L’Ice stima una crescita dell’8% per l’export a fine 2010

15/07/2010

L'export italiano potrebbe segnare a fine anno un +8% se la tendenza a crescere, già registrata nel primo quadrimestre dell'anno, dovesse confermarsi. È quanto si legge nell'ultimo rapporto dell'Ice 2009-2010 "L'Italia nell'economia internazionale" che ha elaborato dati Istat ed è stato illustrato oggi alla presenza del viceministro dello Sviluppo economico, Adolfo Urso.

@Secondo l'istituto è necessario puntare sempre più verso i mercati emergenti come la Cina, il Brasile, i paesi arabi e l'India. Il rapporto sottolinea infatti che l'incidenza di queste aree sulle esportazioni italiane è ancora troppo ridotta. I primi dieci mercati di sbocco dell'Italia sono ancora, fatta eccezione per gli Stati Uniti, tutti paesi europei. Affinché la ripresa fatta registrare nei primi quattro mesi del 2010 (+8,8%) venga confermata, bisogna orientarsi, ha detto il presidente dell'Ice, Umberto Vattani, «verso i paesi emergenti che restano la locomotiva della crescita mondiale».

Vattani ha ricordato l'attenzione del governo verso queste aree dove si sono concentrate le ultime missioni. «Stiamo crescendo – ha poi spiegato il viceministro Uso – le stime della dinamica del Pil nel primo trimestre 2010 mostrano per l'Italia un incremento congiunturale dello 0,5%, più elevato di quello di Germania, Regno Unito e Francia». Urso ha quindi suggerito la necessità di rafforzare la nostra presenza in quelle aree e di mettere al bando qualsiasi politica protezionistica.

L'Ice fa poi notare come nel 2009 «in quasi tutti i settori la crisi delle esportazioni ha colpito con maggiore intensità le imprese più grandi, interrompendo una tendenza di graduale innalzamento della loro quota che durava da tempo». Questo fenomeno impone la necessità di «ragionare sulla relazione tra dimensioni aziendali e competitività internazionale delle imprese. Piuttosto che perseguire la crescita dimensionale delle imprese esistenti, nel presupposto che essa si tradurrà automaticamente in maggiori capacità di innovazione e internazionalizzazione, conviene forse puntare sul loro miglioramento qualitativo, incoraggiando le tendenze evolutive che erano emerse prima della crisi».

Secondo l'istituto il punto cruciale consisterà nella capacità delle imprese di adottare rapidamente i cambiamenti tecnologici e organizzativi richiesti dai mercati. A questo scopo, secondo l'analisi dell'Istituto, occorre, da un lato, «un contesto di regole, incentivi e infrastrutture favorevole alle attività imprenditoriali» e, dall'altro, «un forte investimento pubblico nel sistema dell'istruzione e della ricerca». (Ce. Do.)

 

Fonte:
Il Sole 24 Ore