Settimana da record per il petrolio
09/01/2009
MILANO – Il petrolio non smette di macinare record e riscrive tutti i primati precedenti, con una settimana costantemente al di sopra di quota 60. Non solo, infatti, il greggio ha toccato nuovi massimi storici lunedì e poi ancora mercoledì, con il barile a quota 62,5 dollari, ma per la prima volta nella storia ha chiuso per un’intera settimana al di sopra dei 60 dollari al barile sulla piazza di New York.
Primato anche nelle contrattazioni di Londra, dove il Brent ha toccato un tetto di 61,09 dollari al barile, livello più alto dall’istituzione del future sul greggio di riferimento europeo, nel 1988. In un anno, dall’inizio di agosto 2004, l’oro nero quotato sulla piazza di Londra ha guadagnato oltre 20 dollari al barile, con un incremento di prezzo superiore al 50%. Nella giornata di oggi ancora tensioni e prezzi sostenuti sui mercati petroliferi, con il Brent quotato a ridosso dei 61 dollari al barile e il Wti che ha aperto le contrattazioni newyorkesi a una quotazione di 61,9 dollari al barile, in progresso dello 0,9% rispetto alla chiusura di ieri.
A spingere ancora una volta al rialzo le quotazioni dell’oro nero è stata a inizio settimana la morte del Re dell’Arabia Saudita Fahd, la cui scomparsa ha creato incertezze sul futuro del maggior produttore di greggio al mondo. Smaltito l’effetto psicologico per il decesso del monarca saudita, a tenere alte le quotazioni sono intervenuti i dati sulle scorte energetiche Usa, la cui lettura non ha messo d’accordo gli operatori.
Su tutto pesano i timori che la produttività delle raffinerie non sia in grado di far fronte a una domanda che continua a crescere senza soste. A fronte di impianti già vicini ai massimi – quelli americani lavorano da marzo a oltre il 90% della capacità massima – l’Agenzia internazionale per l’energia stima che la domanda mondiale di petrolio crescerà quest’anno di quasi un punto percentuale e del 2,1% nel 2006, trainata dai consumi cinesi, in salita del 5,5% nel 2005 e del 7,2% il prossimo anno.
Per tutti questi motivi, la stessa Aie ritiene “improbabile che la febbre del mercato possa raffreddarsi nel breve periodo”, in maniera strutturale. Anche perchè – fa notare l’analista Edouard Carmignac, sentito dall’agenzia Bloomberg – “abbiamo visto il barile di petrolio salire da 20 a 60 dollari, senza che i governi intervenissero seriamente per modificare la propria domanda di greggio”. Allo stesso tempo, il nuovo governo dell’Iran – secondo produttore di greggio dell’Opec – ha fatto sapere, per bocca del suo ministro del petrolio, di aspettarsi incrementi del prezzo del barile fino a 70 dollari.
Sul fronte delle previsioni a brevissimo, per la prossima settimana sembra essere possibile un lieve calo dei prezzi. A motivarlo, la crescita delle importazioni petrolifere negli Usa, che dovrebbero far aumentare le scorte, e il calo della domanda di gasolio da autotrasporto, legato a fattori stagionali.
Fonte:
La Repubblica
5/8/2005