Tfr, compromesso all’italiana
09/01/2009
Un compromesso per non decidere. Dopo mesi di trattative, incontri con Confindustria e parti sociali, con tanto accordi annunciati, il Governo ha rinviato di due anni la riforma del Tfr. Non partirà, quindi, dal 1° gennaio del 2006, ma dal 2008.
Si tratta della riforma che dovrebbe rilanciare la seconda gamba della previdenza complementare: i fondi pensione. In pratica si danno sei mesi di tempo ai lavoratori per decidere se trasferire la propria liquidazione in questi strumenti, attraverso il meccanismo del silenzio assenso, oppure lasciarla in azienda.
Secondo i primi calcoli 13 miliardi di euro che a pieno regime potrebbero movimentare l’asfittico mercato dei capitali italiani. Ecco perché si tratta di un’occasione mancata.
Da una parte a risentirne saranno i giovani che dovranno aspettare 24 mesi in più del previsto prima di avere un’alternativa per rimpinguare le proprie pensioni. Per i pensionati di domani si tratta quindi anche di un danno economico.
Con il passaggio dal sistema di calcolo delle pensioni retributivo a quello contributivo, infatti, l’assegno pubblico non sarà superiore al 50% dell’ultima retribuzione. La previdenza complementare mira a integrare questa percentuale portandola intorno al 70%.
Ma soprattutto il rinvio rappresenta l’ulteriore occasione mancata per dare un segnale chiaro. Dire: l’Italia sta imboccando la strada delle riforme e guarda in avanti alle forme di capitalismo più sviluppate.
Trasferire la liquidazione dei lavoratori nei fondi pensione significa immettere nuove liquidità sul mercato. I fondi, infatti, inizierebbero a investire nelle società quotate più solide e competitive e incentiverebbero, di conseguenza, la quotazione delle piccole e medie imprese di cui l’Italia è ricca. Un toccasana per il Belpaese.
Ma prima di vedere tutto ciò bisognerà aspettare ancora. Dichiarazioni formali a parte, a intralciare la riforma sarebbero state le lobby delle assicurazioni che non vedevano di buon occhio il diverso trattamento tra fondi pensioni chiusi, quelli di origine sindacale, rispetto ai fondi aperti e alle polizze assicurative.
E alla fine si è scelto di non decidere. Di rinviare la riforma di altri due anni dando un’ulteriore dimostrazione di compromesso all’italiana: dove il peso delle nicchie spesso e volentieri prevale sugli interessi collettivi.
Fonte:
Soldi in tasca
ALAN FRIEDMAN