Rivolta in Libia, Calderoli si dimette

09/01/2009

La decisione dopo un vertice con Bossi. «Rimetto il mandato per senso di responsabilità». Colloquio telefonico Berlusconi-Gheddafi

ROMA – Roberto Calderoli si è dimesso. Dopo la bufera scatenata dall’aggressione al consolato italiano a Bengasi, il ministro leghista ha lasciato l’incarico che ricopriva dal luglio del 2004 al dicastero delle Riforme. La decisione arriva al termine di un vertice tra lo stesso Calderoli e Bossi, a Gemonio, alla presenza anche di Maroni. Nel pomeriggio con un comunicato ufficiale Calderoli spiega le ragioni del suo gesto nel quale denuncia una «vergognosa strumentalizzazione» anche da parte della Cdl e ribadisce la volontà di condurre «una battaglia sui valori», pur precisando che non era sua intenzione «offendere la religione musulmana» né di essere di «pretesto alla violenza» in Libia.

TELEFONATA BERLUSCONI-GHEDDAFI – Un finale che era nell’aria, sollecitato dal governo nel suo insieme e dal premier Berlusconi in particolare che aveva condannato da subito il gesto della maglietta anti-Islam sfoggiata da Calderoli in tv, causa scatenante degli scontri di Bengasi. Nelle ore precedenti l’annuncio delle dimissioni, richiami alla responsabilità da parte di Calderoli erano arrivati da tutte le parti politiche e, anche se indirettamente, dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Chiuso il caso Calderoli, il governo cerca ora faticosamente di riallacciare i fili con il mondo arabo. Palazzo Chigi ha riferito di una telefonata «lunga e amichevole» avvenuta tra Berlusconi e il leader libico Gheddafi. Al termine del colloquio, i due leader «hanno pienamente convenuto – sottolinea la nota – sul fatto che il grave episodio non deve in alcun modo ripercuotersi negativamente sulle amichevoli relazioni tra Italia e Libia e sul loro ulteriore sviluppo».

FINI IN MOSCHEA – Il vicepremier Fini si è inoltre recato in visita alla moschea di Roma a Forte Antenne «per ribadire che rispettiamo ogni religione e pretendiamo identico rispetto». «Si tratta – ha spiegato il ministro degli Esteri – di un momento in cui occorre massimo senso di responsabilità e nervi saldi».

Fonte:
Corriere della Sera
18 febbraio 2006