Ue: più crescita, meno Patto
09/01/2009
“I Dodici hanno analizzato tutti gli aspetti che riguardano la situazione di deficit eccessivo”; e “c’è unanimità sulla necessità di rafforzare l’analisi del debito”. Questo, nel linguaggio tecnico del ministro delle Finanze belga Didier Reynders, il risultato del vetice notturno di stanotte a Bruxelles, per studiare i correttivi al patto di stabilità europeo.
La vera novità è che dopo le iniziative sparse dei singoli paesi, tra i quali l’Italia, nelle quali era prevalso l’aspetto politico, la trattativa ora sembra avere imboccato un sentiero pragmatico, al di là degli steccati del passato.
Al punto che ci si aspetta una conclusione da sottoporre al Consiglio d’Europa del 22 e 23 marzo, con i capi di governo dei 25 paesi dell’Unione.
FRANCIA E GERMANIA PRIME A SFORARE
Il problema principale è la difficoltà per quasi tutti i “grandi” di restare sotto il livello di deficit del 3 per cento.
Francia e Germania su tutti hanno ripetutamente sforato il tetto, e se lo faranno nel 2005 dovrebbero scattare le sanzioni.
L’Italia è in area rischio.
Sull’altro versante c’è il debito, che secondo Bruxelles dovrebbe essere al 60 per cento del Pil, e qui è l’Italia, dopo la Grecia, ad avere le carte meno in regola, con il suo 105,6 per cento.
Ma anche la Germania presenta un debito in aumento, sia pure partendo da poco più del 60 per cento.
FUOCHI DI SBARRAMENTO
Dopo i fuochi di sbarramento politici, dovuti in parte anche ai diversi schieramenti tra europei sulle grandi questioni mondiali, rapporti con gli Usa in testa, è la Germania ad aver rotto gli indugi.
Il cancelliere Gerhard Schroeder ha scritto un articolo per il Financial Times, pubblicato oggi dal Corriere della Sera, che ricalca i contenuti di una lettera formale inviata al Consiglio d’Europa e alla Commissione di Bruxelles.
Schroeder afferma in sostanza che la stabilità non può essere un valore da anteporre alla crescita economica, e che i vincoli non hanno molto senso in periodi così lunghi di blocco dell’economia.
“La stagnazione è quanto di peggio abbiamo vissuto negli ultimi anni, non possiamo rispondere con degli automatismi di bilancio.
E’ più saggio limitare gli interventi sulla sovranità dei singoli paesi nel gestire la loro finanza pubblica, se ciò non corrisponde agli interessi di sviluppo e alla richiesta di lavoro e di benessere della popolazione. Ne beneficeranno il patto stesso e la credibilità delle istituzioni europee”.
PER FAR RIPARTIRE LA LOCOMOTIVA
Naturalmente il cancelliere si sofferma sull’esperienza tedesca, ricordando gli sforzi sostenuti per l’unificazione, e l’importanza di far ripartire la “locomotiva germanica” per il beneficio di tutto il continente.
Però non dimentica di aver bisogno di alleati, e proprio all’inizio della lettera ne cita alcuni per nome: “Nel dibattito sono intervenuti anche il presidente francese Jacques Chirac e il primo ministro italiano Silvio Berlusconi”.
Schroeder dunque non fa differenze né di colore politico dei governi né in base alle divergenze passate, e neppure rispetto al fatto che l’Italia, per esempio, sia assai meno virtuosa rispetto a debito. Ha bisogno di alleati, e chiama all’appello quelli che sa essere disponibili; il resto si vedrà.
Naturalmente sa benissimo che su questa strada troverà altri compagni di viaggio (il Portogallo, più o meno messo come l’Italia, la Grecia e molti dei nuovi entrati), e anche degli avversari: i paesi in regola sia con il deficit sia con il debito, come Olanda e Austria.
E per fare questo Schroeder non esita a mettersi in contrasto sia con la Banca centrale europea sia con la Bundesbank, insomma con un mondo fortemente influenzato dagli ambienti finanziari e monetari tedeschi.
FINANZA ALLEGRA?
Ora si tratta di trovare una formula che renda più flessibile il patto sul deficit, senza che questo significhi un incentivo alla finanza allegra.
La formula suggerita dal governo tedesco è di escludere sanzioni per i paesi che hanno già avviato alcune riforme strutturali, dalle pensioni alla riduzione della spesa pubblica.
L’Italia potrebbe rientrarci. Ma si tratta anche di studiare una soluzione che non sia uno scambio in favore di una maggiore severità sul debito pubblico, perché ciò farebbe perdere alleati come l’Italia e il Portogallo.
L’idea è quella di valutare la dinamica del debito, imponendone una discesa, magari fissando un termine per rietrare sotto il 60 per cento. Altra strada è di studiarne la composizione: un paese indebitato prevalentemente all’interno presenta minori rischi di chi ha debiti internazionali.
PROMESSE ELETTORALI
L’Italia, che si batte da tempo per un allentamento dei vincoli, necessari anche per mantenere le promesse elettorali (le tasse, le infrastrutture) può esibire la riforma delle pensioni, la risuzione della spesa pubblica e la riforma del mercato del lavoro, tutti obiettivi che erano stati posti nel summit di Lisbona del 2000.
Ma è evidente che il governo non può considerare il risultato in cassaforte; men che meno può essere sicuro di poter contare su spazi di finanza pubblica più comodi in vista delle elezioni.
Tuttavia è interessante notare, anche a livello di mass media, come da noi la questione sia vista diversamente a seconda delle simpatie politiche.
L’opposizione e l’informazione antigovernativa ha finora accreditato l’idea di un’Italia ultima della classe in Europa e di un Berlusconi isolato a Bruxelles. Una settimana fa, nonostante le aperture di Chirac alla revisione del patto, si disse che mai la Francia avrebbe accettato un’azione comune con l’Italia.
Panorama.it