La voglia di crescere porterà le nostre imprese lontano
02/08/2010
di Domenico Calabria
La qualità e il buon gusto sono i nostri punti di forza; le limitate dimensioni, invece, il nostro limite. Ma per Paolo Zegna abbiamo tutte le carte in regola per vincere, affermandoci sui mercati emergenti e crescendo su quelli già consolidati
Il futuro è ad Est. Ne è convinto Paolo Zegna, Vice Presidente di Confindustria per l’Internazionalizzazione.Con lui abbiamo parlato della recente missione di sistema in Cina a cui ha preso parte, ma anche delle prospettive che la globalizzazione offre alle nostre imprese.
Dottor Zegna, Lei è da poco tornato dalla Cina, un mercato che conosce molto bene in quanto vi opera fin dall’inizio degli anni Ottanta. Come si presenta, oggi, la Cina?
Onestamente, devo dire che la Cina è in costante mutamento, e, a soli 15 mesi di distanza dalla mia ultima visita, mi sono trovato di fronte ad un Paese ulteriormente trasformato. Per troppi di noi Italiani, la Cina è ancora il Paese delle imitazioni, quello che ci "ruba le idee" e, di conseguenza gli affari; oppure, molti ancora guardano alla Cina concentrandosi sugli effetti negativi che le sue aziende hanno avuto sulle nostre per tutto ciò che riguarda il "basso di gamma", dove noi non siamo più competitivi.
In verità, però, oggi ci troviamo di fronte ad una Cina che punta soprattutto a sviluppare il proprio mercato interno, per elevare il livello dei consumi e della vita di centinaia di milioni di cinesi. I cinesi non mirano più solo a produrre per vendere a basso prezzo al di fuori dei loro confini: vogliono accrescere la qualità di quello che producono, mirando in modo specifico a soddisfare un mercato interno dalle enormi potenzialità, ma allo stesso tempo sempre più esigente. Per questo il Paese è sempre più intenzionato a cercare collaborazioni, a creare partnership.
E in questo senso le aziende italiane possono avere un ruolo importante sia vendendo i propri prodotti che cercando altri modi per cogliere, assieme ai cinesi, le grandi opportunità che vengono offerte.
Anche le aziende di piccole e medie dimensioni possono, a Suo parere, guardare alla Cina?
Senza dubbio! Troppo spesso le nostre imprese si tirano indietro a causa delle loro limitate dimensioni: questo è vero, ma le cose non si risolvono schivando il problema, bensì ponendo un rimedio al problema stesso. Se sei piccolo, ma non vuoi perdere delle opportunità (in Cina come altrove), devi studiare il modo per superare le limitazioni che hai di fronte: unire le forze con altri, lavorare in maniera unitaria e con finalità condivise, per esempio attraverso delle reti d’impresa. In tal senso, significativo è l’esempio dell’Associazione GIM-Unimpresa, che unisce le imprese italiane che operano nel territorio della Federazione Russa, e ne promuove le iniziative, proponendosi come punto di riferimento per gli investitori e per gli operatori italiani. Sarà un modo di dire forse scontato, ma è sempre l’unione a fare la forza. Bisogna innanzi tutto decidere di aprirsi: fatto questo, sono convinto che il modo per farlo si possa – e si debba – trovare.
A tutela delle produzioni italiane più "di nicchia", Confindustria ha di recente presentato un progetto internamente denominato "Stilnovo", una sorta di "format contenitore" per il Made in Italy realizzato dalle piccole e medie imprese. Ce ne può parlare?
Si tratta di un nuovo progetto che abbiamo presentato anche durante la missione in Cina. L’idea è di creare, in alcuni importanti Paesi esteri particolarmente attratti dal Made in Italy, un "pacchetto di prodotti di consumo" da offrire ad imprenditori/distributori locali che sposino il nostro desiderio di aprire il loro mercato dell’esportazione anche alle piccole e medie aziende.
Queste infatti, anche se meno conosciute rispetto ai grandi marchi italiani, propongono validissime proposte nei settori tradizionalmente per noi forti, quali la moda, il design, le calzature, gli accessori in pelle, l’arredamento, l’agroalimentare. Il nostro auspicio è di riuscire ad aprire i primi canali distributivi già nell’inverno del 2012.
Oltre alla Cina, quali sono gli altri mercati in cui le nostre imprese dovrebbero farsi avanti?
In generale, quelli cosiddetti emergenti: penso alla Russia e all’India, dove si sta formando sempre più una classe medio-alta interessata alla nostra eccellenza produttiva. La recente missione del Presidente del Consiglio Berlusconi in Brasile ha ancora una volta confermato che anche questo Paese, sempre più orientato ad una crescita in termini globali, offre enormi opportunità alle nostre imprese. Un domani si potrà guardare alla stessa Africa, partendo dal Sud Africa: il recente Forum svoltosi a Roma e organizzato da Simest, ha fornito l’ennesima conferma del fatto che nel continente africano si gioca la grande sfida per il futuro.
Attenzione, però: questo format potrebbe funzionare benissimo anche nei Paesi nostri clienti tradizionali, magari al di fuori delle grandi capitali in cui il Made in Italy è già molto presente: penso alla provincia americana, ma anche ad alcune città minori del Giappone. Penso all’Australia, al Canada.
In giro per il mondo sento ancora tanta voglia di Made in Italy: di qualità, di innovazione, di buon gusto italiano. A noi spetta la responsabilità di portarglielo in modo organizzato.
Fonte:
Italplanet