Sacrificio di suor Dorothy, Lula fa i parchi

09/01/2009

Brasile, finora il governo aveva privilegiato lo sviluppo all’ecologia.
Svolta in Amazzonia dopo due anni di sostegno ai coltivatori

RIO DE JANEIRO — Il governo brasiliano ha deciso di delimitare vaste aree dell’Amazzonia, nella speranza di sottrarle all’attacco della deforestazione selvaggia e ridurre la violenza nella regione. La decisione del presidente Lula arriva in risposta all’ondata di sdegno per l’assassinio della missionaria americana Dorothy Stang, avvenuto la scorsa settimana, che ha avuto ampia risonanza internazionale.

È un pacchetto «verde» anticrisi, approvato dal consiglio dei ministri, al cui centro c’è la creazione di 5 aree protette in Amazzonia. Le due più importanti si trovano nel Parà, lo Stato più esplosivo della regione (oltre alla suora, ci sono stati altri 4 assassinii negli ultimi giorni): sono il Parco Nazionale Serra do Pardo e la stazione ecologica Terra do Meio, riserve di svariati milioni di ettari già funestate da incendi, una porzione modesta della maggior foresta della Terra, ma comunque di dimensioni superiori a intere regioni italiane.

Oltre alle aree intoccabili per l’eternità, il governo ha fissato divieti temporanei (6 mesi) per l’abbattimento di alberi in aree del Parà limitrofe alla Transamazzonica Br-163, la strada che è la chiave di volta della questione. Inoltre, Lula ha deciso di creare una task force per investigare sugli omicidi, fermare la corsa all’occupazione abusiva di terre e raffreddare i conflitti tra fazendeiros e contadini senza terra. L’intervento in Amazzonia del governo Lula (accusato di scarsa incisività su questioni che sono state battaglie prioritarie della sinistra) è visto da più parti come un segno di svolta.

Sulla questione ambientale, il bilancio di due anni di governo non è esaltante.
La distruzione della foresta è proceduta ai ritmi di sempre, anzi, con una tendenza all’accelerazione. L’illegalità dilaga e gli appetiti economici hanno preso il sopravvento. Asuscitare polemiche è soprattutto il progetto di asfaltare la Br-163, che unisce le città di Cuiabà e Santarem, tagliando in due l’Amazzonia da Sud a Nord. È un percorso di quasi duemila chilometri, aperto negli anni Settanta, oggi per più di metà solo un sentiero di fango e buche.

Il boom economico nelle regioni del Mato Grosso e del Parà ha spinto Lula ad approvare il rifacimento della strada, tra l’entusiasmo degli imprenditori e l’indignazione degli ambientalisti. I primi vedono realizzato il sogno di imbarcare soia, grano e carne su camion, per arrivare rapidamente ai terminal fluviali nel Rio delle Amazzoni; i secondi ricordano che la distruzione della foresta arriva sempre dopo le colate di asfalto e che la 163 può rappresentare il colpo di grazia. A poco sono servite finora le rassicurazioni del ministro dell’Ambiente Marina Silva, prima contraria e poi piegatasi alla ragion di Stato.

La stessa Silva ha precisato che il pacchetto anticrisi «è frutto di una lunga gestazione e oggi lo dedichiamo alla memoria di suor Dorothy». Mai come in questa vicenda, le diverse anime del governo Lula rischiano di entrare in conflitto. Il buon andamento dell’economia deve molto alla grande agricoltura, esplosa in aree che un tempo erano foresta e oggi si spingono sempre di più verso il cuore dell’Amazzonia. È grazie al sacrificio di milioni di ettari di foresta che il Brasile è diventato il primo esportatore mondiale di soia e carne bovina.

Tra i protagonisti del boom, imprenditori come il governatore del Mato Grosso Blairo Maggi, tre i maggiori coltivatori di soia del mondo, ovviamente favorevole a nuove strade. In una intervista al Corriere, un anno fa, Maggi sostenne che «l’Amazzonia dovrebbe ridursi ad un unico parco nazionale, delle dimensioni ridotte rispetto a quelle attuali», per dar spazio alle ambizioni dell’economia. Eribadì la storica diffidenza dei brasiliani per la pressante attenzione internazionale sulla grande foresta. Da quando è arrivato al governo, Lula non ha mai negato di vedere al centro del suo modello di sviluppo il grande agrobusiness.

Una revisione rispetto al passato, che gli è costato il distacco da alleati storici, come il movimento dei senza terra e molti gruppi ambientalisti. I sem terra, proprio come suor Dorothy, difendono la piccola agricoltura familiare e rispettosa dell’ambiente come soluzione alla miseria e si oppongono alle multinazionali. Lula sostiene che non esiste incompatibilità tra grandi e piccoli e che anche il rispetto dell’ambiente può convivere con il progresso. Ieri ha sostenuto anzi che l’omicidio della missionaria è stato una risposta ai programmi del governo contro l’occupazione abusiva di terre e a favore della preservazione dell’ambiente.

Corriere della Sera
Rocco Cotroneo
19 febbraio 2005