Passaggio in India per Prodi e l’azienda Italia

09/01/2009

Dopo Cina, Brasile e Turchia per l’azienda Italia scocca l’ora dell’India: il secondo gigante asiatico, con oltre un miliardo di abitanti e una crescita annua nell’ordine del 6-8% è entrato nell’obiettivo delle imprese e dei governi occidentali. A distanza di due anni dalla missione economico-diplomatica guidata da Carlo Azeglio Ciampi, il sistema-imprese torna a far tappa sul mercato indiano con una mega-missione guidata dal presidente del Consiglio Romano Prodi, a capo di una delegazione di 450 imprenditori (in rappresentanza anche di molte imprese medie e piccole).

Sul piatto della bilancia c’è un mercato potenziale che vale quasi 100 miliardi di euro nel settore dei beni di consumo (alimentare, arredamento, abbigliamento), destinati a 200-250 milioni di consumatori appartenenti alla classe media.

Lunedì 12 febbraio sbarcherà a Mumbai (ex Bombay) Romano Prodi, accompagnato dai ministri Bonino, Mussi, De Castro e Di Pietro e da una folta schiera di imprenditori. Alla missione, che durerà quasi una settimana e toccherà anche Kolkata (Calcutta) e si concluderà a New Delhi, partecipano i presidenti di Confindustria Luca di Montezemolo, dell’Ice, Umberto Vattani e dell’Abi, Corrado Faissola.

Riforme economiche. Grazie all’ambizioso programma di riforme economiche iniziato nel 1991 e portato avanti dall’attuale governo di Manmohan Singh, l’India ha registrato nell’ ultimo decennio tassi di crescita medi superiore al 6%, trasformandosi in una
delle economie più dinamiche di tutto il Sud-Eest asiatico. Agli occhi dell’ Occidente l’India risponde perfettamente a quel profilo-Paese che, pur vivendo ancora forte la contraddizione tra boom e povertà può incidere positivamente sulla struttura produttiva nazionale: un mercato insomma in crescita rapida, dove si sta ampliando una fascia di cittadini più inclini a consumi di qualità. Un Paese che promette affari e progresso e per questo l’operazione “made in Italy” diventa ambiziosa nella gara competitiva globale.

Dopo un periodo di stasi, negli ultimi anni le imprese italiane hanno mostrato segnali di risveglio: l’Italia ha acquisito il quinto posto fra i Paesi europei investitori, a scapito della Svezia. Se raffrontata al totale degli investimenti stranieri e alla consolidata presenza di alcuni Paesi come Olanda, Gran Bretagna, Germania e Francia, la quota italiana resta comunque ancora esigua e al di sotto delle potenzialità. A cominciare dalla presenza finanziaria con appena sei banche italiane che hanno un ufficio di rappresentanza: Banco Popolare di Verona e Novara, Unicredit, Intesa-SanPaolo, Mps, Banca Popolare di Vicenza, Popolari Unite. Quest’ultimo aspetto sta particolarmente a cuore al governo italiano che sollecita una maggiore presenza di istituti di credito nazionali, i più adatti a supportare gli sforzi di un tessuto imprenditoriale di piccole dimensioni..

Le autorità italiane sanno bene però che la finestra di opportunità su questo mercato non durerà troppo a lungo e gli spazi oggi disponibili saranno occupati nel giro di qualche anno. Come già accaduto in occasione di altre analoghe missioni in mercati emergenti, l’intenzione del Governo e di Confindustria è quella di individuare i settori nei quali le imprese nazionali possano trovare interesse a venire a produrre, sfruttando anche i vantaggi comparati derivanti da una eventuale parziale delocalizzazione dei prodotti semilavorati. Le prospettive di cooperazione bilaterale, fanno sapere i tecnici dell’Ice, sono comunque numerose e quasi tutte ancora inesplorate. Per il tipo di vantaggio competitivo che offre, l’India potrebbe pertanto diventare anche un partner dei nostri distretti industriali.

Fonte:
Il Sole 24 Ore