Tamar, i pionieri delle tartarughe
20/08/2015
Compie 35 anni Tamar, uno dei primi progetti per la conservazione delle tartarughe marine, nato in Brasile e divenuto un punto di riferimento per la comunità internazionale grazie allo sviluppo di una rete che comprende il territorio e la popolazione locale. Una strategia che continua a ottenere successi: solo negli ultimi cinque anni le nascite di tartarughe sono aumentate dell'86,7 per cento.
Il progetto nasce negli anni Ottanta, quando in Brasile, l'uccisione delle tartarughe e il consumo delle uova a fini alimentari da parte dei pescatori locali e delle popolazioni nelle zone povere stava mettendo a repentaglio il ciclo di vita di questi animali. Nel 1981, l'azione di un piccolo gruppo di biologi marini favorì la nascita di 2000 tartarughe e da allora il numero è sempre cresciuto. A oggi, oltre venti milioni di piccoli di tartaruga sono stati liberati in mare grazie alla protezione del progetto Tamar.
"Solo l'uno o il due per mille sopravviverà ai tanti pericoli della vita in mare, raggiungendo l'età di 30 anni, quando comincia il ciclo riproduttivo", spiega Guy Marcovaldi, coordinatore nazionale del progetto. "Ai predatori naturali si aggiungono minacce di origine umana come le reti da pesca, l'inquinamento marino e il cambiamento climatico. C'è ancora molto da fare per proteggere le tartarughe marine dall'estinzione”.
Il progetto TAMAR è nato 35 anni fa grazie alla collaborazione tra l'Osservatorio Tamar / ICMBio e Pro-TAMAR Foundation. L'obiettivo è proteggere cinque specie di tartarughe marine attraverso la tutela e il controllo di 1.100 chilometri di spiagge e 25 siti di alimentazione e riproduzione: la tartaruga comune (Caretta caretta), la tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata), la tartaruga verde (Chelonia mydas), la tartaruga bastarda olivacea (Lepidochelys olivacea) e la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea).
Oggi Tamar si occupa di siti di deposizione sparsi lungo tutta la costa brasiliana, negli stati di Bahia, Sergipe, Pernambuco, Rio Grande do Norte, Ceará, Espírito Santo, Rio de Janeiro, São Paulo e Santa Catarina. Nei mesi di riproduzione, da settembre a marzo, i siti vengono monitorati quotidianamente da ricercatori, volontari e dai pescatori assunti dalla fondazione Tamar. Si cerca di avvistare sotto costa femmine che alzano la testa dall’acqua per esplorare le spiagge alla ricerca di zone ideali per uscire a deporre le uova, e si predispongono ronde notturne, alla ricerca delle tracce lasciate dalle future "mamme" sulla spiaggia. Questo momento in cui la tartaruga si muove goffamente sulla terraferma è anche un’occasione per raccogliere dati morfometrici e materiale biologico per eventuali analisi genetiche. Gli eventuali nidi vengono protetti con reti, e le uova controllate sul posto e spostate olo se si trovano in un'area poco sicura.
Nel tempo, il progetto Tamar è diventato un punto di riferimento internazionale non solo nel campo della conservazione ambientale, ma anche per le sue implicazioni sociali per le comunità locali. Il progetto coinvolge infatti i pescatori, che vengono assunti presso i centri di raccolta, e le loro mogli, che si occupano di realizzare il merchandising per i turisti. In molte zone povere del Brasile, le uova di tartaruga sono considerate una fonte di nutrimento; offrire un lavoro a queste famiglie significa fornire loro un'alternativa concreta e tangibile.
“Il valore più importante del progetto è proprio la sua valenza sociale”, spiega Claudia Gili, oggi direttore scientifico e dei servizi veterinari della Costa Edutainment per l'Acquario di Genova, che ha lavorato a lungo per Tamar. “La lungimiranza di Tamar è stata proprio quella di coinvolgere il tessuto sociale, la popolazione, il territorio: un approccio pionieristico che è la chiave del successo nel tempo". "Un'altra importante parte del progetto è stata la formazione del personale medico-veterinario, alla quale ho personalmente contribuito", continua Gili: "la familiarizzazione con strumenti tecnici di contenimento, l'impianto delle vasche la gestione dell'acqua… nella mia vita ho avuto modo di lavorare molto con tartarughe e testuggini, ma l’esperienza con il Tamar rimane con orgoglio e saudade l'esempio perfetto di successo".
Le attività di pesca rappresentano una delle minacce più gravi per la sopravvivenza delle tartarughe marine. Il progetto Tamar comprende alcune azioni volte a eliminare la presenza di palangari: nel porto di Itajaì, ad esempio, i tecnici di Tamar monitorano l'intera lunghezza del fiume Itajai-Acu, tramite regolari uscite settimanali su gommone, dove cercano di scoraggiare l'utilizzo di questa tecnica di pesca. Gli obiettivi riguardano anche l'eliminazione di strumenti come il gancio circolare e la taglierina. I volontari organizzano costantemente colloqui coi capitani dei pescherecci per favorire l'adozione di tecniche meno pericolose per le tartarughe marine. Spesso i ricercatori installano trasmettitori satellitari su alcune tartarughe catturate incidentalmente e poi rilasciate, per monitorarne il movimento, il tasso di sopravvivenza, la crescita e gli spostamenti.
Comprendere il comportamento migratorio delle tartarughe nelle prime fasi di vita è una delle ricerche in corso del progetto Tamar. Lo studio è condotto in collaborazione con la Florida Atlantic University e mira a indagare i primi momenti di vita delle tartarughe nelle acque marine: questo periodo, definito “anni perduti” dai ricercatori, rappresenta a oggi un enigma per la scarsità di informazioni esistenti. Possedere dettagli più precisi permetterebbe di sviluppare importanti azioni di conservazione e gestione della specie. Tre esemplari di Caretta caretta, muniti di sensori, sono stati rilasciati nell'autunno 2013. I piccoli sono stati preparati e nutriti per otto mesi: dovevano infatti aumentare di peso e dimensioni perché il trasporto del materiale non compromettesse o modificasse il loro movimento naturale. I ricercatori hanno potuto finora osservare uno spostamento migratorio che punta a sud, ma le ricerche sono ad oggi in corso; questi risultati potrebbero costituire uno dei risvolti più interessanti del progetto Tamar nei prossimi anni.
Fonte: Nationalgeographic.it