Il voto in Brasile preoccupa i mercati
10/10/2014
Le elezioni più care della storia brasiliana, costate più di 30 miliardi di dollari. Una cifra che equivale al finanziamento, per 6 anni, del principale programma sociale del Paese, la Bolsa familia. Il voto in Brasile lascia tutti scontenti: Dilma Rousseff avrebbe voluto vincere al primo turno. Marina Silva, semplicemente Marina per tutti i brasiliani, non accede al ballottaggio. L'unico successo è quello di Aecio Neves, erede dell'ex presidente Fernando Henrique Cardoso, al di là di ogni aspettativa. Ma al secondo turno le sue chance di vittoria sono davvero esigue. Così almeno prevedono i sondaggi.
Più di tutti sono scontenti gli operatori finanziari: la Borsa è scesa da quando la candidatura Rousseff ha ripreso quota.
Solo ieri un rimbalzo, imputabile, secondo gli analisti, al buon risultato di Neves.
Gli imprenditori non si sbilanciano troppo, ma nessuno abbandonerà il Brasile. Questo è certo.
I numeri: i dati definitivi del primo turno delle elezioni presidenziali assegnano il primo posto a Dilma Rousseff che però, con il suo 41,5%, è costretta al ballottaggio. Marina Silva, la candidata ambientalista, è fuori gioco con il 21% di consensi, molto inferiori alle previsioni. L'unico successo chiaro è quello di Aecio Neves, il candidato centrista che ha portato a casa un insperato 33,6 per cento.
Le reazioni, quindi. Per Carlos Caicedo, analista latinoamericano di Ihs country risk, i mercati rimangono pessimisti sullo scenario macroeconomico del Brasile, in vista di un'affermazione di Rousseff al ballottaggio. Più specificatamente Caicedo, nel suo report diramato ieri, prevede che qualora Rousseff si aggiudichi il secondo mandato, riproporrà il suo schema di politica economica interventista. E di conseguenza «la crescita del Brasile, nei prossimi quattro anni, resterà al di sotto delle proprie potenzialità».
Tra gli imprenditori e tra chi ha esperienza di investimenti sul campo vi è certamente più ottimismo. Il presidente della Camera di Commercio italo-brasiliana Luciano Feletto non sposta l'asticella dello straordinario interesse brasiliano per il mondo imprenditoriale. «Il Brasile rimane un mercato con grande spazio di crescita dei consumi; ci sono regole, certamente. Ma la probabile elezione di Dilma Rousseff non scalfisce affatto l'interesse degli investitori».
La congiuntura del Brasile, questo sì, è ora meno luminosa rispetto a qualche anno fa.
La lunga galoppata economica che durante la presidenza Lula ha saputo coniugare rigore finanziario e politiche sociali espansive si è convertita in un piccolo trotto negli ultimi anni e poi in un palese rallentamento nel 2014. Tassi di crescita del Pil che dal 7% sono scesi al 4% per poi scivolare allo 0,7-0,9% in questo 2014 di crisi conclamata.
Credito al consumo e sussidi ai più poveri, coniugati con un approccio dirigista nella politica economica, sono stati i riferimenti di Lula e di Rousseff. Ora è impellente un cambio di passo, proprio perché si è rafforzato un processo di deindustrializzazione del Paese, anche in conseguenza di un real (la moneta brasiliana) troppo apprezzato. Solo un anno fa la sua tardiva svalutazione ha consentito un piccolo recupero di competitività. Troppo tardi per evitare la crisi.
Per Antonella Mori, docente di Economia all'Università Bocconi di Milano, «sarebbero utili politiche espansive ma non sono facili da attuare». Infatti l'economia del Brasile è poco competitiva: la Banca mondiale giudica bassa la sua produttività. Le infrastrutture esistenti sono palesemente inadeguate: strade, ferrovie, porti, aeroporti, centrali idroelettriche non delineano la fisionomia di un Paese che ha raggiunto i primi posti al mondo nella classifica della ricchezza prodotta.
Più ottimista Enzo Farulla, analista italiano esperto di mercati latinoamericani, già a Raymond James. «Un rallentamento congiunturale è innegabile, ma la forza dell'economia brasiliana non è in discussione. L'ultima, piccola dimostrazione, è l'acquisto della Banca svizzera italiana da parte del Banco Btg Pactual, con sede a San Paolo». Un acquisto di particolare valore simbolico.
Al di là delle interpretazioni sulla crisi del Brasile e sui tempi di uscita dal tunnel, l'agenda di questi giorni è tutta politica. I voti di Marina Silva saranno l'ago della bilancia: determinanti per la vittoria di Rousseff o di Neves. Già avviati i negoziati tra gli sherpa del Pt (Partito dei lavoratori) che supporta Dilma, del Psdb (Partito socialista brasiliano) di Neves e del Psb (Partito socialista brasiliano) della Silva.
FGonte:
Il Sole 24 Ore