«L’Irap è inaccettabile, duplica l’Iva»

09/01/2009

Prelievo bocciato per incompatibilità con le norme comunitarie, richiamando le tesi dell’avvocato generale della Corte di giustizia Ue

TORINO – Una somiglianza fatale, quella tra Irap e Iva. È vero, non coincidono del tutto, però la somma delle affinità è tale da rendere il tributo regionale inaccettabile sul piano comunitario.

Ad affermarlo non è il tanto atteso responso della Corte di giustizia Ue, riguardante la legittimità dell’imposta sulle attività produttive; ma l’originale conclusione di una Commissione tributaria regionale. Per una volta – la prima, a quanto risulta – i giudici non si sono avventurati per le ormai ben note strade dell’autonomia organizzativa e della dimensione dell’attività tassabile; hanno riconosciuto il diritto di un professionista al rimborso Irap sul presupposto dell’evidente conflitto con l’articolo 33 della sesta direttiva.

La decisione, tecnicamente ineccepibile ma comunque coraggiosa, tradisce il calo di credibilità di un prelievo che sembra respirare a fatica. Anzi, per i giudici tributari italiani l’imposta più famosa del contenzioso fiscale a quanto pare è già spacciata, a prescindere dal verdetto europeo.

La causa. La sentenza n. 15/1/05 della Ctr Piemonte, depositata il 27 maggio (di prossima pubblicazione, in primo piano, nello speciale di «Guida Normativa» dedicato alle Commissioni tributarie), ha disapplicato il Dlgs 446/1997 per contrasto con la normativa comunitaria e ha così deciso la restituzione di oltre 5mila euro a un geometra di Cuneo, compensando le spese di una lite caratterizzata «dalla particolarità della questione interpretativa».

Una peculiarità, effettivamente, indiscutibile. La lite era arrivata in Commissione regionale come una qualunque querelle tra lavoratori autonomi e Fisco. Il contribuente aveva impugnato la sfavorevole decisione di primo grado e si preparava ad affrontare la sua canonica battaglia da professionista. Il presidente della sezione ed estensore della sentenza, Domenico Chindemi, ha invece rilevato d’ufficio il problema della compatibilità dell’Irap con la normativa comunitaria. A quel punto le strade erano due: sollevare una nuova questione pregiudiziale da spedire a Lussemburgo o decidere.

Il principio innovativo. Il giudice di Torino ha scelto la seconda via e, nel rispetto delle indicazioni della Cassazione, ha ritenuto di «non applicare» la disposizione italiana confliggente con quella sopranazionale. Fin qui, tutto secondo pacifica giurisprudenza. Ciò che colpisce è la determinazione con cui è stato riscontrato il contrasto normativo, nonostante la pendenza della stessa identica questione davanti alla Corte di giustizia. Una grossa parte l’hanno fatta le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs, presentate il 17 marzo nel corso della causa C-475/03 e ampiamente citate nel testo dei giudici piemontesi. Però il nucleo centrale del ragionamento ha spessore autonomo.

La Commissione ha stabilito che Irap e Iva hanno almeno quattro tratti in comune che le rendono incompatibili: si applicano «a tutte le operazioni commerciali di produzione e scambio di beni o di prestazione di servizi, relativamente ad attività commerciale o professionale»; «la base imponibile è costituita, per entrambe, dal valore netto aggiunto dal soggetto d’imposta ai beni e servizi»; sono «riscosse in ciascuna fase del processo di produzione e distribuzione ed ogni operatore imponibile è tenuto al pagamento della relativa imposta in base al valore aggiunto»; sono, tutte e due, «generali e proporzionali al prezzo di cessione al consumo di beni e servizi, indipendentemente dal numero di operazioni».

L’impatto della decisione. Si apre dunque un nuovo fronte di vulnerabilità processuale per l’Irap, che rende ancora più movimentata l’attesa del responso comunitario. Bisognerà vedere se quella piemontese è una decisione isolata o l’apripista di un innovativo filone pro-contribuente e, in ogni caso, come tutti i rimborsi pendenti, anche questa sentenza è appesa alla decisione finale della Corte Ue. Certo è che a fronte di continue sorprese giuridiche è difficile dar torto ai numerosi esperti fiscali che, nel dubbio, continuano a suggerire ai contribuenti di avviare richieste di restituzione.

Il Sole 24Ore
01/06/2005
BEATRICE DALIA