Internazionalizzare e promozione: La ricetta per risollevare il Made in Italy

09/01/2009

Il “progetto America Latina”, un canale tra imprese finanziato dalla Corporazione Inter-Americana

Milano – Nell’ultimo periodo – si parla di circa un trimestre – il settore agroalimentare italiano è stato messo a dura prova, soprattutto per quanto concerne l’aspetto della qualità e quindi della certificazione e della diffusione controllata di cibi e bevande. Dagli scandali della Mozzarella di Bufala, passando per il vino e dell’olio. Una situazione difficile che non ha giovato né all’immagine italiana né al portafoglio dei prodotti “Made In Italy”.

Un panorama messo in evidenza da Primo Mastrantoni, segretario di Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori), che in una nota afferma chiaramente che il momento “non è propizio” per il settore alimentare italiano.

Porta l’esempio della nicchia di produzione del vino in cui nel “2007 e’ cresciuta l’esportazione ma anche l’importazione del vino: 1.723.667 litri, cioe’ il 17,4% in piu’, per una valore di 345 milioni di euro, il che significa il 20% in piu’ rispetto al 2006. Il prezzo medio di vini e spumanti e’ di 2 euro al litro che si traduce in un aumento medio al dettaglio del 400% per la gioia dei consumatori. Da rilevare che importiamo dagli Usa (prevalentemente California) qualcosa come 623.713 litri di vino, quasi totalmente sfuso, il che significa il 36% del totale delle importazioni di vino dall’estero.”

La particolare situazione economica e i recenti scandali non aiutano a risolvere la stagnazione che, secondo quanto detto dal titolare del Mipaf, Paolo De Castro “non è più congiunturale ma strutturale” per quanto riguarda i consumi interni. Va aggiunto, in questo quadro, che nonostante il calo delle vendite si notano dei segnali positivi per l’export del Made in Italy.

Infatti nel 2007 l’export ha fatto registrare una crescita del fatturato nell’ordine di otto punti percentuali a 18 miliardi di euro. Un aumento diffuso nell’ordine di una media del 12-13 per cento in quasi tutti i settori. Punta di diamante diventa l’esportazione della birra (+44,9%), comunque settore non tipicamente italiano. In frenata l’olio d’oliva.

Uno dei modi per recuperare il terreno perduto e per incentivare il consumo del prodotto italiano di qualità è lavorare sulla promozione e sulla conoscenza di quel che si compra (e si vende). Ne sono un esempio la recente “investitura” dell’ex presidente di Confindustria Montezemolo ad ambasciatore del Made in Italy nel mondo, un’operazione utile alla salvaguardia dell’immagine, e le tante fiere organizzate nel nostro paese e all’estero, operazioni che aiutano il salvadanaio.

Fiere come Cibus 2008, appunto, una manifestazione giunta alla sua sedicesima edizione. Le 4 giornate, dal 5 all’8 maggio, sono dense di appuntamenti. Protagonisti: molti espositori e 450 buyer da tutto il mondo. Un’edizione “più internazionale e più piacevole” secondo il presidente di Fiere Parma, Federico Boni.

La Germania è al primo posto tra i partner commerciali, con una presenza del 17,8%, seguita dagli Stati Uniti (12,7%) e dal Regno Unito con una fetta del 10,1%.

Proprio da Cibus viene spiegato a News ITALIA PRESS, in merito alla funzionalità di un evento di tale portata che “una fiera è un media e dev’essere un interlocutore tra la domanda e l’offerta, in questo caso l’offerta sono prodotti alimentari italiani, che sono i prodotti più apprezzati nel mondo, però anche forse quelli meno diffusi, tant’è vero che vengono copiati. La strategia è quella di farli conoscere, portare il prodotto alimentare nel mondo, anche con tutte le rassegne che facciamo con Vinitaly in Cina, Russia, siamo andati anche in India e poi ci sono prospettive in altre parte. Quando, però, non si può andare nel mondo portare il mondo in Italia. Quindi portare i buyer delle GDO estere, portare i ristoratori stranieri qui a conoscere i prodotti, anche perchè la cucina italiana è la prima cucina che si è sdoganata, cioè non è più una cucina etnica ma internazionale. Questa è la strategia e la parola d’ordine è internazionalizzazione, sia sugli acquirenti sia portando i prodotti direttamente all’estero.”

“Tutti i grandi marchi non sono globalizzati come succede con i quelli francesi o tedeschi e allora l’unico modo di diffondere i prodotti italiani all’estero è portare qui dei compratori i compratori delle grandi catene estere della GDO e favorire l’incontro con le aziende italiane. In modo che questi comprano e li rivendono nei loro supermercati” spiegano da Fiere Parma.

Proprio nell’ambito di Cibus è stato presentato il “progetto America Latina” “iniziativa che punta a far incontrare le esigenze delle aziende italiane con la realtà imprenditoriale dell’altro continente creando rapporti industriali e commerciali saldi nel tempo.” si legge in una nota diffusa da Union Camere Emilia Romagna. Il progetto è sostenuto e organizzato da Camera di Commercio di Parma, in collaborazione con Unioncamere Emilia Romagna, Promofirenze, Unioncamere Toscana e Bic Lazio e con la fattiva partecipazione della Corporazione Inter-Americana per gli Investimenti.

“E’ un progetto che dà la possibilità di creare joint venture e cioè operazioni congiunte tra imprese nostre di Toscana, Emilia-Romagna a cui presto si aggiungeranno altre regioni e imprese localizzate in America del Sud – spiega Enrico Ciabatti, vice-segretario Unione Regionale Toscana – per creare occasioni congiunte che sono a fini commerciali ed a fini produttivi con interventi fatti laggiù e con la possibilità di avere aiuti dalla Banca Inter-Americana”

E come dichiara Lorenzo Tellini di Promofirenze: “E’ un progetto che vuol far sì che le imprese interessati al mercato latino americano possano sviluppare rapporti di cooperazione industriale con le imprese del Sud America. Il Cibus è sicuramente un evento fondamentale per far conoscere questo progetto, questo è un evento che darà poi seguito ad altre situazioni, ad altri interventi che faremo come struttura operativa in altre manifestazioni.”

Inoltre il focus del progetto sono soprattutto le PMI e “sicuramente – continua Tellini – un momento importante è individuare quali sono le piccole-medie imprese presenti a Cibus e capire quali queste possono essere interessate a sviluppare maggiormente il proprio business nel continente Sud americano. Il progetto è realizzato tramite il dipartimento IIC della Banca Inter-americana che si occupa di finanziamenti alle imprese e attraverso questa struttura ci consente di indivisuare delle linee di finanziamento a favore dei progetti di cooperazione industriale tra imprese italiane e del Sud America. Al momento sono finanziati progetti per un valore di 5 milioni di euro che coinvolgono un paio di imprese. Altri progetti sono in vitro e si parla di una decina di progetti finanziabili, ora naturalmente la Banca Inter-americana di Sviluppo sta valutando quali di questi 10 risultino poi positivi ai test di fattibilità.”

Fonte:
Alberto Brambilla
News ITALIA PRESS