Perché i vini oggi costano così tanto?

09/01/2009

Omni Food
MY NAME IS TANNINO
“Rubrica di degustazione astringente”

Sappiamo tutti che il prezzo del vino è in continuo aumento, e ha ormai raggiunto prezzi decisamente assurdi. “Il vino è un prodotto voluttuario, non si può comprare una bottiglia a 10-15 Euro, e più”, questa è stata la dichiarazione di un produttore emiliano, e non mi si venga a dire che in Emilia non sanno fare vini. Da qui è nata l’idea di “tentare” di fare un po’ di chiarezza ascoltando ambedue le parti, per i produttori, il dott. Gianni Zonin, Presidente di una delle più grandi realtà vinicole italiane, la ZONIN, Luigi Veronelli Grande firma, e indubbiamente autorevole parere, Mario Musoni vicepresidente dell’Associazione Piatti del Buon Ricordo, consigliere di Le Soste e soprattutto, in quanto parte in causa, Ristoratore.

Intervista a Luigi Veronelli

A chi chiederlo se non ad un grande amatore ed esperto del nettare di bacco come Luigi Veronelli?
Mi sono permesso di definirlo “ Guru”, la sua risposta è stata: “non sono un guru ma un disobbediente anarchico che adora i vini e ama scrivere cercando di trasmettere nel miglior modo possibile le proprie idee”. Tema dell’intervista era il costo del vino, o meglio è il vino che in questi ultimi tre anni è aumentato o sono in atto troppe manovre speculative che stanno rendendo problematico anche il piacere di bere una bottiglia? Sono le case vinicole con aumenti assurdi oppure è la ristorazione che applica ricarichi esagerati?

Abbiamo iniziato parlando di vini e analizzando le motivazioni che hanno spinto tanti enologi a sviluppare vini uguali, piatti, privi d’identità, quando sappiamo benissimo che in Italia ci sono più di 2.000 tipi di vitigni (i francesi arrivano forse a 30) tutti diversi e tutti in grado di generare un prodotto stupendo. Continua Veronelli:“E’ sicuramente più facile produrre un vino che “incontri” il piacere di tutti che non far capire perché questo vino ha un sapore particolare, o un colore che si differenzia da un altro, perché i profumi variano anche se il vitigno è sempre Nebbiolo. Signori, il vino è cultura e anche il produttore deve rendersi conto che deve “fare cultura”, spiegare le problematiche produttive per mantenere in vita quel particolare vitigno, o vogliamo arrivare al tetrapak? Giustificare il perché di determinati costi, la produzione di mille bottiglie ha costi ben diversi dal produrne diecimila. Il prezzo si giustifica se viene aumentata la diradazione, e la resa per ettaro diminuisce a vantaggio della qualità. Togliamoci il complesso d’inferiorità nei confronti dei francesi, con i rossi li abbiamo abbondantemente superati, i bianchi non hanno niente da invidiare, e possono solo migliorare; ma vogliamo mettere la varietà e la quantità dei bianchi italiani? Solo con gli champagne, ma ad alto livello, possono dire di essere superiori.

Troppi produttori, anche se per fortuna rappresentano un’esigua minoranza, ma sempre troppi, si sentono in diritto di aumentare il costo della bottiglia del 40/60% solo perché la loro bottiglia ha ricevuto un premio. E questo causa un effetto valanga che travolge, alla fine, il consumatore finale. Non dimentichiamo che molti ristoranti triplicano il prezzo d’acquisto, e questi non sono una minoranza. Ormai nell’economia di un pranzo il vino incide più del cibo, e allora non dobbiamo stupirci se il 50% dei ristoranti italiani sono in vendita”.

Proprio per questo motivo dal 5 al 7 dicembre presso il centro sociale Leoncavallo di via Watteau 7 a Milano si terrà la “FIERA DEI PARTICOLARI – vignaioli e vini in mostra”, e si potranno vedere i prezzi dei vini reali, quelli praticati alla sorgente dai produttori. Non a caso la Fiera è un’idea di Luigi Veronelli.
Il dibattito, o meglio la provocazione, perché si tratta di una stupenda provocazione che solo una mente come la sua poteva partorire, si svolgerà all’interno della manifestazione. Il vino costa troppo, la colpa è del produttore, si è parlato di un aumento alla fonte del 78% per i vini rossi, questo lo dicono i ristoratori, i vignaioli dicono che non è vero nulla, e allora cosa s’inventa il guru-anarco-disobbediente? “Pubblicizziamo sull’etichetta il prezzo originale del vino, così tutti si daranno una ridimensionata, enoteche, ristoranti e potremo tornare a bere vino senza svenarci”. Molti produttori si sono dichiarati entusiasti, probabilmente non lo saranno molto i vari intermediari, rappresentanti, mediatori e grossisti, comunque, l’importante è cominciare, parlare e farne parlare, il problema esiste e va risolto. Pensate ad un ottimo ristorante o anche ad una media trattoria, ambedue con una selezione di vini importantissima, dove possiamo trovare Sassicaia, Barolo, Brunello, i migliori Sauternes, i migliori Champagnes, e sul conto ti presentano due colonne: a destra i cibi, con i prezzi tradizionali, a sinistra i vini a prezzo di costo. Immaginate il successo, un ristorante dove andare con la certezza di non essere dissanguati perché abbiamo bevuto due bottiglie di vino. “Sono completamente contrario alla mezza bottiglia, l’unico risultato oltre che bere un vino peggiore (nella “mezza” l’invecchiamento del vino è molto più rapido), sarà che la pagheremo come una bottiglia intera. Non comprerei mai una bottiglia che costi alla fonte più di 25 euro, figuriamoci al ristorante.”

