Sorpresa, l’America Latina si salva dal tracollo dei mercati

21/09/2008

BUENOS AIRES – Un allarmismo contenuto, quasi una placida attesa, con l'aplomb degli analisti e il compassato attendismo degli operatori finanziari. L'America Latina ha vissuto così i giorni della crisi finanziaria più grave degli ultimi decenni. Tutti i Paesi che nelle precedenti turbolenze venivano trascinati per primi nel vortice dell'incertezza e in qualche caso nel baratro delle recessioni, questa volta hanno "tenuto". Nessuno puo' dire cosa accadra' nelle prossime settimane ma finora Argentina, Brasile, Uruguay e Cile hanno mostrato un'insperata capacita' di resistenza. Al di la' di qualche ottovolante borsistico, nessun crack. Vediamo perche' i danni, finora, sono stati contenuti.

Argentina. E' il Paese che negli ultimi anni ha inanellato i tassi di crescita piu' sostenuti dell'area, superiori all'8% annuo, ritmi cinesi. Dal 2004 a oggi una corsa senza fine, dopo la crisi del default (2001) e la conseguente grande depressione. Tuttavia negli ultimi mesi l'alto tasso di inflazione annuo (vicino al 25% annuo) e il calo delle riserve della Banca centrale avevano istillato dubbi sul prosieguo del ciclo virtuoso. La crisi di Lehman Brothers e di altre istituzioni finanziarie americane avrebbe potuto facilmente determinare un effetto domino con conseguenze gravi in Argentina. Cosi non e' stato. "La crisi economica internazionale puo' solo sfiorare Buenos Aires – spiega Aldo Ferrer, presidente del centro studi economici Fenix – e le spiegazioni sono due: innanzitutto l'Argentina non e' esposta al finanziamento esterno e poi il mercato immobiliare, uno dei primi birilli a cadere in queste situazioni, ha tenuto benissimo". La ragione e' speculare alle difficolta' di accensione di mutui in Argentina. German Gomez Picasso, direttore di Reporte immobiliario, spiega che "gli Stati Uniti sono scivolati in questa crisi per un eccesso di finanziamenti e l'Argentina ha tenuto per la mancanza di finanziamenti".

Brasile. Il gigante latinoamericano ha subito un paio di tonfi del Bovespa, l'indece della Borsa di San Paolo. Poi venerdi ha recuperato buona parte di cio' che aveva perso. E anche il real si e' svalutato rispetto al dollaro, tuttavia il presidente Lula la Silva ha rilasciato dichiarazioni di questo tenore: "Il nostro modello economico e' solido, abbiamo 207miliardi di dollari di riserve e la crisi ci potra' solo sfiorare". Il perche' e' semplice: mentre otto anni fa il sistema finanziario brasiliano venne contagiato immediatamente dal crack dei mercati asiatici e russi, ora siamo in una situazione meno esposta". Il flusso commerciale si e`modificato: dieci anni fa gli Stati Uniti ricevevano il 27% dell'export brasiliano, ora solo il 15per cento.

Uruguay. Un tempo veniva chiamato "la Svizzera del Sud America". Il suo solido sistema finanziario ne ha garantito per decenni l'immagine di garante di stabilita'. Poi l'Uruguay non è passato indenne dai decenni delle dittature e delle iperinflazioni. Da qualche tempo ha riacquisito la forza di una piccola economia (solo 4milioni di abitanti) dotata di un sistema solido. La crisi della scorsa settimana non ha provocato nessun sussulto: pur vero che la capitalizzazione della Borsa uruguayana e' modesta, va notato che proprio nei giorni scorsi gli istituti di previsione economica hanno innalzato le stime del Pil 2008, in un range compreso dal 7,5% al 10 per cento. Anche se vi sono degli elementi di debolezza: un tasso di disoccupazione del 9% e un tasso di inflazione superiore al 7 per cento.

Cile. Il peso cileno si e' svalutato del 5% rispetto al dollaro nelle ultime settimane e il Governo di Michelle Bachelet ha avuto qualche problema di stabilita' interna. La caduta della Borsa cilena, nel giorno dei tonfi di tutto il mondo, e' stata del 4,9%, una percentuale significativa ma meno drammatica che altrove. L'economia cilena e' fortemente vincolata al prezzo del rame, di cui e' grande produttore. La crisi mondiale potrebbe avere degli effetti anche a Santiago ma la maggior parte degli analisti condivide la teoria di Leonardo Suarez, direttore di Estudios de Larrain Vial: "Il Cile potrebbe entrare in una fase di rallentamento dell'economia solo per una caduta violenta del prezzo del rame, e non per fattori esterni come la crisi dei mutui subprime".

 

Fonte:
Il Sole 24 Ore

Roberto Da Rin