La rivolta dei consumatori. “In piazza contro il caro-vita”

09/01/2009

ROMA – La spesa quotidiana è sempre più cara: tra il 2002 e il 2007 gli aumenti di prezzi e tariffe sono costati ad ogni famiglia più di mille euro all’anno, 7.635 euro in tutto. Sono i calcoli delle associazioni dei consumatori che chiedono “senza tentennamenti, norme che ridiano potere d’acquisto a chi vive di reddito fisso”.

Secondo Adusbef e Federconsumatori, negli ultimi sei anni “diciotto milioni di famiglie italiane hanno subito una “rapina” di 137,4 miliardi di euro in tutti i settori della vita produttiva”, dai generi di largo consumo a quelli di prima necessità, dai servizi bancari a quelli assicurativi, dalla benzina al gas, dai trasporti pubblici alle tariffe ferroviarie. Il 2002 è stato l’anno più pesante, quello del passaggio alla moneta unica, con rincari per 1.870 euro a famiglia, sostengono da tempo le associazioni.

Ora anche i nuovi calcoli dell’Istat, che ha registrato un aumento del 4,8% per i prezzi dei prodotti “ad alta frequenza di acquisto”, fanno partire dal 2002 l’impennata dei beni acquistati tutti i giorni. Per questo i consumatori sono tornati alla carica e dopo lo sciopero della spesa degli anni passati sono pronti a scendere di nuovo in piazza. Il Codacons ha minacciato di manifestare contro gli aumenti della benzina che su alcune autostrade è arrivata a prezzi molto più alti di quelli consigliati dalle compagnie: 1,435 euro al litro, oltre 30 centesimi in più rispetto al “prezzo di listino”.

L’Adusbef manifesterà il 5 aprile davanti alla sede della Banca d’Italia e anche la Federconsumatori sta pensando a “un’iniziativa pubblica per chiedere interventi immediati contro il caro-vita”, dice il presidente Rosario Trefiletti. La prima occasione utile potrebbe essere il 15 marzo, la giornata europea del consumatore: l’Adiconsum sta organizzando per quella data una manifestazione davanti a un centro commerciale per chiedere a tutti gli schieramenti che si impegnino ad aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.

Sono proprio gli anziani e le coppie con più figli, quelli che soffrono di più a causa dell’inflazione sugli acquisti quotidiani, perché destinano agli alimentari il 22% della spesa. Ma se i prezzi crescono molto, le famiglie comprano di meno. Lo dimostrano i dati sui consumi agroalimentari, diminuiti nel 2007 dell’1,3%. Un calo che si fa sentire anche nelle tasche dei commercianti che però respingono le accuse di aumenti ingiustificati: siamo in un contesto di stagnazione dei consumi e i dati del ministero dello Sviluppo economico ci dicono che diminuisce il numero dei piccoli fruttivendoli, dei piccoli negozi di elettrodomestici e dei venditori di pane e cereali, spiega Mariano Bella, responsabile del centro studi di Confcommercio: “In 10 anni ci sono state 900 mila chiusure: non si può affermare che i commercianti aumentano i prezzi”.

Per rilanciare i consumi, secondo Bella, serve una riduzione strutturale della pressione fiscale per tutti, non solo in chiave di redistribuzione e la modernizzazione delle infrastrutture. Anche Maurizio Beretta, direttore generale di Confindustria, chiede riforme coraggiose contro i rincari: per avere prezzi più bassi, dice Beretta, serve “un sistema più moderno, incentrato su liberalizzazione, privatizzazione e concorrenza”.

Fonte:
La Repubblica