L’Udc con Berlusconi: elezioni subito. Napolitano: “Ora pausa di riflessione”
09/01/2009
ROMA
Chi faceva conto su Casini per far nascere il nuovo governo, oggi è deluso. Al dunque, l’Udc si schiera col Cavaliere. E nemmeno Baccini, il senatore centrista più insofferente della disciplina di partito, se la sente di passare da solo il confine. Dunque la crisi si avvita su se stessa, le elezioni si avvicinano. Napolitano, il quale le considera una cattiva medicina per l’Italia, non nasconde quanto sia «complicata e difficile la situazione». Diplomaticamente, ne dà la colpa alla «forte frammentazione politica» rappresentata dai 19 partiti ricevuti sul Colle per le consultazioni.
Gli ultimi due (Forza Italia e Partito democratico) hanno fornito ricette diametralmente opposte. Per Berlusconi «non c’è altra strada se non quella di tornare al voto, le riforme richiedono tempo e non le può fare un governo di tregua». Secondo Veltroni, invece, votare subito sarebbe «contro gli interessi del Paese, meglio andarci tra un anno facendo le riforme» oppure, se proprio non fosse possibile, «tra qualche mese dopo aver cambiato almeno la legge elettorale». Dialogo sì, ma tra sordi.
Perde quota la tesi più gettonata fino a poco fa, quella del mandato pieno a Marini per formare un governo di altissimo profilo, zeppo di personalità capaci di scompaginare i giochi: quale figura di prestigio se la sentirebbe di andare allo sbaraglio, in queste condizioni? Riprende viceversa slancio l’ipotesi di un «esploratore», che provi a capire se l’intesa è possibile anzitutto sulla legge elettorale, magari partendo dalla prima bozza Bianco come suggerisce Veltroni. Per questo incarico più delimitato (potrebbe essere conferito in giornata, e la decisione verrà «motivata» davanti al Paese) il candidato è sempre lo stesso, vale a dire Marini, sottoposto a un forte pressing da parte dell’establishment (in particolare da D’Alema, che è andato apposta a trovarlo). Napolitano pensa invece ad Amato per un governo di affari correnti, casomai sciogliesse le Camere.
Dunque, Casini. Non è più l’asso nella manica di Napolitano. Il leader Udc s’è reso conto che la sua propensione a un governo di tipo istituzionale veniva sfruttata per un disegno del tutto diverso. Celava cioè il tentativo di ricomporre la stessa identica maggioranza di cui disponeva Prodi prima della crisi. A far traboccare il vaso ha provveduto una dichiarazione di Baccini, avversario interno del leader Udc. «Potrei votare un governo guidato da Marini», sono le parole che hanno gettato scompiglio nel Palazzo. Col trascorrere delle ore, la disponibilità di Baccini è sfumata. Però Casini s’è reso conto che stava perdendo il controllo delle operazioni. Da Gerusalemme ha dettato una dichiarazione che potrebbe essere la pietra tombale sulla crisi: «Tanto vale non perdere ulteriore tempo e andare verso elezioni anticipate». Oggi s’incontrerà con Berlusconi. E chissà che il Cavaliere non ammazzi per lui il famoso «vitello grasso».
A raggelare Napolitano ha contribuito una dura sortita di Forza Italia. Allarmati dalle voci di un mandato pieno a Marini, i vertici azzurri hanno minacciato fuoco e fiamme: «Le ipotesi di governicchi allo sbando, alla ricerca di raccattare qualche voto, sarebbero solo un’avventura e provocherebbero una inutile radicalizzazione…». Meglio non provarci nemmeno. Oltretutto, sostengono a via del Plebiscito, nell’incontro con la delegazione azzurra Napolitano aveva parlato espressamente di un’esplorazione, e niente di più. Tanto che Berlusconi e i suoi se n’erano andati dal Quirinale con aria spensierata, lodando il Presidente per il suo tono «estremamente piacevole». Di qui l’avvertimento serale rivolto al Colle, che ha fatto crollare le azioni di un governo istituzionale e alzare la voce a D’Alema: «E’ protervia quella di chi non vuole la riforma elettorale…».
Fonte:
La Stampa