Privatizzazioni, obiettivo 45 miliardi

09/01/2009

Altro che “pillole avvelenate” in dotazione alle società privatizzabili.

Il veleno è l’ultima cosa che il Tesoro intende vendere al mercato. L’introduzione in Finanziaria, «ai fini del completamento del processo di privatizzazione», di una norma mirata a proteggere le società di interesse nazionale da scalate ostili, con strumenti finanziari partecipativi, dovrà consentire al Tesoro di ridurre all’osso (prevedibilmente il 10%) la sua attuale partecipazione in Eni, Enel e Finmeccanica. La dismissione delle quote di azioni ancora in mano allo Stato, anche in settori “strategici”, è destinata infatti a divenire lo strumento principe per ridurre il debito pubblico nei prossimi anni e rispettare così gli obiettivi di discesa del debito/Pil nel Dpef 2006-2009, confermati nella Relazione previsionale e programmatica 2006 e basati su un intreccio di ipotesi di saldo primario, crescita Pil e dismissioni di asset per 45 miliardi: di cui la fetta più grossa in privatizzazioni di società.
L’ambizioso, per non dire irrealistico, Dpef 2005-2008 prevedeva di ridurre il debito a colpi di accetta, cedendo asset pubblici per 100 miliardi di euro al ritmo di 25 miliardi l’anno. Questa ipotesi di lavoro, elaborata nello scenario più ottimistico contenuto nel Piano di privatizzazioni 2005-2008 a opera di Patrimonio dello Stato spa e Kpmg, puntava su massicce cartolarizzazioni di crediti finanziari (poco meno di 30 miliardi), su corpose dismissioni immobiliari (38 miliardi compresi quelli degli enti locali), su privatizzazioni di quote azionarie (fino a 30 miliardi) con protagonista la Cassa depositi e prestiti. Il nuovo Dpef 2006-2009 ha ridimensionato questo programma. I 100 miliardi di euro del 2005-2008 sono divenuti 45 nel 2006-2009: o anche 60 miliardi nel periodo 2005-2009 se si tiene conto di 15 miliardi di quest’anno. Stando a fonti bene informate, nella nuova impostazione 2006-2009 sono cambiate le dosi della miscela di securitization di crediti, cessioni di immobili e dismissioni azionarie.
Il pool delle attività finanziarie cartolarizzabili – i crediti insoluti Inps sono arrivati quest’anno alla sesta edizione – non è un pozzo senza fine: e non è emersa finora la volontà del Tesoro di ampliare questo bacino attingendo ai crediti d’imposta vantati dallo Stato. Il timore di trovarsi a dover raschiare il fondo del barile ha ridotto le attese di incasso per gli anni futuri da questo tipo di strumento: ne è la prova il ritardo della securitization sui crediti per la ricerca e l’innovazione emerso nell’ultimo dato di fabbisogno. In quanto alla vendita di immobili mirata alla riduzione del debito, il progetto è stato curato da vicino dall’ex-ministro dell’Economia Domenico Siniscalco. Questo piano, a tutt’oggi una bozza in un cassetto chiuso a chiave a doppia mandata, prevedeva una modifica della legge istitutiva del fondo di ammortamento per i titoli di Stato, al fine di allungare con la cessione di proprietà immobiliari pubbliche la lista degli incassi mirati esclusivamente a rimpinguare il fondo per ridurre il debito. Giulio Tremonti, rientrato alla guida del ministero di Via XX Settembre, intende innanzitutto usare le dismissioni immobiliari (vietate a partire dal 2006 su deficit/Pil) come entrata straordinaria per finanziare fino a 3 miliardi di investimenti previsti dall’agenda di Lisbona: non è ancora chiaro se il neo-ministro porterà avanti in parallelo il programma di dismissioni indirizzate alla riduzione del debito (con l’immancabile disco verde di Eurostat).
Per abbattere lo stock del debito pubblico e raggiungere la soglia del 100,9% debito/Pil per il 2009, al Tesoro non resta altro che concentrarsi sul programma delle privatizzazioni. La lista delle quote azionarie in società pubbliche o quasi-pubbliche ulteriormente vendibili è lunga. C’è un po’ di tutto: dalla Zecca alla Cdp, dalle Poste alla Rai, da Fincantieri a Snam Rete Gas e Terna, per finire alle partecipazioni residue in Eni, Enel e Finmeccanica. L’opzione di vendere le quote strategiche alla Cdp sarebbe tramontata perché la Cassa deve rispettare i paletti imposti dalle agenzie di rating e dalle Fondazioni. Per consentire al Tesoro di vendere al mercato scendendo sotto la soglia del 30% nelle tre società più strategiche (soprattutto Eni per la quale la golden share è meno facilmente esercitabile), la Finanziaria prevede una sorta di “pillola avvelenata” per permettere allo Stato di rientrare in possesso delle società privatizzate nel caso di minaccia di scalate veramente ostili. Restano però numerosi punti da chiarire al mercato. L’articolo 55 fa riferimento alle «società di interesse nazionale»: quali sono? Viene menzionata una «qualificata» partecipazione azionaria dello Stato: cosa significa qualificata? 5%, 10%, 15%? E ancora: questa partecipazione deve essere diretta o può essere indiretta?

Fonte:
Il Sole 24 Ore
Isabella Bufacchi
5/10/2005