono ottimista’. I consorzi esportano verso l’Ue per il 37,9% e per il 12% verso l’Europa dell’Est.
Percentuali interessanti per l’America del Nord, dove viene realizzato l’11,7% del fatturato export delle associate, l’Estremo oriente (7,4%) il Medio oriente (6,6%). Ma se si guarda alla propensione futura a esportare, ecco un’altra novità: il sistema delle consorziate è rivolto verso mercati distanti (India, Brasile, Australia), a differenza delle imprese che vanno all’estero da sole, che privilegiano i paesi dell’Est e del bacino del Mediterraneo. Ma la strada per il successo, dicono le imprese intervistate, è irta di ostacoli. Tra questi, il cambio euro-dollaro sfavorevole e la difficoltà a trovare risorse finanziarie.
Fonte:
ItaliaOggi – Mondo Export
Numero 227, pag. 8 del 24/9/2005
Autore: da Olbia Luca Gentile