E’ stato un piacere intervistare Veronelli, grande penna, voce autorevole in materia, ma soprattutto amante e conoscitore dei vini. Vedremo cosa succederà dopo la sua provocazione.

Intervista a Gianni Zonin

Dopo aver ascoltato Luigi Veronelli e la sua provocazione, diamo spazio ad una delle più grandi imprese Nazionali produttrici di vino, la Zonin. A Gambellara troviamo le radici di un mondo che è oggi composto da undici aziende agricole per oltre 1.800 ettari di vigna, nei terroir più vocati d’Italia.

Al centro del mondo Zonin resta la terra: quella delle Tenute dove nascono alcuni dei più grandi vini italiani, Quella di Gambellara da dove questa famiglia di piccoli agricoltori ha mosso con costanza e impegno, tramandando di generazione in generazione il senso della vita e il bello della vite, il suo viaggio per giungere ai vertici dell’enologia nazionale. Un mondo d’infinite sensazioni, un viaggio nel buono e nel bello con al centro la terra, dove da sette generazioni sono piantate le radici Zonin.

Come politica aziendale ha imposto il suo nome perseguendo una linea di continua ricerca della qualità produttiva, riuscendo a “estirpare” dalla mentalità della gente quello che era un luogo comune, Zonin uguale a vino di quantità e non di qualità. Il suo presidente, dott. Gianni Zonin, ha espresso durante l’intervista una grande capacità comunicativa unita a doti diplomatiche, ma soprattutto un’estrema tranquillità interiore che motivano il successo raggiunto, e soprattutto il richiamo al buon senso comune, fattore che forse sta mancano da ambedue le parti, produttore e ristoratore.

“Non è vero che i vini hanno avuto aumenti esasperati come su molti giornali si è letto e si legge tutt’ora. La stessa stampa specializzata dovrebbe spiegare meglio perché un vino di qualità non può non avere che un prezzo adeguato, equilibrato ma rapportato alla tipologia di vino e alle difficoltà che determinano il risultato finale. Un vino di particolare pregio deve mantenere le sue caratteristiche originali, questo comporta studi e lavorazioni particolarmente approfondite, con investimenti onerosi, quando, invece, potremmo ugualmente arrivare ad un buon vino, a scapito della sua autenticità e di un’elevata qualità.

L’Italia ha un patrimonio inestimabile rappresentato dai vitigni autoctoni” e Zonin ci crede tantissimo, “il futuro è nell’espressione qualitativa del vino e non della quantità. Ormai troviamo troppi vini “senza nome” ma riconoscibili attraverso il lavoro dell’enologo, che, senza nulla togliere alla professionalità, lo stesso enologo fa consulenze per troppe aziende, con il risultato di vini uguali o molto simili.

E’ anche vero che bisogna andare incontro ai gusti del consumatore, che i conti alla fine devono tornare, ma un Nero d’Avola non è una Barbera, un Aglianico non è un Lambrusco, ma tutti sono vini stupendi, solo con caratteristiche diverse. Questi sono concetti che solo i media possono trasmettere, e lo stesso discorso vale per i prezzi. La provocazione di Veronelli, curiosa e simpatica, non credo possa arrivare al risultato voluto. Dubito fortemente che i ristoratori o anche le stesse enoteche accettino un vino su cui sia indicato il prezzo all’origine, franco cantina. Le catene distributive, le reti commerciali, indubbiamente sono una fonte di ricarico che si ritrasmette all’utente finale, ma è improponibile toglierle.” (Non dimentichiamoci che molti produttori devono realizzare etichette diverse per assecondare la clientela. Un’ etichetta con il codice a barre non viene accettata dalla ristorazione, in quanto prodotto di scarsa qualità e reperibile nella grande distribuzione. Cosa assolutamente non vera, che costringe però il produttore a stampare due etichette per lo stesso prodotto). “Il ricarico dei ristoratori è indubbiamente troppo alto, esagerato, bisogna trovare soluzioni alternative, e una potrebbe essere il vino a bicchiere. La Zonin ha comunque una produzione che permette, ristoratori permettendo, di poter bere regolarmente grandi vini, e collocati in una fascia economica non proibitiva. Chiaramente i vini importanti, prodotti con rese molto basse, il diradamento delle uve, permette di ottenere vini di grandissima qualità, ma comporta, alla fine, prezzi diversi Questo permetterebbe al cliente di bere vini diversi durante il pranzo, diversificando a seconda del tipo di portata, , e di avvicinarsi a prodotti importanti sviluppandone la conoscenza senza dover obbligatoriamente berne una bottiglia con i costi relativi.

