Made in Italy a tutto gas
09/01/2009
Da gennaio a ottobre l’Istat ha registrato una crescita dell’11,7%. Al netto della bolletta energetica, la bilancia commerciale è in attivo per 22 miliardi. Ma la politica dell’euro forte può rallentare la corsa dell’export nostrano » Grafici: i numeri
Vendere vodka ai russi è un po’ come vendere ghiaccio agli eschimesi. Eppure, a scorrere gli ultimi dati diffusi dalla Coldiretti sull’export italiano in Russia, c’è da ricredersi: entro l’anno le vendite di vodka made in Italy a Mosca e dintorni sfonderanno quota 20 mila bottiglie (+83% sul 2005).
Poco, certo, se si pensa al mare magnum dei consumi dell’ex impero sovietico, ma molto per chi, come la Stock di Trieste, con l’etichetta Keglevich, è riuscito a imporsi là dove in pochi avrebbero mai scommesso. E non sono certo i soli ad andare controcorrente. Anzi.
È dai primi anni Ottanta che Diesel vende le proprie collezioni negli Stati Uniti, patria dei jeans, mentre gli orologi Locman sono da sempre presenti sul suolo svizzero e, ancora, il riso Gallo è l’ultima passione dei consumatori cinesi. Perché, dicono, ha i chicchi grossi e colorati. Insomma, la creatività tricolore non conosce confini. Oggi più che mai.
Lo confermano i dati forniti dall’Istat. Lo scorso agosto, per la prima volta da oltre un anno, la crescita delle esportazioni ha superato quella delle importazioni: +21,7% contro +14,3%.
Stesso trend a settembre, quando lo scarto, però, si è attestato all’1,1%: +6,6% contro +5,5%. «Un’inversione di tendenza che può essere di buon auspicio» ha commentato in una nota il governo «e che evidenzia il cambio di passo attuato sul fronte della politica commerciale».
In realtà, è dall’inizio dell’anno che l’export italiano ha ingranato la marcia giusta: nei primi dieci mesi del 2006, sempre secondo le rilevazioni dell’Istituto centrale di statistica, ha registrato una crescita dell’11,7%. Si tratta di una delle performance più alte dai tempi della svalutazione della lira nel settembre 1992.
Merito, soprattutto, dei mercati emergenti. A cominciare da Russia (+43,6% sullo stesso periodo 2005), Cina (+28,1%) e Paesi Opec (+25,6%). Tutte aree che hanno dimostrato di apprezzare i «classici» del made in Italy come moda, alimentare e design, ma non solo. Nella top ten dei settori nazionali più quotati all’estero, infatti, spiccano anche la meccanica strumentale, le produzioni in metallo e persino l’elettronica.
Ma le buone notizie non finiscono qui. Se non fosse per la bolletta energetica da 41 miliardi di euro – quasi un terzo delle uscite totali – la bilancia commerciale risulterebbe in attivo per ben 22,1 miliardi.
«Le nostre produzioni stanno recuperando terreno su tutti i mercati internazionali» ha sottolineato Gaetano Fausto Esposito, direttore generale di Assocamerestero. Ricordando che, per cavalcare la ripresa e renderla più stabile, occorrerà, però, concentrarsi non solo sui mercati emergenti ma anche su quelli tradizionali.
A partire dall’Unione europea «dove, quest’anno, la quota export è scesa al 59,3% contro il 60% del 2005».
Eppure, è proprio dall’Europa che arrivano alcuni segnali contrastanti. Colpa, ancora una volta, del supereuro. Che, lunedì 27 novembre, ha toccato quota 1,3172 sul dollaro, il massimo mai raggiunto dal 22 marzo 2005.
Se si aggiunge, poi, che anche il rapporto euro-yen è su livelli insolitamente alti, ecco giustificata la preoccupazione del ministro delle Finanze francese, Thierry Breton, che ha chiesto alla Banca centrale europea una vigilanza più stretta sul tasso di cambio «per evitare conseguenze negative sulle esportazioni extra-Ue».
Più cauto il suo omologo italiano Tommaso Padoa-Schioppa che, anzi, ha ricordato: «In passato la moneta unica è stata anche più forte».
Come dire, ogni allarmismo è fuori luogo. E i nostri clienti stranieri sembrano dargli ragione.
Nell’ultimo bimestre, infatti, la mappa degli ordinativi ha evidenziato ancora crescite sostenute e, in alcuni casi, addirittura a due cifre su pressoché tutti i segmenti strategici. Possiamo stare tranquilli, insomma.
Almeno per la prima metà del 2007.
Fonte:
Panorama
Zornitza Kratchmarova
e Gianluca Ferraris