La Fed pronta a frenare

09/01/2009

La Fed teme i rischi di un aumento delle pressioni inflazionistiche da caro-petrolio. Gli analisti prevedono una «stretta» a fine mese. Trichet prospetta un recupero graduale dell’Eurozona.

Il presidente della Federal Reserve Alan Greenspan ha sorpreso ieri i mercati con il linguaggio più risoluto da vari anni a questa parte nel sottolineare i rischi di un aumento delle pressioni inflazionistiche – legato ai rincari del petrolio – e nell’indicare la volontà della Banca centrale Usa di contrastarle con determinazione. Gli analisti hanno interpretato le sue parole anzitutto come la conferma definitiva che la Fed inizierà ad alzare i tassi a fine mese, e in secondo luogo come un avvertimento che la manovra potrebbe essere rafforzata e accelerata con successivi rialzi in tempi e modi più aggressivi di quanto sia generalmente ipotizzato oggi.

Il dollaro, che era sceso fino a 1,2351 per un euro – massimo da due mesi – è quindi ritornato sui suoi passi a 1,2248.
Non che Greenspan abbia esplicitamente suggerito che il rialzo di fine giugno possa essere di 50 punti base anziché dei 25 che sono previsti dal consensus degli analisti: tuttavia è parso chiaro che la Fed si riserva ampi margini di flessibilità. Immediata la reazione da parte dei titoli del Tesoro Usa, che hanno perso terreno – soprattutto i biennali – proprio per la possibilità di attivazione di un ciclo più aggressivo di stretta monetaria, mentre il dollaro ha guadagnato terreno: era sceso fino a 1,2351 per un euro – minimo da due mesi – è quindi ritornato sui suoi passi a 1,2248, e secondo vari osservatori dovrebbe continuare a rafforzarsi nei prossimi giorni.

Tra l’altro, ieri la Banca centrale canadese ha lasciato inalterati i tassi ed è parsa meno preoccupata di Greenspan, sostenendo che la sua visione sulla crescita economica e l’inflazione resta «essenzialmente immutata» rispetto ad aprile benché riconosca che i rincari del greggio avranno effetti sull’inflazione.
«Greenspan ha gettato una doccia fredda sulla speculazione nel mercato obbligazionario, la quale scommetteva su una stretta della Fed troppo lenta che consentisse all’inflazione di tornare a essere un reale fattore nell’economia» ha detto Paul Calvetti di Barclays Capital.

Il messaggio di Greenspan è stato inviato in teleconferenza all’International Monetary Conference a Londra e il suo passaggio-chiave sta nell’esplicita affermazione della possibilità che il giudizio corrente della Fed sull’evoluzione dell’economia e dell’inflazione potrebbe rivelarsi errato, e quindi richiedere «quanto è necessario» per mantenere la stabilità dei prezzi. In particolare, «la persistenza del rialzo dei prezzi dell’energia costituisce un elemento di preoccupazione nello scenario dei costi» delle aziende, la cui forte ripresa dei profitti e delle assunzioni di personale ha evidenziato «il ritorno di un significativa capacità di alzare i prezzi». «Le più alte quotazioni del petrolio, se persisteranno, dovrebbero spingere i prezzi al consumo e il livello complessivo dei prezzi in questo Paese», ha sottolineato Greenspan augurandosi una inversione del trend.

Il presidente della Fed, infine, ha detto di attendersi che la ripresa dell’economia aiuterà a ridurre nel prossimo anno o biennio il deficit federale, che continua a preoccuparlo sul lungo termine, e ha avvertito che l’eventuale ritorno di tendenze protezionistiche a livello internazionale stimolerebbe l’inflazione. Ieri anche il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, intervenuto alla conferenza monetaria di Londra, ha affermato che i dati recenti confermano un graduale recupero economico nell’Eurozona e dicendosi fiducioso che nel 2005 l’inflazione resterà sotto il 2 per cento.

Il Sole 24Ore
Stefano Carrer
9 giugno 2004