Riforma dell’Onu: l’Italia ha le idee chiare

09/01/2009

Il Ministro degli Esteri Gianfranco Fini è intervenuto alla Riunione Congiunta delle Commissioni Affari Esteri di Camera e Senato per illustrare la posizione dell’Italia in vista del vertice newyorkese in programma dal 14 al 16 settembre

Roma – Intervenuto alla Riunione Congiunta delle Commissioni Affari Esteri di Camera e Senato sulla riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il Ministro degli Esteri Gianfranco Fini ha relazionato la platea sui possibili scenari che la riforma dell’ONU che verrà discussa a New York nel vertice che, in programma tra il 14 ed il 16 settembre, vedrà la partecipazione di tutti i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, potrebbe aprire.

Il Capo della Farnesina ha impostato il proprio discorso sulla bozza del Pregetto di Dichiarazione Finale del Vertice di settembre presentato lo scorso 3 giugno dal Presidente dell’Assemblea Generale, il Ministro degli Esteri del Gabon, Jean Ping, considerato, in linea generale, “una buona base di lavoro”.

“Circa i contenuti – ha spiegato Fini – esprimiamo in primo luogo il nostro apprezzamento per l’importanza attribuita ai temi dello sviluppo. L’Italia concorda pienamente sul ruolo centrale che essi devono giocare nella preparazione del Vertice di settembre e intende contribuire al comune impegno per definire il percorso di innalzamento progressivo del rapporto tra Aiuto Pubblico allo Sviluppo e PIL. Sosteniamo poi con convinzione – in linea con la posizione dell’Unione Europea – la proposta di istituire un Consiglio per i Diritti Umani. L’Italia intende fornire un contributo costruttivo all’elaborazione di soluzioni di equilibrio tra l’esigenza di disporre di un organo a composizione ristretta, che sia efficace nel suo funzionamento e produca dei veri miglioramenti nel campo dei diritti umani”.

“Altro dossier per noi fondamentale – ha proseguito il Ministro degli Esteri – è quello concernente la costituzione della Commissione per il Peacebuilding, incaricata di assicurare il raccordo fra gli interventi a tutela della pace e l’avvio di processi di sviluppo di medio-lungo periodo. Forte è, infatti, l’esigenza di assicurare che guerra e fame non tornino ad affliggere le popolazioni appena uscite dai conflitti armati e di consolidare nel tempo i processi di stabilizzazione avviati. L’Italia insiste inoltre sulla necessità che l’UE in quanto tale faccia parte della nuova Commissione”.

Essendo semplicemente una base preliminare di lavoro, il documento del Presidente Ping riflette, nell’opinione di Fini la sua natura di testo di mediazione e come tale necessita di essere migliorato. “Ci stiamo impegnando per far sì che il testo possa essere migliorato ed assumere un carattere maggiormente operativo. Occorre tuttavia mettere in conto un processo negoziale particolarmente complesso alla luce delle diverse sensibilità esistenti fra gli Stati membri il dibattito sulla riforma dell’ONU non è per nulla agevole. Proprio su questo delicatissimo tema, abbiamo dato un giudizio particolarmente critico dell’iniziativa presa nelle ultime settimane da quattro Paesi – Brasile, Germania, Giappone ed India, il cosiddetto G4 – per portare al voto un progetto di risoluzione fortemente divisivo nei suoi contenuti”.

Una problematica che rappresenta un tema centrale dell’audizione, e che quindi il vice Premier si è preoccupato di illustrare nel dettaglio “Il 6 luglio il G4 ha formalmente depositato a New York un progetto di risoluzione con la co-sponsorship di 27 Paesi, poi divenuti 29. Si tratta prevalentemente di Paesi europei – Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Grecia, Islanda, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo e Ucraina – e alcuni, per l’esattezza 8 microstati dell’Oceano Indiano e del Pacifico. progetto delinea un percorso in tre fasi per la riforma con l’approvazione, dapprima, di un progetto di risoluzione-quadro che istituisce, oltre a quattro seggi non permanenti, sei nuovi seggi permanenti non nominativi, di fatto privi del diritto di veto” .

