La rinascita dell’acciaio made in Italy
09/01/2009
I Lucchini ricomprano dai russi Sidermeccanica; Riva vara un maxi piano di investimenti per 500 milioni; il gruppo Duferco continua nella sua espansione. L’Italia si conferma secondo produttore europeo e cresce più della Germania
MASSIMO MINELLA
Avevano detto che era maturo, anche troppo, e che la sua produzione si sarebbe inesorabilmente trasferita in Oriente. Avevano anche detto che l’acciaio non rendeva più come un tempo, garantiva pochi margini e non era nemmeno più strategico per un Paese che doveva soprattutto puntare su produzioni “leggere”. Oggi, a una decina d’anni di distanza da quelle incaute previsioni, si può toccare con mano come l’acciaio tricolore, ormai tutto privato, goda di ottima salute, grazie principalmente a un’imprenditoria che non ha perso di vista la sua valenza “familiare”, pur strutturandosi in complessi gruppi industriali.
L’elenco è lungo, da Riva a Bolfo, da Arvedi a Marcegaglia, da Lucchini a Malacalza, tutti nomi in grado di tenere testa all’avanzata russa e asiatica. Ma ancor più delle parole contano i numeri. E questi dicono che l’Italia, nel 2005, si è confermata il secondo produttore di acciaio dell’Unione Europea, dietro alla Germania, continuando a crescere rispetto all’anno precedente (più 2,2,%), in controtendenza con la flessione di tutti gli altri. Sul piatto restano oltre 29 milioni di tonnellate di acciaio, nonostante questo settore che traina di fatto l’economia italiana debba fare i conti secondo l’analisi dell’associazione che riunisce gli operatori italiani, Federacciai con aumenti mensili nei settori dell’energia elettrica, del gas e dell’acqua dell’1,4%.
Sembrano insomma esistere, per il settore, nuovi margini di crescita. Non sorprendono, allora, né i grandi ritorni, come quello della famiglia Lucchini che ha recentemente riacquistato dai russi di Severstal la Sidermeccanica, né i sostanziosi investimenti, come quello dell’Ilva (famiglia Riva) che per potenziare l’area “a freddo” di GenovaCornigliano sta mettendo mano a un piano di interventi finanziari di oltre 500 milioni di euro. E l’elenco potrebbe continuare, focalizzandosi ad esempio sulla crescita costante di un gruppo come Duferco, realtà che è riduttivo intendere come italiana, visto che ha dimensioni e numeri “europei”, o ancora su Trametal, di proprietà della famiglia Malacalza, che ha saputo legare a sé in un solido patto (d’acciaio) uno dei principali produttori del mondo, la cinese Baosteel.
L’operazione più recente, una sorta di paradigma della “voglia italiana” di acciaio di fronte all’avanzata dell’Est, resta la decisione della famiglia bresciana Lucchini di ricomprarsi per 215 milioni la Sidermeccanica. Il verdetto preso dal consiglio della Lucchini (70% Severstal, 30% famiglia Lucchini) non lascia dubbi, l’offerta vincente è quella della Sinpar, di proprietà dei Lucchini, che ha messo sul tavolo 215 milioni per assicurarsi una società che opera nel settore dei sistemi ferroviari (assali, ruote e altri componenti ferroviari), dei getti e dei fucinati di grandi dimensioni, come unico produttore italiano di materiale rotabile ferroviario.
Uguale attenzione al mercato italiano arriva anche dal gruppo Duferco che ha recentemente reso noti i suoi dati di bilancio 2006 che, a livello di gruppo, superano complessivamente gli 8 miliardi e mezzo di dollari, con un utile netto di 533 milioni. Presente in 37 paesi, con impianti produttivi in Italia, Belgio, Francia, Stati Uniti, Russia, Macedonia, Sud Africa, Guatemala, Ucraina e Ungheria, Duferco nasce dallo spirito imprenditoriale di una sola persona, Bruno Bolfo, che insieme a un gruppo di altri specialisti nel commercio di prodotti siderurgici fonda a New York e San Paolo del Brasile la Duferco.
Oggi al fianco del fondatore ci sono i suoi due nipoti, Antonio Gozzi e Massimo Bolfo, e il gruppo dà lavoro a circa diecimila persone, con una produzione di acciaio di oltre 6 milioni e mezzo di tonnellate e una commercializzazione di oltre 16 milioni di tonnellate di acciaio e materie prime. Centrale, in questa strategia di ampio respiro, restano le attività italiane, riunite sotto il controllo di Duferco Italia Holding, nata proprio con l’obiettivo di organizzare le partecipazioni italiane all’interno della propria area di business specifica, ma con al vertice un’unica direzione strategica. Sede a San Zeno Naviglio, nel Bresciano, Duferco Italia Holding è presieduta da Antonio Gozzi e impiega in Italia 1.100 dipendenti, con un fatturato di circa 900 milioni di euro.
E da qui, dal quartier generale bresciano, affiancato dalle sedi di Lugano e di Bruxelles, il gruppo guarda alle prossime sfide che, oltre al presidio del mercato domestico, puntano con sempre maggiore interesse verso il Mediterraneo e il Medio Oriente.
Fonte:
La Repubblica