Investire in Brasile: tassazione leggera ma attenzione al fattore cambio
09/01/2013
Con un Pil nominale di 2,1 mila miliardi di dollari e circa 12 mila dollari pro-capite, il Brasile è la sesta economia del pianeta, davanti all’Italia, sebbene negli ultimi anni la crescita abbia subito un rallentamento, tanto da risultare di appena lo 0,7% medio nel periodo gennaio-settembre 2012. Nonostante questo rallentamento del ritmo di crescita molti italiani che continuano a investire in Brasile (Investire in Brasile con le obbligazioni World Bank 10%).
Investimenti in Brasile: i punti di forza della giovane economia sudamericana
Tuttavia, lo sviluppo del Paese è visibile e le potenzialità enormi. Di recente, a ottobre, il governo italiano ha firmato con Brasilia un accordo per evitare la doppia tassazione sui redditi dei cittadini italiani che investono nello stato sudamericano. La forte stabilità politica, unitamente a un clima sereno interno, alla rapida crescita dell’economia e a un’inflazione sotto controllo fanno del Brasile una delle mete più importanti su cui investire.
Si calcola che nel Paese vi sia un deficit di 7,9 milioni di abitazioni, mentre altri 1,4 milioni all’anno sono da soddisfare con nuove costruzioni. Questo rappresenta un potenziale d’investimento enorme per un italiano che voglia puntare i propri soldi su un immobile brasiliano. Infatti, grazie anche all’abbassamento dei tassi, i finanziamenti bancari di mutui per l’acquisto di una casa dovrebbero passare da una media del 2% del pil carioca degli anni scorsi al 12% del 2014. E milioni di giovani brasiliani si sposteranno alla ricerca di un lavoro nei grossi centri urbani, dando vita a un fabbisogno ben più alto di quello odierno. Tutto questo significa solo una cosa: i prezzi delle case in Brasile sono destinati ad aumentare, specie nelle grandi città in via di sviluppo. Si comprano oggi anche a pochi spiccioli e si vendono dopo pochi mesi a prezzi più alti. In un lasso di tempo di cinque anni non è raro potere rivendere un immobile a un valore triplo di quello di acquisto. Nel frattempo, un appartamento rende mediamente il 4-5% all’anno, mentre un immobile commerciale anche il 6%.
Come fare per comprare casa in Brasile
Ricordiamo che per acquistare un immobile in Brasile bisogna possedere il codice fiscale brasiliano, che si può facilmente ottenere anche facendo richiesta dall’Italia.
Stesso discorso per i terreni edificabili, che assicurano rendimenti a dir poco inimmaginabili nel nostro Paese. A Porto das Dunas, ad esempio, un lotto di fronte al mare può costare dai 100 ai 600 reais, qualcosa come 37-220 euro circa al metro quadrato. Il rendimento si aggira sull’8% annuo.
Ovviamente, anche gli acquisti immobiliari in questo Paese sono soggetti al pagamento di alcune imposte. Il loro costo incide per il 6% del prezzo dichiarato. Il 3% se ne va per il pagamento dell’ITIV (l’IVA brasiliana), l’1,25% del valore dichiarato va al notaio, lo 0,75% per la voltura e l’1% per le spese amministrative.
In realtà, il conto da saldare con il fisco brasiliano non è finito. Brasilia applica un’imposta sui guadagni in conto capitale, come nel caso in cui si vende un immobile a un prezzo superiore a quello di acquisto. E non basta dichiarare un valore più basso per sfuggire alle tasse, in quanto il guadagno è registrato quale differenza tra il valore di cambio in ingresso nel Paese presso la Banca Centrale e quello (più alto) in uscita per l’espatrio. Su questa differenza si applica una ritenuta del 15%, a cui si sommano in qualità di imponibile anche gli utili dichiaranti proventi dell’investimento.
Anche in Brasile, poi, esiste ciò che da noi si chiama IMU. Essa varia mediamente dai 50 ai 200 euro all’anno, a seconda che si tratti di un’abitazione, di un immobile commerciale o di una villa.
