Unicredit- Capitalia: il mercato ha già deciso per il «sì»
09/01/2009
Sulle nozze tra Unicredit e Capitalia il mercato ha già deciso per il sì. E ha anche stabilito la dote facendo avvicinare il valore dei titoli all’ipotetico concambio di 1,1 azioni della Banca milanese (al netto del dividendo) per ogni azione dell’Istituto capitolino, su cui gli investitori scommettono da giorni. A piazza Affari Unicredit ha chiuso le contrattazioni in calo dello 0,4% a 7,489 euro mentre Capitalia ha messo a segno un rialzo dello 0,65% attestandosi a 7,919 euro.
Decisamente sostenuto il volume degli scambi: il 3,19% del capitale ordinario, per un controvalore pari a 2,5 miliardi di euro, quelli di Unicredit, che è stato il titolo più trattato del listino. E di Capitalia è passato di mano quasi il 2% del capitale. Per allinearsi al prezzo di cambio ipotizzato, nelle ultime sette sedute la Banca presieduta de Cesare Geronzi ha incassato un rialzo del 15,6% mentre quella guidata da Alessandro Profumo ha lasciato sul terreno poco più dell’1,2%.
«Ratificato» dalla Borsa, al piano di fusione che porterebbe alla nascita di un colosso bancario con una capitalizzazione di oltre 100 mila miliardi – a quanto risulta all’Agi – mancano davvero gli ultimi dettagli. Sul tavolo degli advisor, riferiscono fonti finanziarie, restano pochi nodi. In particolare, le limature riguardano il concambio e il destino delle partecipazioni dei due istituti in Mediobanca. In linea generale, l’operazione assumerà la forma di una fusione per incorporazione, carta contro carta. La governance del nuovo colosso creditizio sarà di tipo tradizionale.
L’amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, ha bocciato seccamente ogni ipotesi di organizzazione duale. «Non ne vuole sentire parlare», ha sottolineato la fonte. Il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, otterrà la vice presidenza «magari con qualche delega in più». A via Minghetti spetteranno anche 4 o 5 consiglieri nel board che non sarà allargato. Sotto il profilo organizzativo, il nuovo istituto si baserà sul modello divisionale. Banca di Roma e Banco di Sicilia manterranno i marchi e anche la sede nelle rispettive città di elezione. Insomma, tutto sembra pronto per portare il progetto all’esame dei soci entro domenica quando dovrebbero riunirsi «straordinariamente» i consigli di amministrazione. «L’ipotesi è valida, anche se finchè non si firma non si può dire la parola fine», osservano le fonti. Qualche limatura va data ancora al concambio, anche se non sembra questo lo scoglio
maggiore.
Un pò più difficile semmai è trovare la quadratura sulla quota di Mediobanca e, in particolare, su quanto grosso deve essere il pacchetto che la nuova banca dovrà cedereò. «Sembra comunque difficile che le azioni di piazzetta Cuccia possano andare a Intesa o ai francesi. Più facile che vengano utilizzate per far entrare altre banche o altre fondazioni nel capitale dell’istituto», sottolineano le fonti. La nuova banca non sarà comunque governata da patto di sindacato. E a sciogliersi sarà dunque quello che attualmente controlla il 31% di Capitalia. I grandi soci di via Minghetti sembrano in linea di massima compatti nel sostenere l’operazione. E anche Abn sicuramente non è contraria, anche se potrebbe astenersi al momento del voto all’interno del patto per evitare qualsiasi problema legale collegato alla battaglia che Rbs e Barclays stanno conducendo per il controllo dell’istituto olandese.
Tra questa sera e domani mattina il piano dovrebbe essere trasmesso ai maggiori azionisti per una valutazione in vista della possibile convocazione di un cda straordinario entro domenica.
Sul fronte politico, dopo il viatico di Romano Prodi dei giorni scorsi, arriva oggi la benedizione del Ministro Bersani. «I processi di consolidamento e rafforzamento del sistema bancario sono sempre i benvenuti se hanno per obiettivo quello di dare un servizio migliore», ha commentato il ministro dello Sviluppo Economico. «Quanto alle soluzioni – ha aggiunto – il Governo non ha nulla da dire, il mercato fa la sua parte».
Fonte:
Il Sole 24 Ore