Italia batte Inghilterra con l’euro
18/12/2008
Prima sorpresa: gli italiani sono più ricchi degli inglesi. Seconda sorpresa: l’Italia diventa la sesta potenza economica del mondo, dopo Usa, Giappone, Germania, Cina e Francia. Sembra assurdo, in un momento in cui i magazzini delle aziende si riempiono di merce invenduta e la gente parla soltanto di guai in arrivo; ma è così. Se la classifica si compila con i cambi di mercato, la discesa della sterlina ha prodotto questo effetto curioso: un sorpasso all’indietro. Noi arretriamo, ma la Gran Bretagna arretra di più. E’ accaduto proprio ieri.
Nelle rilevazioni della Bce, martedì l’euro valeva 0,89360 sterline, mercoledì è salito a 0,91855. Appicando questo cambio, il prodotto lordo dell’Italia nel 2007 (ultimo dato certo) è un pochettino più alto, lo 0,7% in più, rispetto a quello britannico. Se come pare il calo della sterlina continuerà, il divario non potrà che farsi più sensibile. Già da qualche tempo il Regno Unito – notavano i giornali inglesi – era scivolato dietro la Francia. Non è da ieri invece, ma da qualche settimana, che siamo individualmente più ricchi (in media) dei sudditi della regina Elisabetta II. Diviso per il numero degli abitanti, il prodotto lordo del Regno Unito è stato nel 2007 di circa 23.000 sterline. Quello italiano invece era di 25.900 euro.
Al cambio di ieri, ventitremila pounds fanno poco più di venticinquemila euro: il distacco è già ampio e a fine 2008, con ogni probabilità, si confermerà. Per sapere se è vero che siamo più ricchi, non c’è che da andare a controllare stipendi e prezzi a Londra, a Glasgow o a Liverpool. Può darsi che il sorpasso sia una illusione, se a questo livello di cambio il costo della vita lì è inferiore al nostro. Un rapido controllo sui listini di una merce uguale in tutto il mondo, come i mobili Ikea, fa sospettare l’illusione. Al momento i prezzi di un divano in Gran Bretagna sono, come media su 10 diversi modelli, inferiori di circa il 20% ai nostri. Stesso discorso per un hamburger Big Mac da McDonald’s. Poi c’è la solita faccenda del pollo di Trilussa, ovvero della distribuzione dei redditi. Al contrario di quanto ci si aspetterebbe, la differenza tra ricchi e poveri, secondo l’Ocse, è più stridente in Italia che nella Gran Bretagna dove ai lussi della capitale, e alle ricche mansions di campagna, si contrappongono i ghetti di immigrati dell’East End di Londra e di Manchester. Comune ai due Paesi, peraltro, è una caratteristica comune sgradevole, la scarsa mobilità sociale: è più probabile, rispetto ad altre nazioni europee, che i figli di ricchi restino ricchi e che i figli dei poveri restino poveri.
In tutto questo, dovè finito il sorpasso della Spagna sull’Italia, sul quale a Madrid si è tanto insistito, anche di recente? C’è o non c’è, anche questo, a seconda che si consideri il livello dei prezzi o no. Usando le stesse cifre Eurostat di prima, il prodotto lordo per persona della Spagna è ancora inferiore a quello dell’Italia, nella misura del 9-10%. Però, siccome il costo della vita per le famiglie, espresso in euro in Spagna come da noi, secondo le statistiche ufficiali risulta inferiore del 15%, gli spagnoli si vantano di essere più ricchi di noi. Facendo tutte le somme in Europa, i guai attuali della Gran Bretagna, schiacciata dalla fatica di salvare le sue grandi banche, non cambiano gran che il quadro generale. L’Italia resta in declino relativo, con la crescita dell’economia troppo fiacca da un quindicennio e rallentata ancora dal 2001 in poi.
Già negli anni ‘80 avevamo sperato di sorpassare gli inglesi. Ma il nostro tenore di vita, un tempo vicino a quello della Francia, adesso è pari alla media dei 27 Paesi dell’Unione. Magra consolazione, non riuscirà a superarci la Grecia, che nella attuale crisi è in difficoltà più di noi. Tra le potenze economiche del mondo, se ora siamo risaliti al sesto posto nella graduatoria per prodotto lordo ai cambi di mercato, siamo solo decimi in quella che tiene conto del livello dei prezzi interni. Ci scavalcano per dimensioni potenziali l’India, la Russia e il Brasile. In qualsiasi modo si esca dalla attuale crisi, saranno i Paesi emergenti ad andare avanti; mentre il cambio sterlina-euro chissà quali altre sorprese ci darà.
Fonte:
La Stampa