Un solo bicchiere di vino accompagna senza problemi un piatto, e si può tranquillamente mantenere il costo per bicchiere in una fascia oscillante fra i cinque e i dieci euro, bevendo ottimi vini.” (Esistono in commercio macchinari che permettono la mescita di vini direttamente dalla bottiglia e garantiscono il mantenimento delle proprietà organolettiche, una volta aperta, per più di dieci giorni). “Penso comunque che troppi abbiano scambiato la lira con l’euro, molte aziende hanno sicuramente avuto aumenti ingiustificati, non basta un premio o un riconoscimento, per giustificare sbalzi del 20 o 30% da un anno all’altro.

La ristorazione deve essere più obiettiva quando scrive sulla lista i prezzi dei vini. Un vino che costa quattro euro è vendibile a dodici, ma ad una bottiglia che ne costa diciotto o venti, non si può applicare lo stesso ricarico, ma applicare un ricarico dettato dal buon senso e dalla logica.” (A meno che si voglia vedere sui tavoli sempre più acqua minerale e meno vino).

Ringraziamo il dott. Gianni Zonin per la sua disponibilità, gli diamo atto di aver risposto a tutte le domande in maniera completamente esauriente, e, speriamo che i suoi messaggi vengano recepiti. Non abbiamo dubbi che la Zonin continuerà nella linea di continua ricerca della qualità, mantenendo quel “buon senso” che il suo presidente Gianni Zonin auspica per tutti.

Intervista a Mario Musoni

La parola passa ora a Mario Musoni, chef originario di San Zenone, (il paese dei cuochi sulla “rive gauche” pavese), e ora stabilitosi sulle colline dell’Oltrepò, fra boschi e vigneti, nel cuore della Valle Versa.

E’,quella di Musoni, una cucina tradizionale e ricercata, attenta, che si rifà ai classici piatti della zona ma che nello stesso tempo si rinnova continuamente, esaltando le basi più semplici con innovazioni originali e sapienti. I risotti, ci ha confessato lo chef pavese, sono il suo piatto forte e quelli che propone nella stagione estiva sono risotti al brut e pistilli di zafferano, alla crema di zucca e tartufo estivo, alle rane e erbette, al carpaccio di porcini, ai borlotti e al bacon croccante, alla crema di peperoni di Voghera. Quest’ultimo, in particolare, ci ha spiegato, contiene una vera “essenza” di peperoni! I peperoni sono cotti al vapore, spellati e passati al setaccio, mantenendo in tal modo tutto il loro sapore e risultando estremamente delicati. Il suo ristorante – AL PINO via Pianazza 11, Montescano (PV) – fa parte dell’Unione Ristoranti del Buon Ricordo (sono 117 in tutt’Italia), Membro dell’associazione LE SOSTE, cinquantacinque ristoranti per un percorso culinario di altissimo livello, in Italia e nove all’estero, sono solo alcune delle sue credenziali. Fra i gustosi antipasti che vanno dalle terrine di porcini alle cotolettine di rana, dai fiori di zucchine ripiene su crema di zucchine alle gelatine di pomodoro e caprino, campeggia il Piatto del Buon Ricordo costituito dal pesce gatto in agro di verdure. Porcini e tartufi troneggiano anche nei secondi, sia di pesce sia di carne o anche da soli nella “gran padellata di porcini”. Del resto, ci ha ricordato lo chef Mario Musoni, la zona dell’Oltrepo’ e quella di Acqualagna (Pesaro) sono le uniche ad avere i tartufi tutto l’anno (d’estate lo scorzone, nero fuori e bianco dentro). “Premesso che oggi è difficile se non impossibile trovare nei ristoranti vini cattivi, credo che sì, i ristoratori abbiano pompato i costi dei vini, però i produttori per primi hanno pompato i costi originali.

