Le addizionali locali «si mangiano» gli sconti Irpef

09/01/2009

In molte città, la Finanziaria 2007 farà crescere le richieste del Fisco sui redditi, anche per quei contribuenti che la stessa manovra intendeva “premiare”.

Oltre a ridisegnare le curve del prelievo, infatti, il Governo ha sbloccato le addizionali locali, ferme dal 2002, e molte Giunte regionali e comunali non hanno tardato a ritoccare la leva fiscale per rimettere a posto i conti e cercare di rispettare il Patto di stabilità interno.

Le scelte locali, di conseguenza, rischiano di travolgere l’assetto dell’Irpef disegnato dal Governo, riducendo drasticamente gli sgravi e arrivando anche a far pagare più dell’anno scorso quei contribuenti che le nuove aliquote dovrebbero avvantaggiare, cioè i redditi medio-bassi. Per gli altri, gli aumenti stabiliti da Comuni e Regioni non fanno che aggiungersi ai rincari generali sanciti a livello nazionale.

Il frutto di questo valzer del prelievo è illustrato in dettaglio nella tabella a destra, che fa i conti in tasca a un lavoratore dipendente senza familiari a carico. I risultati più pesanti colpiscono i contribuenti bolognesi: per un reddito di 20mila euro, lo sconto di 75 euro l’anno deciso a Roma si trasforma in un rincaro di 65, e se il reddito arriva a 40mila euro il saldo quasi “neutro” stabilito a livello nazionale diventa sul territorio un conto di 348 euro.

Gli alleggerimenti “teorici” diventano nel concreto maggiore prelievo anche a Roma, mentre a Torino l’intervento locale si limita ad attenuare (in qualche caso fino a farlo praticamente scomparire) lo sconto sancito dal Governo.

Bologna mostra ai propri contribuenti i numeri peggiori perché lì il conto 2007 è figlio di un doppio intervento locale. Le scelte della Giunta guidata da Sergio Cofferati, che nei giorni scorsi ha licenziato un bilancio 2007 che porta l’aliquota comunale dallo 0,4% allo 0,7%, si accompagnano a quelle della Regione, dove il Governatore Vasco Errani ha ritoccato l’aliquota per trovare 200 milioni da destinare al fondo per la non autosufficienza e al contenimento del disavanzo sanitario. Finalità per le quali l’aliquota dello 0,9% in vigore nel 2006 non era più sufficiente, e che richiedevano il nuovo prelievo (dall’1,1% all’1,4%) articolato per scaglioni di reddito.

I romani, invece, dovranno cercare le ragioni degli aumenti solo al Campidoglio, dove la giunta Veltroni ha portato l’aliquota dallo 0,2% allo 0,5% (introducendo però anche un alleggerimento sull’Ici per la prima casa, che passa dal 4,9 al 4,7 per mille). In Regione, del resto, non potevano fare molto, perché a causa del deficit nella spesa sanitaria l’addizionale era già schizzata l’anno scorso al livello massimo stabilito dalla legge.

Se la Giunta di Piero Marrazzo non saprà mettere un freno ai conti della sanità, però, già nei prossimi mesi anche l’Erario regionale sarà costretto a dimenticarsi dei tetti nazionali, e ad alzare di nuovo le proprie richieste, come previsto dalla Finanziaria.

Anche a Torino, il padre degli aumenti è solo il Comune che, anche a causa dei mutui contratti negli scorsi anni, è uno dei più colpiti dal Patto di stabilità 2007. Anche per centrare i nuovi obiettivi del Patto, la Giunta Chiamparino ha annunciato l’intenzione di ritoccare l’aliquota comunale sui redditi, portandola allo 0,5% dall’attuale 0,3 per cento.

L’esempio che viene da questi capoluoghi potrebbe trovare molti seguaci nelle città medie (Reggio Emilia e Pistoia, ad esempio, hanno annunciato politiche analoghe) e nei piccoli Comuni. E visto che l’aliquota media applicata nel 2006 si aggirava poco sopra lo 0,2%, mentre la Finanziaria apre ai Comuni la strada fino allo 0,8%, ai sindaci non manca lo spazio per rivoluzionare il prelievo sui redditi.

Fonte:
Il Sole 24 Ore
Gianni Trovati