Più ricchi al Nord ma il Sud dà segnali positivi

09/01/2009

Redditi e impresa in un’Italia a quattro velocità, con qualche sorpresa; il Nord (in primis la Lombardia con 14 mila euro pro-capite) vede ancora concentrata la maggior parte delle ricchezze dichiarate, ma il divario con il Sud si è leggermente ridotto negli ultimi anni.

I segnali positivi arrivano, in particolare, da Calabria, Abruzzo e Puglia, regioni in cui l’ammontare dell’imponibile Irpef è cresciuto di oltre 20 punti percentuali rispetto al 1999, mentre la variazione per Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige si è rivelata inferiore al trend italiano.

Nel complesso il reddito dichiarato dai cittadini residenti al Sud e nelle Isole è aumentato tra il 1999 e il 2005 del +19,9%, mentre nelle aree del Nord-Est l’imponibile è cresciuto del +16,7 per cento. Questo il principale risultato di una ricerca del Centro Studi Sintesi di Mestre, che ha analizzato e messo in relazione i dati dell’imponibile Irpef con la vocazione imprenditoriale nelle varie province italiane.

Un quadro dettagliato, che aggiorna la forte relazione tra benessere economico e vivacità imprenditoriale classificando e raggruppando le varie aree del Paese sulla base di cluster individuati da aspetti sociali e tendenze economiche comuni.

Dall’analisi dei livelli di correlazione delle variabili emerge una mappatura del “sistema Italia” che si articola in quattro gruppi territoriali ribattezzati in maniera inusuale. I ricercatori del Centro Studi Sintesi hanno ribattezzato “tigri” le province che presenta alti livelli di redditi e di imprenditorialità: sono sostanzialmente le aree più avanzate del Paese e che fungono da motore per lo sviluppo economico. In questo gruppo si trovano quasi tutte le province del Nord, della Toscana, ma anche il capoluogo marchigiano Ancona.

Il gruppo che evidenzia un elevato benessere economico ma una bassa vivacità imprenditoriale è stato definito degli “elefanti”. Sono aree nelle quali prevale la grande industria e la pubblica amministrazione, dove si avverte una certa “stanchezza” imprenditoriale. Ne fanno parte grandi città come Roma, Genova, Venezia e Trieste.

Le “formiche” presentano, nonostante bassi livelli di reddito, una spiccata propensione all’attività imprenditoriale, specialmente di piccola dimensione. Sono le province che occupano la fascia adriatica ed alcune aree del Centro e della Sardegna dove la piccola impresa accusa segnali di difficoltà dovuti alla presenza in settori maturi e/o a forte concorrenza estera, come nel caso dell’arredamento marchigiano. Tali realtà sono accomunate, inoltre, dalla dimensione demografica piuttosto contenuta.

Le aree più in difficoltà, quelle in cui lo sviluppo economico è più debole, sono “tartarughe”: sono realtà che si caratterizzano per un limitato benessere economico e per la povertà del tessuto imprenditoriale. In questi gruppo figurano le più grandi città del Sud: Bari, Napoli e Palermo. Si tratta di aree in cui il tasso di imprenditorialità è ancora basso, ma la dinamica dei redditi pro-capite è in forte crescita grazie alla vivacità imprenditoriale di alcune aree distrettuali e alla realizzazione recente di isole di eccellenza legate a produzioni di nicchia (a esempio, la microelettronica di Catania).

A livello comunale spicca il primo posto di Basiglio (Milano), comune più “ricco” d’Italia nel 2005 con oltre 25 mila euro procapite, seguito da Besate, altro centro del Milanese. A sorpresa, il comune “più povero” non si trova in Calabria o in Sicilia , ma in provincia di Como: è Cavargna, piccolo centro sul confine con la Svizzera, dove il reddito procapite supera di poco i 2.200 euro.

Fonte:
Il Sole 24 Ore
Alberto Annicchiarico