Tassi Usa: più 0,25 per cento

09/01/2009

Scelta «soft» di Greenspan: i Fed Funds salgono
all’1,25%. Oggi non sono attese novità dalla Bce,
ma il «corso neutrale» della curva punta al rialzo

di Piero Fornara

E’ arrivata la stretta sui tassi Usa. Come previsto la Federal Reserve ha rialzato di un quarto di punto il tasso interbancario sui Fed Funds, che passa dall’1%, il livello più basso da 46 anni a questa parte, all’1,25 per cento. E’ la prima volta dal maggio 2000 che la Fed decide di rialzare il costo ufficiale del denaro e che intervine dopo tredici allentamenti consecutivi (per complessivi 550 punti base).

Nel consueto comunicato che accompagna la decisione della Fed, il presidente Alan Greenspan ha mantenuto la parola “misurato” (con riferimento all’atteggiamento di politica monetaria che sarà seguito nei prossimi mesi), con questo confermando che l’ innalzamento del costo del enaro nei mesi a venire dovrebbe essere graduale. Un altro 0,25% (cioè 25 punti base) dovrebbe seguire nella prossima riunione del Fomc (l’organo preposto alle decisioni di politica monetaria) in calendario per il 10 agosto.

Nel comunicato si afferma testualmente che, considerato che l’inflazione sottostante è ancora prevista essere «relativamente bassa». Il Fomc ritiene che la politica accomodante fin qui seguita possa essere «rimossa a un ritmo che probabilmente sarà misurato». In ogni caso la stessa Fed fa presente che si terrà conto dei possibili cambiamenti nelle prospettive dell’economia, in modo da adempiere ai suoi obblighi relativi al mantenimento della stabilità dei prezzi. La decisione di alzare i tassi nella misura minima, ampiamente prevista dal mercato, è stata presa all’unanimità.

Tassi ufficiali ( in % )

Usa Fed Funds 1,25
tasso di sconto 2,25
Eurozona pronti contro termine 2,00
Gran Bretagna tasso di intervento 4,50
Svizzera tasso di sconto 0,50
banda di oscillazione
del libor a tre mesi 0 – 1,00
Giappone tasso di sconto 0,10

Saranno importanti – spiegavano prima dell’annuncio gli analisti di Bnl Wholesale & International Banking – anche le parole che il presidente della Fed Alan Greenspan impiegherà nello stilare il consueto comunicato, per vedere se verrà confermato l’orientamento per una politica monetaria sì “restrittiva”, ma anche “moderata”, oppure se – dopo gli ultimi dati sul fronte dell’inflazione – potrebbe essere attuata una manovra più “aggressiva”. Rientra comunque nella “normalità” un trend che porterebbe i Fed Funds a raggiungere a fine anno un tasso del 2 oppure 2,25 per cento.

La Banca centrale europea dovrebbe invece lasciare invariato il costo del denaro per la zona euro, ma se all’inizio dell’anno si ipotizzava un possibile taglio del tasso di riferimento – ora al 2% – anche nel Vecchio continente la curva è pronta a risalire vero l’alto (nei giorni scorsi hanno già deciso dei rialzi la Banca nazionale svizzera e la Banca d’Inghilterra).

Una conferma dell’inversione di tendenza del costo del denaro nel mondo è venuta anche da Basilea, dove si è riunita lunedì 28 giugno l’Assemblea annuale della Bri, la “banca delle banche centrali” come si usa definirla. La relazione della Bri sottolinea che«con l’accelerarsi della ripresa la minaccia deflazionistica è svanita e in tale contesto hanno assunto preminenza i rischi di un rialzo dell’inflazione a breve termine, derivanti dal deprezzamento del dollaro, dai forti rincari delle materie prime e dall’esuberanza del mercato delle abitazioni».

Davanti ai giornalisti il direttore generale della Bri Malcom Knight ha sottolineato che «l’attenzione si sposta a adesso sui tempi e sui modi di una manovra al rialzo dei tassi ufficali per ripristinare un “corso neutrale” della politica monetaria». Questo «punto di equilibrio» è necessario, ma anche delicato da individuare, perché – ha aggiunto Knigtht – «il rialzo dei tassi se sarà troppo accelerato rischia di compromettere la “sostenibilità” della ripresa in atto, se invece sarà troppo modesto potrebbe far ripartire in maniera più accentuata l’inflazione».

Il Sole 24Ore