Made in Italy con il piede sull’acceleratore
21/06/2017
Il Sole 24 Ore – Commercio Internazionale: 21 giugno 2017
Made in Italy con il piede sull’acceleratore
di Laura Cavestri
È la fine della globalizzazione? Niente affatto. Semmai una nuova fase. Dove un treno che sembrava correre su un rettilineo preordinato a velocità costante, ora cambia improvvisamente binario e direzione. Talvolta accelera, un po’frena e magari sceglie di raggiungere stazioni nuove e inesplorate. Profondi cambiamenti che attendono anche l’export italiano, che sembra però destinato a crescere a un tasso medio annuo del 4% da quì al 2020, sino a sfiorare i 490 miliardi di euro. Un cambio di passo rispetto all’1,7% del quadriennio precedente.
A delineare il quadro è “Italy Unchained”, l’ultimo Rapporto annuale sull’export elaborato da Sace e che sarà presentato oggi a Milano nella sede di Borsa Italiana. Studio in cui Sace – che insieme a Simest costituisce il “polo per il commercio estero” del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti –include le previsioni 2017-2020 sull’andamento dell’export italiano per Paesi e settori,con approfondimenti monografici sui fenomeni globali a maggiore impatto. Un compito quanto mai complesso in un periodo di “precarietà” esistenziale (tra la Brexit, le scelte politiche non sempre prevedibili del presidente Usa Donald Trump, le guerre in Medio Oriente).
In pratica, se l’anno scorso la crescita delle vendite estere è stata trainata dai mercati avanzati europei (destinazioni dei nostri prodotti per oltre il 50% del totale esportato), dal Nord America e dall’Asia-Pacifico, quest’anno aumenta quasi ovunque. Sino a diventare più solida e più veloce, nel 2018-2020, in ogni area geografica.
Il rimbalzo atteso
Secondo il report, l’export italiano, entro il 2020, sfiorerà i 490 miliardi. Una decisa accelerazione (+4% annuo) rispetto alla crescita “deludente” del 2016: +1,2 per cento. Complessivamente, l’Italia dovrebbe archiviare il 2017 con 433 miliardi di euro di vendite estere (rispetto ai 417 miliardi del 2016), da portare a quasi 450 miliardi nel 2018 e a 468 miliardi nel 2019. Sino al 2020, in cui arriverà, secondo gli analisti Sace, appunto, a 489 miliardi.
Le «rotte» della crescita
Per quest’anno, cresceremo grazie ai tradizionali mercati europei, nordamericani e asiatici. La performance migliore è attesa per il Nord America (+4,9%, ma possiamo arrivare a 221 miliardi in 4 anni)– trainato dagli Stati Uniti – e seguito dall’Asia (+4,6%), dove le prospettive migliori saranno in Cina, India e Indonesia. Bene anche l’Europa avanzata (3,4%, con una prospettiva di 41 miliardi di export da qui al 2020)e quella emergente (2,9%). Staccati, Medio Oriente e Nord Africa (2,1%), nonostante le difficoltà geo-economiche. L’America latina sperimenterà, infine, nel prossimo biennio una lenta ripresa (+1,6% nel 2017), dopo aver registrato una pesante contrazione l’anno scorso (-6%). Le criticità dell’Africa sub-sahariana, invece, non consentirà di andare oltre una stabilizzazione (-0,4%), nonostante le felici eccezioni di Ghana, Kenya e Senegal.
Nel 2018-2020, in media, l’export crescerà in ogni area geografica a ritmi superiori al 3,5%, con un miglioramento quindi anche nelle aree più deboli (tutta l’Africa, il Medio Oriente e l’America Latina). Con ottime opportunità anche in economie “minori”, ma in forte sviluppo: Filippine, Malesia e Vietnam.
I «nostri» 15 mercati «Bric»
Ci sono, poi, 15 mercati che – in base agli indicatori di rischio, alla crescita dell’economia e della domanda, all’apertura alle importazioni, alle dinamiche dell’export italiano negli ultimi anni e al posizionamento competitivo rispetto ai nostri tradizionali concorrenti – possono essere identificate come le 15 geografie “ad alto potenziale”.
Non in senso assoluto, ma per le esportazioni e gli investimenti italiani: un paniere di mercati target – sia emergenti sia avanzati – che ha intercettato complessivamente 85 miliardi di euro di vendite italiane nel 2016 (pari al 20% dell’export complessivo) e che potrà intercettarne oltre 100 miliardi nel 2020, in virtù della crescente domanda di beni da importare (+5,7% medio annuo nei prossimi quattro anni). Si tratta di: Arabia Saudita, Brasile, Cina, Emirati Arabi, India, Indonesia, Kenya, Messico, Perù, Qatar, Repubblica Ceca, Russia, Stati Uniti, Sudafrica e Vietnam. Ma quali settori crescerano di più nei prissimi 4 anni?
I settori più dinamici
La chimica (42 miliardi di export nel 2016) registrerà il tasso di crescita più sostenuto nelle vendite estere (6,3% nel 2017 e 5,8% nel 2018-2020), grazie al rilancio degli investimenti nei settori industriali in cui trova applicazione, dal petrolchimico al farmaceutico. La meccanica strumentale (primo settore per l’export italiano, con oltre 85 miliardi di euro nel 2016) riuscirà a mantenere un vantaggio competitivo che le consentirà di replicare il tasso di crescita dell'export 2016 anche per l’anno in corso (+2,2%), accelerando nel triennio successivo. I mezzi di trasporto (45,2 miliardi di euro di export nel 2016) metteranno a segno una crescita estera del 5% quest’anno e del 5,4% nel 2018-2020, grazie alla performance di tutti i comparti – automotive, navi e velivoli – destinati alla clientela retail o legati a settori strategici dell’economia.
«Non ci stiamo avviando verso la fine della globalizzazione, ma piuttosto verso una sua nuova fase – ha spiegato Roberta Marracino, direttore Area Studi e Comunicazione di Sace –. Una fase ancora più interconnessa, in cui alcuni mercati si chiudono ma molti si aprono, spostando il baricentro della competizione globale dai singoli Stati alle global value chain. Una fase in cui, accanto all’interscambio di merci, anche quello di servizi, progetti e idee assumerà un ruolo sempre più preponderante, e l’export si confermerà un fattore imprescindibile di crescita anche per l’Italia».
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-06-20/made-italy-il-piede-sull-acceleratore-144535.shtml?uuid=AEWlqGiB