“L’Italia sfrutti le buone condizione di mercato per fare le riforme”
19/10/2015
"L'Italia si trova in una situazione eccezionale che potrebbe essere una chiave di svolta", spiega Gianpaolo Bazzani: "Se non riuscissimo a sfruttare questa occasione e a beneficiare di questa congiuntura astrale positiva, rischiamo di ritrovarci come la Grecia". Il combinato disposto di euro debole, tassi bassi, energia sui minimi, e grande liquidità sono, a giudizio dell'amministratore delegato di Saxobank Italia, un'occasione irripetibile da cogliere al volo per fare le riforme. "L'Italia vista con gli occhi di un'azienda danese necessita di portare a termine un piano di riforme – ricorda Bazzani – la prima fra tutte è la riforma fiscale, bisogna semplificare le aliquote e fare chiarezza, in modo da eliminare la possibilità non solo dell'evasione ma anche dell'elusione fiscale. Bisogna detassare il lavoro, più della casa, per creare occupazione. Sarebbe poi auspicabile che gli ordini professionali venissero aboliti e che il patrimonio immobiliare dello stato non strumentale venisse valorizzato per ridurre il debito".
Queste riforme eliminerebbero costi strutturali e ridarebbero all'Italia credibilità a livello internazionale. "Bisogna farlo adesso perché queste condizioni favorevoli non dureranno per sempre – ricorda il numero uno della Banca danese -: l'Italia è un paese di manifatture di alta gamma e che trasforma le materie prime, pertanto anche se il prezzo dei cereali scende, siamo esportatori di pasta". Saxobank fa notare che secondo l'ultimo rapporto Ocse, il rapporto tra debito e Pil è al 156%. In questo contesto economico, Bazzani suggerisce di puntare sulle azioni italiane con un occhio di riguardo alle banche e all'energia. "La liquidità e la riforma delle popolare hanno dato una scossa positiva a tutto il settore bancario e mi aspetto una nuova ondata di consolidamento, che è vitale per operare un nuovo taglio dei costi – ricorda l'ad di Saxobank Italia – ma anche i colossi energetici tricolori, tra cui Eni in primis, ma anche Enel tornano a essere interessanti anche perché con i tassi su questi livelli pagano comunque importanti dividendi". Tra le matricole che invece si stanno affacciando sul mercato, Poste Italiane farà da apripista. "Poste ha un grande potenziale – ricorda Bazzani – ma anche delle aree grigie dove si auspica un miglioramento come la Banca del mezzogiorno, un istituto che non ha mai fatto il lavoro per cui era nata, ovvero erogare credito alle imprese del Sud".
Ecco di seguito l'analisi degli specialisti di Saxo Bank sui principali comparti d'investimento.
AZIONI
Il terzo trimestre del 2015 sarà ricordato come un campanello d'allarme considerando che le azioni globali si trovano nel loro periodo più violento, misurato dalla prima e dalla seconda più grande ondata di volatilità, dalla crisi finanziaria del 2008. Le azioni dei mercati sviluppati sono in calo del 6,2% nel trimestre, ma le azioni dei mercati emergenti sono vertiginosamente scese del 16,2%. Col senno di poi, è chiaro che una correzione era necessaria, dato che i mercati azionari sviluppati stavano diventando "scollegati" nonostante i molti segnali di allarme provenienti dal rallentamento sbalorditivo della Cina, dalla recessione in Brasile e dalla perdita del Brent di un altro 25%. I principali indicatori puntano verso il basso in tutto il mondo e verso tassi d'interesse più elevati all'orizzonte per gli Stati Uniti. È stata probabilmente la diffusione di una serie di dati macro dalla Cina che improvvisamente ha dato il via alla vendita di titoli azionari sui mercati sviluppati, portandoli sotto determinati valori soglia e aggiungendo quel tanto che basta di volatilità per far partire un sell-off senza precedenti su tutte le principali asset class.
Le grandi domande per gli investitori in azioni sono: quanto e quanto velocemente la Federal Reserve varerà la stretta monetaria? Le risposte a entrambe queste domande potranno creare un modus operandi certo con implicazioni per la valutazione delle azioni e delle performance. La ricerca mostra che i mercati azionari sono normalmente meno volatili dopo un aumento dei tassi della Fed, ma che non avevamo mai sperimentato un aumento dei tassi della Fed da una soglia vicina allo 0%. Nelle sue ultime proiezioni economiche, il Federal Open Market Committee prevede nel lungo periodo un tasso Fed Funds intorno al 3,75%, rispetto al 5,25% della fase espansionistica precedente alla crisi finanziaria. Il punto previsionale per la fine del 2017 è del 3%. L'attesa "nuova normalità" per il tasso Fed Funds probabilmente porterà le valutazioni delle azioni a livelli superiori alla loro media storica. La ragione è che, mentre la nuova normalità riflette rendimenti obbligazionari più bassi, inflazione più bassa e crescita economica più bassa, gli investitori, in questa situazione dove il rendimento è basso, chiederanno più azioni e meno obbligazioni. Nonostante riteniamo che i titoli azionari statunitensi siano un po' costosi rispetto alle azioni del resto del mondo, guardando i loro utili osserviamo ancora un impressionante 5,8%, rispetto al 5,3% delle obbligazioni corporate della classe BAA e rispetto al 2,2% delle obbligazioni statunitensi decennali. Per i mercati emergenti, la disfatta globale dei titoli azionari ha trasformato alcune regioni in "paesi dei balocchi".