“L’accelerazione impressa al dibattito dal G4- che si è collocata al di fuori dei canali istituzionali attraverso i quali si sta sviluppando la preparazione del Vertice di settembre, essendo stata di fatto rifiutata ogni mediazione del Presidente dell’Assemblea Generale – ha determinato altri importanti sviluppi. I Paesi che contestano l’approccio del G4 hanno dato vita al movimento “Uniting for Consensus”. E’ convinzione di tale raggruppamento – di cui l’Italia è focal point – che la riforma di tale organo non possa che avvenire sulla base di soluzioni di ampio consenso, pena una grave crisi di legittimità delle Nazioni Unite”. “Il movimento “Uniting for Consensus” – ha sottolineato il Capo della Farnesina – ha fatto circolare a New York un proprio progetto di risoluzione sulla riforma del CdS, alternativo a quello del G4, che prevede l’allargamento del CdS a 25 membri con la creazione di dieci nuovi seggi con un mandato di due anni. I nuovi seggi verrebbero assegnati agli attuali cinque gruppi geografici all’ONU, cui sarebbe lasciata la facoltà di definire al proprio interno le modalità di elezione/rielezione”.

Un progetto quello portato avanti dal G4 controverso e che divide gli stessi cinque stati attualmente in possesso di diritto di veto. “Gli USA hanno chiaramente espresso la contrarietà al progetto di risoluzione quadro del G4 L’opposizione alla proposta del G4 è stata manifestata con particolare fermezza anche dalla Cina Al contrario, sostengono l’azione del G4 la Francia, che ne ha cosponsorizzato il testo, e, con minore visibilità, il Regno Unito. La posizione della Russia – che pure si è più volte espressa a favore delle aspirazioni di questo o quel membro del G4 – appare ora più defilata, come ho avuto modo di constatare personalmente nei miei colloqui con il Ministro Lavrov”.

Interessanti appaiono inoltre gli scenari africani rispetto ai quali il movimento “Uniting for Consensus” ha alcune identità di vedute. “I Ministri degli Esteri africani si sono espressi a favore dell’aumento dei seggi permanenti, di cui due da assegnare all’Africa Capi di Stato africani hanno finalizzato – e poi formalmente depositato – un loro progetto di risoluzione sulla riforma del CdS che prevede l’allargamento del Consiglio a 26 membri con l’istituzione di sei nuovi membri permanenti; sullo sfondo della posizione africana rimane tuttavia una forte divisione fra i Paesi che aspirano ad un seggio permanente – si sono già manifestate sette candidature, alcune delle quali definibili di disturbo – e altri membri del Gruppo che vedono con preoccupazione l’attribuzione di uno status privilegiato a due Paesi africani”. Vi è quindi uno sforzo in atto da parte del G4 di negoziare con l’Unione Africana un testo reciprocamente accettabile. Iniziative parallele le sta svolgendo però anche l’UFC.

“Anche UFC – guidata dal Sottosegretario italiano Sen. Mantica – ricorda infatti Fini – ha incontrato a New York i rappresentanti africani. E’ stato possibile appurare come l’apparente distanza dei modelli proposti non deve fare ombra ai forti elementi di convergenza, in primis l’approccio regionale, per l’Africa determinante nell’orientare le decisioni dei suoi Stati membri. Anche in questo caso proseguiranno gli approfondimenti ed i contatti in vista di possibili compromessi. In questi giorni l’obiettivo primario è acquisire nuovi consensi alla nostra azione o, quantomeno, il disimpegno dei Paesi amici dalla proposta del G4. Un nostro successo consentirebbe di reimpostare su basi diverse – ma con il medesimo senso di urgenza – il dibattito sulla riforma, per lungo tempo di fatto bloccato dall’indisponibilità da parte dei Paesi che aspirano ad un seggio permanente a considerare qualsiasi altra opzione che non vedesse il pieno raggiungimento dei propri obiettivi”.

“In queste settimane – ha concluso la sua relazione il Ministro degli Esteri – il Governo non ha lesinato energie in un confronto estremamente difficile che richiede chiarezza di obiettivi, senso tattico a fronte di evoluzioni pressoché quotidiane ed una grande capacità di dialogo. Credo si possa oggi dire in coscienza che abbiamo fatto tutto ciò che doveva essere fatto; che i nostri obiettivi, non a caso condivisi da tutto lo spettro politico, erano, e sono, quelli giusti; che la nostra azione sul piano internazionale ha portato riconoscimenti che vanno al di là del mero dato numerico, pure in qualche misura confortante, dei sostegni che la nostra proposta di riforma ha ricevuto fino ad oggi”.

Notiziario NIP – News ITALIA PRESS agenzia stampa – N° 141 – Anno XII, 20 luglio 2005