Vede rosso l’Agenzia delle entrate

09/01/2009

di Daniele Martini

Il governo taglia i finanziamenti del 10 per cento. E la macchina che va a caccia delle tasse non pagate lancia l’allarme: «Così finiamo a secco»

Il titolo è anodino: «Dinamica delle assegnazioni».
Ma il contenuto è chiarissimo: per la lotta all’evasione fiscale non ci sono soldi a sufficienza.
Al punto 9 della Relazione sulla gestione dell’Agenzia delle entrate, quell’apparato della macchina statale che dovrebbe essere la punta di lancia per recuperare le tasse non pagate, c’è scritto che «il trend delle assegnazioni (cioè degli stanziamenti, ndr) evidenzia un forte e progressivo ridimensionamento delle risorse» e che ciò provocherà «un rallentamento del programma di investimenti».

Non è un segnale incoraggiante perché la lotta all’evasione non si fa solo con la volontà politica né con i buoni propositi né tantomeno con le chiacchiere, ma con i soldi necessari per ingaggiare e pagare personale specializzato e potenziare i mezzi, soprattutto quelli informatici, dai computer al nuovo software.
In un convegno a Cogne giovedì 21 luglio, il direttore dell’Agenzia, Raffaele Ferrara, aveva riconosciuto che «ci sono problemi di organico che stiamo cercando di risolvere.
Abbiamo avuto la giusta sensibilizzazione degli organi istituzionali a cominciare dal ministro, Domenico Siniscalco, che ha condiviso l’esigenza di potenziare l’Agenzia».

Sarebbe paradossale che non fosse così, proprio nel momento in cui il capo del governo, Silvio Berlusconi, sostiene che l’evasione non è più tollerabile e lo stesso Siniscalco chiede agli uffici fiscali un impegno straordinario per scovare gli evasori e portare nel 2006 nelle casse dello Stato 5 miliardi di euro freschi.
Se l’Agenzia delle entrate non fosse messa in grado di lavorare al meglio, sarebbe come se un paese decidesse di dichiarare guerra a un altro, salvo poi scoprire che non ci sono i quattrini né per le armi né per le paghe dei soldati. Detto in altro modo: sarebbe come se la lotta all’evasione fosse scritta sull’acqua.

Istituita nel 2001, l’Agenzia ha accumulato una serie di successi e tutto sommato ha contribuito a migliorare il rapporto tra i cittadini e la macchina fiscale.
Alcuni giorni fa la Corte dei conti, di solito poco incline a rilasciare attestati di buona condotta agli uffici pubblici, nel Rendiconto generale dello Stato ha riconosciuto che «tutti gli obiettivi programmati» in accordo con il ministero dell’Economia sono stati raggiunti dall’Agenzia «spesso con percentuali di avanzamento di gran lunga superiori alle aspettative».
Puntando soprattutto su un programma spinto di informatizzazione delle procedure e dei rapporti con i contribuenti, la struttura guidata da Ferrara, coadiuvato da Attilio Befera, è riuscita, se non proprio a far amare il fisco agli italiani, almeno a renderlo meno odioso e vessatorio rispetto al passato.

I risultati 2004 dei servizi resi via internet lo dimostrano: 43 milioni di dichiarazioni e atti trasmessi in rete da 150 mila intermediari abilitati, quasi 3 milioni di avvisi telematici per segnalare omessi versamenti, 15 milioni di accessi al sito per scaricare modelli di dichiarazioni, leggi, circolari, 1 milione 700 mila atti notarili registrati, 200 mila richieste online di duplicato del codice fiscale o della tessera sanitaria, 450 mila appuntamenti prenotati presso gli uffici locali, di cui l’80 per cento fissati per email.
Senza contare tutto il lavoro svolto per i condoni con un incasso di ben 21 miliardi di euro.

Ora, però, quella stagione è finita, di condoni non si parla quasi più e l’Agenzia è a un bivio: o ripiega sull’ordinaria amministrazione oppure fa il salto di qualità e dalla gestione delle sanatorie passa alla lotta classica all’evasione. Finora lo Stato non è stato avaro nei confronti dei suoi uffici fiscali garantendo loro una dote finanziaria di tutto rispetto: oltre 2 miliardi e mezzo di euro nel 2004, 2,1 miliardi nel 2003 e 2 miliardi nel 2002.

Soldi spesi, appunto, non solo per far girare la macchina dei condoni, ma per formare nuove leve di verificatori e accrescere la dotazione informatica degli uffici.
Quattrini impiegati bene perché il ritorno in termini di gettito è stato più che soddisfacente e l’Agenzia si è permessa il lusso di presentare in questi anni bilanci in attivo.
Ora non è più così.
Se il governo non interverrà in fretta, per la prima volta a fine anno l’Agenzia chiuderà con un deficit di 132 milioni di euro.
Il fatto è che, improvvisamente, lo Stato si è messo a fare il micragnoso con gli uffici delle entrate.

Dopo aver fissato con la Finanziaria 2005 il tetto di spesa del 2 per cento alle amministrazioni statali (la regola del cancelliere dello Scacchiere britannico Gordon Brown) e il blocco delle assunzioni, con l’Agenzia si è spinto più in là. Ha deciso di tagliare i finanziamenti di circa il 10 per cento nel 2005 e oltre nel 2006 e 2007, mentre nel frattempo aveva imposto una riduzione del personale pari a oltre il 7 per cento di tutto l’organico che ora si aggira sulle 34 mila persone.

Il tasto del personale sta diventando dolente per l’Agenzia. Oltre il 30 per cento dei funzionari sarà spostato sul fronte della lotta all’evasione mentre a marzo 2004, grazie a una deroga alla regola sul blocco del turnover, sono stati assunti 750 funzionari, tutti utilizzati nelle regioni del Centro e del Nord.
E alla fine dell’anno altri mille giovani con alti profili professionali sono stati presi con contratti biennali di formazione lavoro, e 300 di questi impiegati negli uffici della Lombardia, la regione da cui proviene la maggior parte del gettito erariale, ma dove ci sono carenze di organico del 50 per cento e oltre.
Nel frattempo, però, secondo un calcolo del direttore del personale, Girolamo Pastorello, a fine 2005 il saldo sarà negativo di 4.500 unità. E non è chiaro se i contratti a termine potranno essere rinnovati.

Se questo andamento non venisse modificato, così come assicurato dal ministro, sarebbe difficile per l’Agenzia raggiungere l’obiettivo che le è stato assegnato di aumentare del 40 per cento la lotta agli evasori.
Così come risulterebbe arduo il conseguimento degli altri delicatissimi compiti affidati agli uffici fiscali, dall’incremento dell’azione di contrasto alle frodi iva, al milione di controlli programmati sulle dichiarazioni Irpef.
Da un più puntuale esame degli sgravi alle onlus, allo smaltimento del gigantesco stock di rimborsi ai contribuenti degli importi Irpef, Irpeg e Iva pagati in eccesso (non ci sono stime precise, ma si parla di una montagna di 20 miliardi di euro), alla revisione dei 59 studi di settore con le categorie interessate, all’incremento di almeno il 15 per cento degli accertamenti sulle imprese con un fatturato di oltre 25 milioni di euro, accertamenti che oggi a stento arrivano a 500 casi all’anno.

Fonte:
Panorama.it
di Daniele Martini
ha collaborato Claudio Pratesi