Quel seggio all’Onu

09/01/2009

I ministri di Brasile, Germania, Giappone e India si sono riuniti ieri in un albergo newyorchese ai margini dell’Assemblea generale dell’Onu per stringere i tempi sulla riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

La notizia conferma che questi Paesi sono all’attacco, sono in grado di dettare il ritmo del dibattito e possono essere più vicini di quanto sembri al raggiungimento del loro obiettivo. Certo, si dovrà attendere fino alla fine dell’anno per avere le raccomandazioni formali sulla riforma del gruppo di saggi nominato da Kofi Annan; ed è vero che il ministro Frattini ha in programma un incontro venerdì con i Paesi schierati sul versante italiano, ma si tratta, per ora, di una ventina di Paesi.

Non è un numero sufficiente a scoraggiare i quattro a tentare la carta, sempre possibile, del Quick Fix, quell’azione cioè che aggira le complicate negoziazioni per la riforma e propone l’ingresso di un certo numero di nuovi membri permanenti.

Perché passi la mozione avrebbe bisogno di una maggioranza dei due terzi dei 191 membri, cioè di 124 voti. Su questo fronte dovremmo avere a nostra disposizione un fuoco di sbarramento costante e sicuro di almeno 68 voti, 70-75 per essere tranquilli. La partita sarebbe più solidamente ancorata su un processo negoziale che dovrà tener conto delle nostre ragioni. Ma non ci risulta che i 75 ci siano. Né, per ora, a parte qualche scambio di lettere tra esponenti istituzionali e qualche giornale, abbiamo preso atto di un progetto preciso per resistere a un possibile attacco.

Forse nei prossimi giorni il ministro Frattini potrà essere più chiaro su questi punti, tanto più che vantiamo molti diritti per essere inclusi nella partita.

L’Italia è uno dei Paesi europei maggiormente mobilitati sul fronte Onu in termini di contributi finanziari e di truppe per le operazioni di pace. Se le cose andassero nel modo in cui vogliono anche Francia e Gran Bretagna, saremmo l’unico Paese europeo membro del G8 ad essere escluso. Perderemmo prestigio presso importanti interlocutori nei Paesi emergenti anche sul piano economico. La questione è di interesse nazionale vitale.

Richiede una vigorosa azione del Governo e, in appoggio, una salda e inequivocabile unione di maggioranza e opposizione.

Il Sole 24Ore
22/9/2004