Le banche popolari più grandi si trasformeranno in società per azioni
28/01/2016
Secondo Assopopolari, la riforma mette a rischio 20 mila posti di lavoro nell'arco di soli due anni
28 gennaio 2015
03:00 – Le banche popolari con attivi superiori agli otto miliardi hanno a disposizione 18 mesi di tempo. Entro l'estate del 2016, secondo quanto previsto dal decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri, dovranno trasformarsi infatti in società per azioni: una riforma che non tutti condividono (per l'Associazione fra le Banche popolari, ad esempio, avrà un impatto negativo sull'economia) e che nelle prossime settimane dovrà passare all'esame del Parlamento.
Come spiegato nell'articolo 1, la riforma non coinvolgerà le banche cooperative e le popolari di piccole dimensioni, ma riguarderà esclusivamente gli istituti con attivi superiori agli otto miliardi di euro e che in Italia sono una decina.
Si tratta quindi di un numero molto ristretto se confrontato con la totalità delle Banche popolari sparse sul territorio italiano (70 istituti con 9.248 sportelli e 1,34 milioni di soci) e che, oltre ad impiegare 81.700 addetti, producono attivi per 450 miliardi di euro e solo nel 2014 hanno erogato 148 miliardi di prestiti alle imprese contro una media del sistema bancario del 33%.
Dovranno trasformarsi così in società per azioni entro il luglio del 2016, il Banco Popolare, Ubi Banca, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banca popolare di Sondrio, Credito Valtellinese, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio e la Banca Popolare di Bari.
Il governo intende metter mano al Testo Unico Bancario che disciplina le attività degli istituti di credito e secondo cui le Banche popolari devono essere costituite in forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata. Diversamente da quanto accade nelle società per azioni, ogni socio ha diritto ad un voto indipendentemente dal numero di azioni possedute: il cosiddetto “voto capitario” e che l'esecutivo intende di fatto abolire. Inciso: i soci delle banche popolari non possono in nessun caso detenere una quota superiore all'1% del capitale.
Lo scopo, spiega il governo, è migliorare la gestione dei maggiori istituti popolari. Dove, ad esempio, per prendere le decisioni più importanti (come un cambio ai vertici societari) è necessario ottenere il consenso della metà dei soci più uno. Un compito relativamente semplice in banche di piccole dimensioni, ma teoricamente arduo in quegli istituti che vantano migliaia di soci: il Gruppo Ubi Banca, tanto per citarne uno di quelli coinvolti nella riforma, ne conta 78.614 su un totale di 155.000 azionisti.
Convertendo le banche popolari in Spa, invece, scalare i vertici societari sarà più semplice: basterà acquistare i titoli sul mercato azionario.
Tuttavia non tutti credono che la via scelta sia quella giusta. Anche all'interno del governo, infatti, c'è chi (si veda il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi) chiede di apportare qualche modifica al decreto legge, che in quanto tale dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale altrimenti perderà la sua efficacia.
Posizione condivisa dall'Associazione fra le Banche popolari (Assopopolari), secondo cui la riforma – così come è stata approvata dal Consiglio dei ministri – potrebbe comportare “un progressivo trasferimento” della proprietà di una parte del sistema bancario italiano ai grandi istituti di credito internazionali. Con effetti negativi sul fronte occupazionale (i tagli imposti ai costi del personale, necessari per ottenere una maggiore redditività, metterebbero a rischio 20 mila posti di lavoro nell'arco di soli due anni) e creditizio: una volta trasformatesi in società per azioni, secondo alcuni analisti, le banche concederebbero i prestiti con maggiore 'cautela' (i crediti, osserva Assopopolari, subirebbero un calo di 80 miliardi di cui 25 per le famiglie e 55 per le imprese). Determinando, non da ultimo, una contrazione pari a 3 punti percentuali del Prodotto interno lordo (PIL).
Fonte: Tgcom24 > Economia > Le banche popolari più grandi si trasformeranno in società per azioni
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