Intesa, il private va oltre confine “La prima tappa è San Paolo”
14/05/2018
La Repubblica.it | Finanza & Mercato
Intesa, il private va oltre confine “La prima tappa è San Paolo”
Luca Piana
All’incontro nei nuovi uffici di via Montebello, a Milano, Paolo Molesini arriva in bicicletta da un altro appuntamento. Veneziano «di canale», come ci tiene a precisare, 60 anni, è stato da poco confermato nel ruolo di amministratore delegato di Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking, la rete dei private banker del colosso milanese. È reduce da un periodo di crescita a tappe forzate, che ha portato i patrimoni amministrati dai 160 miliardi del 2014 ai 213,8 di fine marzo. Ora però l’asticella è stata alzata ancora più in alto, con l’obiettivo di raccogliere un flusso netto di risparmio di altri 54 miliardi entro il 2021. Una sfida a livello anche internazionale, che Molesini mostra di raccogliere con fiducia perché, dice, «partiamo da posizioni di assoluto rilievo. Nessuna banca commerciale in Europa ha masse gestite di così grandi dimensioni e una redditività, nel nostro settore, così elevata» Nei piani ha un ruolo chiave lo sviluppo estero. Cosa farete? «Abbiamo fatto un passo rilevante con l’acquisizione di Banque Morval a Ginevra, che ora verrà integrata con Intesa Sanpaolo Private Bank Suisse, la nostra banca di Lugano. Alla nuova struttura faranno riferimento i private banker che assumeremo all’estero, attivi verso l’America Latina ed il Medio Oriente. Contiamo che il dieci per cento dei nuovi flussi di risparmi previsti nel piano al 2021 – circa 5,4 miliardi di euro – verranno dall’attività fuori dall’Italia».In Svizzera altri gruppi italiani, penso soprattutto a Generali, non hanno avuto fortuna. Che cosa vi ha convinto ad acquistarla? «È una piccola banca, con un centinaio di professionisti e 3 miliardi di asset della clientela in gestione, guidata da persone capaci, come la famiglia Zanon di Valgiurata, che ha costruito un sistema di relazioni con la clientela e un’attitudine al rischio con criteri molto simili ai nostri. Proprio il fatto che sia di dimensioni contenute ci ha permesso di fare un’analisi esaustiva». Sono clienti italiani? «Circa la metà dei patrimoni gestiti. È una banca che capisce bene gli italiani, un fatto importante: alcuni operatori esteri spesso rimarcano le difficoltà dell’Italia. Noi pensiamo di poterci presentare con una gestione coerente con quella che abbiamo nel nostro Paese, offrendo al tempo stesso la possibilità di diversificare a livello internazionale. Riteniamo sia una buona pratica per tutti, non soltanto per i nostri connazionali». Avete sciolto le problematiche relative alla gestione in Svizzera delle risorse raccolte in Italia? «In Svizzera, dopo gli interventi normativi sugli scudi fiscali e la voluntary disclosure, ci sono ingenti patrimoni dei nostri connazionali perfettamente intercettabili perché del tutto trasparenti. Solo quelli dei cittadini italiani sono stimati in circa 100 miliardi. Riteniamo quindi di poter intercettare quote di mercato delle banche private svizzere, che seguono oggi una percentuale importante della clientela italiana». Perché l’America e Medio Oriente? «Per diversi motivi. La prima ragione è legata al fatto che in Italia vogliamo crescere ancora, ma che la nostra quota di mercato potrà salire soltanto fino a un certo punto e i tassi di sviluppo dell’economia non saranno elevati. Per questo abbiamo identificato aree più attraenti. E abbiamo deciso di iniziare da Argentina, Brasile, Uruguay, dove il gruppo è conosciuto e ci sono tanti italiani di seconda o terza generazione. San Paolo, dove apriremo una filiale, è la città al mondo con più italiani». E le altre, dove le aprirete? «Valutiamo Buenos Aires e Montevideo: sono mercati che hanno minori barriere all’ingresso. Mentre in Bahrein vogliamo creare un ufficio di rappresentanza: nel Golfo l’Italia gode di un appeal considerevole». Quando si vedranno i primi risultati del Sud America? «A fine anno vogliamo avere clienti, attivi da gestire e logistica definita». Vi muovete anche in Cina. «La situazione è diversa: partecipiamo con una quota del 25 per cento in una società in cui la Divisione Banche Estere del Gruppo Intesa Sanpaolo ha il 55 per cento ed Eurizon il restante 20. Siamo coinvolti per mettere a disposizione il know how di Fideuram nella gestione di una rete di consulenti finanziari. È un mercato dalle enormi potenzialità, si stima che ogni due giorni c’è un nuovo miliardario (in dollari). Dobbiamo poter lavorare in quest’area». Perché un miliardario cinese dovrebbe affidare gli investimenti a una banca italiana? «L’immagine del nostro Paese è molto apprezzata e possiamo dare un punto di vista di grande competenza e affidabilità. La società non a caso si chiama “Yi Tsai”, ossia “talento italiano”».
Fonte: http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2018/05/14/news/intesa_il_private_va_oltre_confine_la_prima_tappa_san_paolo-196346980/?refresh_ce