L’Europa in cerca di competitività
09/01/2009
La Cina corre, l’America cammina e l’Europa invece zoppica. Questo è, in sintesi, il quadro che si ottiene cercando di fotografare lo stato dell’economia planetaria.
Non corre solo la Cina, anche altri paesi che fino a poco tempo fa sembravano condannati alla povertà, è il caso dell’India, ora mostrano di avere ampi margini di crescita, mentre i paesi occidentali, con l’eccezione degli Usa e, in parte, del Giappone, mostrano una certa difficoltà nel reggere il passo.
Le nazioni del Vecchio Continente sembrano aver smarrito la strada della crescita e pare oramai debbano risolversi alla mera difesa dei risultati raggiunti grazie alla straordinaria vitalità della ripresa economica del secondo dopoguerra.
Per la sempre più Vecchia Europa le alternative sono due, la prima la vede condannata a difendere il proprio standard di vita, come l’antica Roma, ostinata nell’opporsi alle invasioni dei barbari, però consapevole della propria decadenza, mentre la seconda le offre la possibilità di tornare a brillare ed a recitare un ruolo di primo piano nelle vicende mondiali.
Il cuore del problema resta la poca competitività e per evitare il declino economico, la strada da percorrere passa per forza di cose da questa strettoia.
Non a caso nel marzo del 2000 i capi di Governo dei paesi dell’Unione europea si riunirono a Lisbona e si accordarono su di un documento con obiettivi molto ambiziosi: far diventare l’Europa il “continente più competitivo del pianeta”, aumentando la produttività e facendo lavorare venti milioni di persone in più nel giro di dieci anni.
Buone intenzioni che, oltre a lastricare la via dell’inferno, sono rimaste più che altro sulla carta. Per questo motivo l’indicazione data nei giorni scorsi dal presidente della Commissione Ue Josè Manuel Durao Barroso al gruppo dei commissari incaricati di rilanciare la strategia di Lisbona giunge a proposito.
Sfrondare l’albero perché possa ritornare a crescere, questo il messaggio che i capi di Governo, che si riuniranno il 22 e 23 marzo a Bruxelles, dovranno tenere in considerazione quando dovranno concordare il nuovo percorso per togliere l’agenda competitività dalla secca in cui è precipitata.
Per farlo si dovrebbe partire dalla semplificazione degli obiettivi e degli strumenti dell’agenda, diventatati un crogiolo di cifre e dati: 6 principi guida, 117 obiettivi comuni, 9 processi coordinati aperti, due processi coordinati ampi e 300 relazioni ogni anno.
Cifre che da sole bastano a far venire un bel mal di testa. L’Agenda 2005 dovrebbe invece limitarsi ad indicare una decina di azioni concrete per sviluppare i tre obiettivi principali della strategia: migliori posti di lavoro e più numerosi, migliorare la conoscenza e
l’innovazione, assicurare nella Ue un ambiente favorevole alle imprese.
Gli obiettivi sono quelli giusti, ora bisogna rimboccarsi le mani e darsi da fare per raggiungerli.
ALAN FRIEDMAN
21/1/2005