Miracolo economico brasiliano

30/07/2013

Dotato di un enorme potenziale di risorse umane e naturali, il Brasile è di gran lunga il più importante Paese dell’America Meridionale, ma è altresì quello in cui più compiutamente si esprime la storia economica sudamericana con le sue marcate dipendenze sia dall’Europa sia dagli Stati Uniti.

In forte ascesa ormai da anni, il Brasile ha trovato uno sviluppo economico sorprendente soprattutto negli anni tra il 2009 il 2012, anni in cui la crisi economica internazionale sembra non aver avuto effetti su questa nazione vista la crescita del 7.5% nel 2010 e del 4% nel 2011.

Inoltre, secondo alcune statistiche, nel 2012 il Brasile ha superato la Gran Bretagna conquistando il sesto posto nella classifica dei Paesi economicamente più forti, dietro a Usa, Giappone, Germania, Francia e Cina. Ma quali sono le cause che hanno portato questo paese, che per decenni ha dovuto subire governi dittatoriali e democrazie deboli, a un miracolo economico così accentuato? La risposta è principalmente il passaggio di circa 28 milioni di persone dalle classi indigenti alla classe media grazie alla creazione negli anni tra 1999 e 2001 di 15.000.000 di posti di lavoro.

La crescita di posti di lavoro ha permesso un aumento dei consumi  causato dall’aumento delle entrate delle singole famiglie che hanno goduto di un nuovo o migliore posto di lavoro. Nel 2000, la politica di rigore concordata con il FMI e i fondi derivanti dall’ingente prestito di cui il Paese ha beneficiato nel 2002, hanno favorito la ripresa dell’economia, nonostante restino alcune lacune strutturali da colmare con opportune riforme a livello micro e macro economico. Nel periodo 2000-2003 il governo è, tuttavia, riuscito a ricomporre alcune sinergie regionali, incentivando un modello di crescita che riuniva in un efficace modello cooperativo le amministrazioni locali, le imprese private e il sistema creditizio.

Nel 2010 il PIL del Brasile ha raggiunto la cifra di 1.574.039 ml $ USA, con un PIL pro capite di 8.220 $ USA: dopo anni, dunque, si sono ravvisati effettivamente diversi segnali positivi, sia per quanto riguarda gli investimenti (7% nel 2006) sia per quanto riguarda i salari (8%). Il bilancio positivo dei conti pubblici ha inoltre permesso di ridurre il peso del debito, che si attesta ora a circa 300.000 ml $ USA (nel 2007).

Ricchissimo di materie prime, il Brasile ha da diversi anni un mercato interno che investe nei consumi e un mercato delle esportazioni che, grazie alle ricchezze del Paese, è sempre stato florido favorendo, però, solo una parte della popolazione. Altro elemento che ha favorito una tale crescita riguarda la ristrutturazione delle esportazioni, in particolare gli accordi per le esportazioni agricole con la Cina, che hanno permesso al Brasile di avere un cliente solido e dalla forte economia di mercato. Inoltre l’industria petrolifera ha avuto un’impennata negli ultimi anni grazie alla scoperta di nuovi giacimenti marini che hanno permesso un nuovo posizionamento della sua economia nella classifica dei paesi produttori di gas e greggio.

Gli investimenti esteri che stanno aumentando non solo per la stabilità politica del Paese ma anche per le riforme che gli ultimi governi hanno operato per favorire la crescita del mercato interno, si stanno avvantaggiando del Real, la moneta ufficiale del Brasile, che ha rafforzato la sua valutazione sul dollaro. Dopo tutto ciò il Brasile sembra aver preso piena coscienza delle proprie capacità e del ruolo rilevante che ha ormai raggiunto nello scenario economico mondiale.

Questo ruolo sembra aver indotto la classe politica brasiliana a sfruttare al meglio i vantaggi che ne derivano con manovre che permetteranno di accrescere ancor di più lo status economico della nazione, come l’abbassamento del costo dell’elettricità per favorire e stimolare l’economia, incentivazione all’export dei prodotti tipici nazionali, snellimento dell’apparato burocratico per promuovere maggiormente le attività minerarie e attrarre nuovi investimenti e lavoratori specializzati, visto che il Brasile è il primo produttore di acciaio e bauxite al mondo con un industria estrattiva di cinque miliardi di dollari e imprese di rilievo a livello globale.

Questa assunzione di ruolo di portatore d’interessi e potenzialità d’investimento sembra non portare dubbi nelle parole di Brizola Nieto, il ministro del Lavoro del governo di Dilma Rousseff che ha annunciato che il 2013 sarà un anno di «pieno impiego», superando «in modo consistente» il tasso di disoccupazione del 5,6% registrato nel  2012. Questi dati sembrano essere ancor più reali considerando il sondaggio dell’agenzia statistica IPSOS che prevede spese pazze ed elevati consumi per tutto il 2013 e 2014. Se tutto questo accadrà? Solo il tempo potrà dirlo, ma, una cosa è certa: “il gigante verde” è sveglio!

A cura di Dante Marotta

 

Fonte:

The Blazoned Press