Le piccole e medie imprese sono quelle che veramente favoriscono le esportazioni
09/01/2009
E’ stato recentemente pubblicato da parte della società “Bruegel” un rapporto, chiamato “The Happy Few”, il quale afferma che per aumentare le esportazioni del proprio paese i Governi dovrebbero impegnarsi a favorire le piccole e medie imprese (PMI), visto che le grandi compagnie possono reggersi da sole. Inoltre, secondo questo studio, è proprio il numero degli esportatori a determinare il valore del commercio con l’estero e pertanto bisognerebbe impegnarsi ad aumentare quanto più possibile la base industriale. Questo rimanda immediatamente all’Italia, famosa per il suo modello economico basato proprio sulle PMI, tanto che Gianmarco Ottaviano, professore di Economia all’Università di Bologna e coautore del rapporto, ha affermato che “se Bill Gates fosse stato italiano la Microsoft non sarebbe esistita”. In realtà, però, lo studio non è una celebrazione del nostro modello in quanto si sostiene che bisogna favorire quanto più possibile la creazione di molte aziende anche in ordine di far emergere le migliori. La competizione è l’elemento principe: le imprese devono nascere numerose, ma devono anche essere chiuse quelle che non funzionano. In questo, invece, l’Europa in generale è molto arretrata rispetto agli Stati Uniti, visto che permette alle sue imprese di sopravvivere sul mercato. Anche in questo l’Italia costituisce purtroppo una sorta di modello.
Gianmarco Ottaviano ha affermato a News ITALIA PRESS che “nel determinare il livello di esportazioni è molto più importante il numero di imprese esportatrici che non quanto ogni singola impresa esporta. Questo vuole pertanto dire che, per aumentare le esportazioni di un paese, bisogna favorire il numero delle imprese. Si deve però notare che le PMI hanno il problema di non riuscire spesso ad esportare quanto producono, o perché sono troppo piccole per riuscire ad andare all’estero o comunque perché non riescono ad essere attraenti per i consumatori stranieri”. Questo sembra porre una contraddizione perché da una parte queste piccole e medie imprese sono viste come il motore principale delle esportazioni, dall’altra sono anche quelle che meno riescono a inserirsi sui mercati extra nazionali. “Ciò che permette ad un’impresa di avere successo su di un qualsiasi mercato, sia interno che estero, è l’avere un vantaggio comparato nei suoi prodotti o servizi – ha spiegato Ottaviano – Sia che si tratti di superiorità tecnologica o produttiva o del marketing, il successo è dato dall’avere qualche cosa in più degli altri”. Al di là delle dimensioni, quindi, la qualità è ciò che rende un’impresa vincente. Questo però non aiuta molto visto che appare abbastanza ovvio; rimane infatti il quesito di come si possa ottenere la superiorità sulla concorrenza e quale modello industriale possa aiutare a raggiungere tale obiettivo.
Il professor Ottaviano ha affermato che “il miglior modo è quello di sviluppare la concorrenza. Se le imprese sono in lotta fra loro questo fa sì che siano sempre spronate a fare meglio. L’Italia, ma anche il resto dell’Europa sono carenti in questo senso visto che spesso mancano in liberalità. Le barriere all’entrata in molti settori sono piuttosto elevate e questo fa sì che le aziende di questi settori possano realizzare buoni profitti senza dare il meglio”. La mancanza di competizione, causata dalle carenze nella liberalizzazione è proprio materia attuale visto che il Governo ha varato alcune misure che intendono sopperire a tale mancanza. Il professore di Bologna ha assicurato che il problema non è solamente nostro e che difficilmente si potrà raggiungere il livello di apertura degli Stati Uniti in breve tempo.
Se le PMI sono quelle che aiutano maggiormente le esportazioni ciò non vuole però dire che la mancanza di grandi industrie è sinonimo di un commercio estero positivo. Il rapporto sottolinea che i grandi gruppi industriali non vanno aiutati più di tanto perché non necessitano di tali aiuti e questo è ovviamente un bene. The Happy Few non intende promuovere il modello italiano, ma semmai un modello fortemente concorrenziale.
Fonte:
News ITALIA PRESS