Tuttavia, è esente dal pagamento delle tasse e dalla stessa dichiarazione degli immobili il proprietario che presenta reddito nell’anno inferiore ai 16.473 reais o beni per meno di 80 mila reais. Al di sopra dei suddetti 16.473 reais, il dichiarante pagherà un’imposta progressiva dal 15% al 27,5%, dipendente dall’entità del reddito.
Gli stabilimenti italiani in Brasile sono circa 730 e impiegano 150 mila lavoratori. Le imprese italiane sono attratte dal costo della manodopera relativamente basso e da una serie di incentivi fiscali, che variano in molti casi di stato in stato (si pensi alla riduzione o annullamento dell’Imposta sulla Produzione Industriale, di cui ha beneficiato e continua in parte a beneficiare Fiat). Il carico fiscale medio può arrivare fino al 34%, sensibilmente più basso che in Italia. Si parte da un’aliquota di base del 15%, oltre a un 10% versato al di sopra dei 20 mila reais circa, a cui si aggiunge un contributo sociale del 9% per tutti.
Obbligazioni Brasile: le opportunità del mercato
Per coloro che, invece, volessero puntare sugli investimenti a reddito fisso, si prospettano due tipi di riferimenti temporali: i bond fino a due anni e i bond con scadenza superiore ai due anni. I primi sono soggetti all’Imposta sulle Operazioni Finanziarie del 6%, da cui sono escluse le obbligazioni superiori a due anni. In ogni caso, invece, bisogna applicare la ritenuta del 15% sugli interessi corrisposti dall’emittente.
Lo scorso anno, poi, il governo brasiliano ha imposto alle società che le loro emissioni di durata superiore ai 4 anni vengano indicizzate all’indice dei prezzi (IPCA) o al tasso di riferimento. Quest’ultimo è stato fissato negli anni Novanta e si basa sulla media dei tassi di 30 istituzioni bancarie internazionali. In questo modo, il governo intende incoraggiare gli investimenti di lungo periodo, scoraggiando al contempo l’afflusso speculativo di valuta straniera di breve termine, che ha determinato l’apprezzamento del real del 40% dal 2008 ad oggi. Infatti, un paio di anni fa è stata innalzata l’aliquota sui bond fino a due anni dal 5,38% al 6%.
Tuttavia, lo scarso risultato conseguito (il real si è rafforzato nel corso del 2012) e la guerra commerciale con l’Argentina lasciano intravedere una politica di svalutazione della moneta contro il dollaro, in modo da rilanciare le esportazioni ed evitare che affluisca eccessiva valuta estera nel Paese. Questo dovrebbe consigliare prudenza a quanti vorranno lanciarsi nel mercato a reddito fisso, perché la svalutazione a cui potenzialmente potrebbe essere soggetto la valuta brasiliana potrebbe annullare in tutto o in parte il rendimento offerto dalle obbligazioni carioca, una volta rimpatriato l’investimento. O peggio, divorare parte del capitale, anche se non ci si attende una mossa molto aggressiva di politica monetaria.
Borsa brasiliana: le azioni più appetibili
Al contrario, la solidità finanziaria del Paese (debito pubblico al 37% del pil), insieme a prospettive in crescita per le sue società quotate, stanno determinando una convenienza all’investimento nei titoli azionari carioca.
Tra tutti, spiccano i fondi iShares MSCI Brazil Index Etf, che detiene 70 titoli finanziari, di materie prime ed energetici. Il dividendo è del 2,85% e le possibilità di plusvalenze nel lungo termine sono notevoli. Al contrario, il Market Vectors Brazil Small Cap è un fondo d’investimento incentrato sulle società a più bassa capitalizzazione, che gestisce un patrimonio di 467 milioni di dollari e che distribuisce un dividendo del 2,76%. Trattandosi di titoli di società di largo consumo, anche in questo caso le potenzialità di lucrare grosse plusvalenze nel tempo sono piuttosto ampie, specie dati i bassi valori attuali delle azioni quotate.
Fonte:
INVESTIREOGGI