La Francia dice «no» all’Europa

09/01/2009

Bocciata la Costituzione Ue con il 54,87% dei voti.
di Michele Calcaterra

La Francia ha detto nettamente «no» alla Costituzione europea, bocciandola con una maggioranza del 54,87%, contro il 45,13% di voti favorevoli (i risultati definitivi sono stati comunicati nella notte dal ministero dell’Interno). E’ chiaro, dunque, che quella letta ieri nell’Esagono è una pagina triste per l’Europa, perchè di fatto significa bloccare l’avanzamento dell’Ue, significa ritardare l’Europa politica e quindi tornare indietro ai tanto criticati Trattati.

Per questo, il presidente Jacques Chirac, in un intervento televisivo solenne alla nazione, a tarda sera, ha messo in chiaro che pur rispettando il voto democratico dei suoi “concittadini”, da ora in avanti sarà più difficile difendere gli interessi di Parigi a Bruxelles. Una ammissione del fatto che da ora in avanti la presenza della Francia in Europa sarà vista e giudicata in maniera differente dai suoi partner. Per questo è indispensabile, secondo l’ex Ministro dell’Economia, Dominique Strauss-Kahn, che l’asse franco-tedesco continui a funzionare e che la “macchina” europea non si arresti.

Difficile riuscire ad immaginare il futuro, perchè il no della Francia pesa come un macigno sulla costruzione dell’Europa e rappresenta di fatto un divorzio da Bruxelles e da una Costituzione giudicata troppo poco sociale e nello stesso tempo troppo liberale. Già: perchè i francesi, in questa occasione, hanno avuto paura di guardare in avanti. Hanno avuto paura che il modello europeo non corrispondesse a quello francese, basato sulla centralità dello Stato, sulle garanzie offerte dal sistema statale e i suoi servizi pubblici.

Sta di fatto che in Francia si è aperta ieri sera una crisi di politica interna grave. Tanto che il presidente Jacques Chirac ha detto che in settimana ci sarà un rimpasto di Governo in profondità, con la nomina di un nuovo primo ministro, e verranno fissati nuovi obiettivi di politica economico-sociale. I pretendenti all’Hotel de Matignon, in sostituzione di Jean-Pierre Raffarin, sono l’attuale Ministro degli Interni, Dominique de Villepin, quello della Difesa, Michele Alliot-Marie, ma senza dimenticare l’attuale presidente del partito di maggioranza governativa, l’Ump, Nicolas Sarkozy, che starebbe riprendendo quota. Un Nicolas Sarkozy che ieri sera ha parlato della necessità di una svolta nel Paese per combattere efficacemente contro la crisi economica e la disoccupazione.

Da monitorare da vicino è naturalmente anche l’evoluzione della situazione all’interno del partito socialista che ha consumato nella campagna referendaria la divisione tra il fronte del sì guidato dal segretario Francois Hollande e lo schieramente del no capitanato da Laurent Fabius. Una divisione che spiega, sostanzialmente, la netta vittoria degli antieuropei al voto di ieri. Ebbene, bisognerà vedere nei prossimi giorni se il Ps si ricompatterà o se avanzerà a rapidi passi verso una scissione.

La lezione comunque che si ricava dal risultato del voto è che il referendum non ha risposto al quesito posto, ma all’uomo. Ha infatti sanzionato nuovamente (dopo le sconfitte della destra-repubblicana alle regionali e alle europee dello scorso anno) il presidente e il Governo. E’ stato dunque un plebiscito contro il diffuso malessere sociale che si respira nel Paese, un voto di protesta per voltare pagina. Senza capire, però, che la sanzione sarebbe stata amplificata su scala europea.

Come a dire che la strada dell’Ue è da ieri sera in salita. E che in Francia ha vinto l’ala più conservatrice, nazionalista e populista del Paese. Quella che preferisce erigere delle barriere protezionistiche, piuttosto che progredire e accettare le regole del mercato.

IL Sole 24 Ore
30/05/2005