Referendum, bocciata la riforma
09/01/2009
ROMA – Gli italiani bocciano la riforma costituzionale sottoposta a referendum confermativo. I no sono stati il 61,3 per cento, i sì il 38,7. Questa consultazione, la seconda nella storia repubblicana, ha visto un’affluenza alle urne del 52,9 per cento, ha cioè superato il quorum della metà più uno dei votanti benché, per questo tipo di referendum, la Costituzione attualmente in vigore non lo prevedesse.
TENDENZA INVERTITA — Si è trattato insomma di una
partecipazione elevata e per alcuni aspetti non prevista. La percentuale raggiunta è un dato di particolare significato se si considera che il precedente appuntamento nell’autunno 2001 — si doveva decidere se approvare o meno la modifica del titolo V della Costituzione approvato dal centrosinistra — aveva visto andare ai seggi soltanto il 34,1 per cento degli elettori. Il voto di domenica e lunedì sembra così avere invertito una tendenza consolidata e che aveva fatto venire meno l’interesse dei cittadini verso appuntamenti di questo genere, segno che il tema — nonostante non sia di immediata comprensione — ha suscitato l’interesse degli italiani e si era progressivamente caricato di significati politici per entrambi gli schieramenti. Negli ultimi undici anni, infatti, nessuno dei quesiti sottoposti al vaglio dei cittadini aveva spinto ad andare alle urne «la metà più uno degli aventi diritto». Occorre risalire indietro nel tempo, al giugno 1995, per trovare un referendum coronato dal raggiungimento del quorum: quello sulla privatizzazione della Rai.
ECCEZIONI — Non solo. Se si osserva il dato dell’affluenza il quorum è stato superato nell’Italia settentrionale (60,3 per cento) e nell’Italia centrale (57,2) mentre nelle regioni del Sud e in Sicilia e Sardegna la partecipazione è stata inferiore: nell’Italia meridionale ha votato il 43 per cento e nelle due isole si è arrivati Cuffaro non riesce a evitare il voto contrario alla nuova carta al 44,4 per cento. Entrando poi in un campo meramente politico, il risultato del referendum segnala che il no è stato uniforme, ad eccezione della Lombardia e del Veneto, entrambe con governatori della Casa delle libertà (Roberto Formigoni e Giancarlo Galan) e con un forte insediamento della Lega Nord che della battaglia per la devolution ha fatto la ragione principale della sua esistenza. In queste due regioni hanno infatti prevalso i sostenitori della riforma approvata nel novembre 2005. In Lombardia i sì sono stati il 54,6 per cento contro il 45,4 dei no. In Veneto si è espresso a favore del progetto di nuova Costituzione il 55,3 e contro il 44,7. §
CURIOSITA‘ — Tuttavia in quelle aree ci sono stati comportanti non omogenei. I cittadini di Milano e Venezia hanno votato in maniera difforme rispetto alle regioni di appartenenza. Nel capoluogo lombardo, amministrato da Letizia Moratti che guida una giunta della Casa delle libertà, i no hanno raggiunto il 51,8 per cento, contro il 48,2 dei sì. Nella città della Laguna, retta invece da un’amministrazione di centrosinistra, i no hanno prevalso con il 53,6 per cento contro il 46,4 dei sì. Complessivamente al Nord i no hanno prevalso con il 52,6% contro il 47,4 dei sì. Un’altra curiosità riguarda la città di Cuneo che al governo Prodi ha fornito tre ministri (Emma Bonino, Cesare Damiano e Livia Turco). Ebbene i sì hanno superato i no: 52,2 per cento contro il 47,8. Più in dettaglio, si può far notare che nelle regioni del centro, in prevalenza amministrate da governi di centrosinistra, il no alla riforma ha conquistato il 67,7 per cento contro il 32,3 dei sì. Nella capitale i no hanno raggiunto il 67,9 per cento con un’affluenza del 54,3. Scendendo a Sud la percentuale dei votanti diminuisce ma al contempo crescono i no che arrivano al 74,8 nell’Italia meridionale e al 70,6 nelle Isole, nonostante, ad esempio, la Sicilia sia amministrata da un esponente della Cdl, come Salvatore Cuffaro.
Fonte:
Corriere della Sera
Lorenzo Cuffaro