Molte aziende, con il passaggio dalla lira all’euro, hanno cambiato il listino della bottiglia, prima a 10.000 lire, ora a 10 euro. Non dimentichiamo che una delle altre cause di aumento sono le varie fasi di intermediazione nelle vendite. Un distributore come Meregalli non può non ricaricare un prezzo di listino meno del 70%, deve affrontare le spese di gestione del magazzino, costi di spedizione, il guadagno del rappresentante, personale, e avere il suo giusto guadagno. E’ comunque vero che tanti ristoratori hanno attuato la stessa politica delle aziende produttrici utilizzando l’equazione 1 euro=mille lire, con buona pace per il cliente. Dobbiamo tuttavia considerare che ci siamo trovati davanti ad un considerevole aumento delle materie prime, credetemi cucinare un pasto con ingredienti di prima qualità costa.

Tutto questo ha portato alla crisi attuale, il pranzo del mezzogiorno non esiste più, è stato uno dei primi tagli che le aziende hanno operato. Sono favorevole alle mezze bottiglie, indubbiamente favoriscono la clientela, permettendo un approccio economico favorevole, come, anche se con qualche problema psicologico da parte del cliente, si potrebbe sbicchierare il vino, anche perchè bere tutta una bottiglia importante non è facile. Qui diventa importante il rapporto instaurato con la clientela, diventa facile pensare che il vino sia stato aperto da troppi giorni, e non deve succedere. E’ molto meglio una cena o un pranzo, abbinando un bicchiere diverso per ogni portata, e meno costoso soprattutto. La nostra clientela è molto attenta a due fattori: l’accoglienza e il rapporto qualità-prezzo. La provocazione lanciata da Veronelli non credo che troverà riscontri nei ristoratori e tantomeno nei produttori.

Negli ultimi due anni ho notato un aumento medio, parlo dei migliori piemontesi e toscani, oscillante fra il 30 e il 35%, troppo.” Qual’è a questo punto la soluzione? “Dobbiamo tutti farci un serio esame di coscienza, produttori e ristoratori, restiamo con i piedi per terra, anche perchè se si vola troppo alto e poi si cade, ci si fa male tutti.”

Grazie a Mario Musoni per l’obiettività dimostrata e per la sua chiarezza d’intenti, e grazie per la stupenda ospitalità

Conclusioni
Penso che questa diatriba non avrà mai fine, il ristoratore dà colpa, degli aumenti di questi ultimi anni, al produttore e al sistema, il passaggio dall’euro alla lira ha provocato speculazioni da ambedue le parti, è indubbio che il vino sia aumentato, e questo lo vediamo non solo nelle enoteche ma anche nei supermercati. Pre euro si trovava facilmente una bottiglia con 3.000/4.000 lire, ora è praticamente impossibile, a meno che ci troviamo di fronte a prodotti con prezzi pilota. Troviamo prosecchi a 7 , 9, 11 euro, però troviamo anche produttori che lo vendono a 3 euro, e vi garantisco che si tratta di prodotti dignitosissimi. Ho trovato vini ottimi (grande sorpresa) nelle cantine sociali, con un gran rapporto qualità prezzo, ho trovato grandi vini a 5 euro, prodotti da aziende non blasonate, bicchierate o grappolate che dir si voglia. Andando avanti di questo passo ci sarà un calo dei consumi vinicoli, i ristoratori accuseranno flessioni nell’incasso, (anche perché molti, con la carta dei vini, guadagnano cifre superiori che non con il cibo) forse è ora di finirla con triplicare o quadruplicare i costi della bottiglia, non si può accusare il vino di essere la causa dei prezzi elevati al ristorante. Conosco aziende che per principio non vendono a meno di 5 euro, ho sentito discorsi tipo “questa bottiglia non la vendo a meno di 15 euro”, oppure “tutti i nostri vini hanno un ottimo rapporto qualità prezzo” e sotto i 10 euro non trovavi niente, personalmente non avrei speso più di 3 euro, facendogli un favore. Ho trovato un Erbaluce di Caluso Brut a 3,10 euro, dei Metodo Classico a 8 euro. Esistono, per fortuna, produttori a cui il vino non ha dato alla testa, il vino si può, speriamo, ancora bere anche al ristorante senza dover contrarre mutui. Chiaro che esistono vini che giustificano determinati prezzi, ma sono una ristretta minoranza, forse un 10%, e non un 70/80% come qualche produttore vuol far credere. I prezzi, quelli alti, hanno valide ragioni, ma per favore manteniamo tutti il buon senso.
Loris Daniele Gobbo

Fonte:
Omni Food
Fabio Molinari (detto Tannino),in collaborazione con
la sommelier Elida Sota
http://www.gustologia.com