MATERIE PRIME
Vediamo un raggio di speranza per il mercato delle commodity se ci sarà una significativa contrazione dell'offerta. Ma è un grande "se". Nel caso non si verificasse questa contrazione, in presenza di una domanda vacillante, il momento difficile per le materie prime potrebbe durare ancora a lungo. Nel mese di settembre le commodity si sono stabilizzate dopo che diverse materie prime, come i metalli industriali, hanno toccato i minimi da inizio millennio. La crescita dell'offerta registrata dalle principali materie prime (metalli, commodity energetiche o agricole) continua a scombussolare l'andamento delle economie emergenti, la cui prosperità dipende proprio da queste esportazioni. L'intonazione estremamente accomodante emersa nella riunione del Federal Open Market Committee di settembre, evidenzia preoccupazioni legate alla situazione dei mercati emergenti. Se il governatore della Federal Reserve, Janet Yellen, è preoccupata dallo scenario di crescita di alcune delle principali determinati della domanda di commodity, allora dovremmo esserlo anche noi.
Nonostante non ci attendiamo un proseguimento del sell-off di materie prime, non riteniamo che nei prossimi mesi possa verificarsi un rimbalzo dei prezzi visto che l'eccesso di offerta su un ampio spettro di commodity si sta riducendo, ma molto lentamente. In vista dell'inizio del quarto trimestre 2015, riteniamo che la luce in fondo al tunnel per le commodity sia visibile solo assumendo una riduzione dell'offerta. Se la domanda non dovesse tornare a crescere, il tunnel è destinato ad allungarsi, lasciando solo un barlume di speranza.
Nonostante le notizie su oro e argento siano state prevalentemente negative, i due metalli rimangono le commodity con la migliore performance relativa. Nel corso dell'ultimo anno, l'indice Bloomberg, che misura l'andamento dei metalli preziosi, segna un calo inferiore al 10%, contro il circa -50% del comparto energetico e il -26% dei metalli industriali. Dal punto di vista dei produttori, le fluttuazioni valutarie hanno probabilmente ridotto il costo di produzione marginale garantendo una maggiore libertà di azione. Su queste basi, l'eventuale ripresa dei prezzi dell'oro, si dovrà basare su un cambio di attitudine tra gli investitori istituzionali come i gestori di fondi e gli Hedge Fund. La combinazione tra una Fed accomodante, l'incertezza sulla politica valutaria cinese e lo stato di salute dell'economia globale tanto quanto il basso coinvolgimento degli investitori, potrebbero innescare o forzare un cambiamento nel sentiment. Avendo assistito a due robuste riprese in un breve periodo, avvertiamo un cambiamento in atto. Un elemento chiave sarà rappresentato da un movimento rialzista dell'oro sopra i massimi di agosto a 1.170 dollari l'oncia che potrebbe confermare la formazione di un supporto. Confermiamo il target per fine anno a 1.250 dollari/oncia; solo una rottura di 1.080 dollari/oncia potrebbe inficiare questa previsione.
VALUTE
L'ulteriore rinvio del primo incremento dei tassi da parte della Fed potrebbe innescare un rimbalzo delle prospettive per le valute dei Mercati emergenti nel corso del quarto trimestre e il ritardo nel ritorno del mercato "toro" negli Stati Uniti, anche se nel corso del trimestre potremmo assistere ad un dollaro inizialmente debole e in rafforzamento nel finale. Nel quarto trimestre c'è il rischio significativo di assistere a un altro movimento disordinato nella propensione al rischio, il cui risultato sarebbe un brusco movimento rialzista dello yen giapponese e eventualmente dell'euro, come abbiamo visto nel corso delle turbolenze di agosto. Da ora, qualsiasi marcato apprezzamento di euro e yen dovrà probabilmente fare i conti con le nuove misure espansive in arrivo dalla Banca Centrale Europea e dalla Bank of Japan, eventualmente contribuendo a far nuovamente rafforzare il dollaro e a portare ulteriore sollievo ai mercati emergenti.
L'elemento fondamentale nel quarto trimestre potrebbe essere rappresentato dalla velocità con cui la Cina permetterà un indebolimento della propria valuta dopo aver contrastato le pressioni ribassiste con il massiccio utilizzo delle riserve a seguito della svalutazione di agosto e la modifica del regime di cambio verso una fluttuazione controllata (finora con una doppia enfasi sul "controllata"). In sintesi, la decisione di settembre della Federal Reserve ha mostrato ai mercati che la politica della Fed è globale, in particolare per i Paesi emergenti. Nel quarto trimestre, se da un lato potremmo assistere a rimbalzi nelle valute legate alla propensione al rischio come il rublo, il real brasiliano, la lira turca e il rand sudafricano, un approccio più conservativo spinge a guardare altrove, Messico e Polonia in particolare.
Fonte: repubblica.it