Il made in Italy può ripartire dalla meccanica
24/03/2010
I primi dati del 2010 sull'andamento dell'export italiano verso i paesi extra Ue dimostrano che il made in Italy non è rassegnato e anzi sta reagendo con coraggio alle sfide di una crisi globale che avrebbe potuto tramortirlo.
Nei primi due mesi del 2010 le esportazioni dirette verso alcuni dei principali mercati emergenti hanno mostrato una significativa crescita in valore, recuperando gran parte di ciò che era andato perduto nel corrispondente periodo del 2009, che fu davvero terribile.
I dati parlano da soli: nel primo bimestre l'export verso la Turchia è aumentato del 52%, quello verso la Cina del 33% e quello verso l'India del 18%. Incrementi ragguardevoli delle nostre esportazioni si sono registrati anche verso le economie dinamiche dell'Asia (Singapore, Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong, Malaysia e Thailandia, con un +20%) e verso i paesi del Mercosur (Brasile, Uruguay, Paraguay e Argentina, con un +40%). Naturalmente questi ottimi dati non bastano ancora a rimarginare le ferite lasciate aperte dalla crisi degli acquisti dei superindebitati e fiaccati mercati europei (incluso quello russo), degli Stati Uniti e del Giappone, che hanno dissanguato le nostre esportazioni. Sono però un importante segnale di quella svolta che ci auguriamo possa consolidarsi nei prossimi mesi.
Non meno significativa è stata la tenuta del made in Italy sui mercati extra Ue durante il 2009. L'anno appena trascorso è stato tragico per tutti i grandi paesi esportatori, dalla Germania al Giappone, dalla Cina all'Italia. Il commercio mondiale, come un aereo in un vuoto d'aria, è letteralmente precipitato nei primi due trimestri del 2009, perdendo oltre il 30% dei valori esportati in dollari rispetto al 2008. In un anno simile un sistema produttivo debole avrebbe potuto subire una erosione drammatica delle sue quote di mercato rispetto ai concorrenti. All'Italia ciò non è avvenuto. I primi dati Eurostat relativi all'intero 2009 per ciò che riguarda l'export verso i paesi extra Ue indicano che abbiamo visto diminuire solo impercettibilmente la nostra quota nell'export dell'Ue a 27, che è passata dall'11,6% all'11,4 per cento.
Le flessioni delle quote di mercato in alcuni settori sono state quasi perfettamente controbilanciate dai miglioramenti in altri. I settori in cui abbiamo perso quote di mercato sono stati: derivati del petrolio, siderurgia, tessile-abbigliamento, cuoio-calzature, mobili. Paradossalmente i settori del made in Italy che invece hanno guadagnato posizioni, a parte gli alimentari e i vini che hanno ben tenuto, sono stati proprio quelli più colpiti dalla crisi dell'edilizia e degli investimenti a livello mondiale, cioè i macchinari industriali, gli apparecchi meccanici e i prodotti derivati dei minerali non metalliferi. Segno che la meccanica italiana e anche l'industria delle piastrelle restano forti ed anzi, pur perdendo fatturato, sono andate meglio dei concorrenti degli altri paesi europei a cui hanno sottratto quote di mercato nei paesi emergenti.
I mercati extra Ue
In particolare, nel 2009 sui mercati extra Ue l'Italia ha incrementato il suo peso nell'export complessivo dell'Ue-27 di 0,7 punti percentuali nelle macchine elettriche e nei generatori, di 0,3 punti nelle macchine specializzate per l'industria, di ben 0,6 punti nelle macchine per la lavorazione dei metalli e 0,7 punti nelle macchine per impieghi generali. Anche gli altri mezzi di trasporto, guidati da yacht, navi da crociera ed elicotteri, hanno migliorato la loro quota nell'export dell'Ue-27 diretto fuori dall'Unione di 0,5 punti percentuali.
Non sono ancora disponibili i dati dell'export intra-Ue per tutto il 2009. Tuttavia, da nostre prime stime basate su periodo gennaio-novembre 2009, lo scorso anno l'Italia dovrebbe aver migliorato la sua quota di mercato rispetto al 2008 anche nell'export intra-Ue in vari settori chiave della meccanica, tra cui le macchine per la lavorazione dei metalli e le macchine per impiego generale, mentre la quota delle macchine specializzate per l'industria è rimasta stabile.
Questi sviluppi confermano alcune grandi tendenze di lungo periodo. La prima è che è tuttora in atto il riposizionamento del made in Italy dei beni per la persona e l'arredo su segmenti di più alto valore aggiunto, il che comporta l'abbandono dei prodotti più vulnerabili alla concorrenza di costo dei Paesi emergenti o la delocalizzazione di attività produttive, specie nei paesi vicini dell'Est dell'Ue. In quest'ultimo caso, talvolta perdiamo quote di export come sistema Italia solo apparentemente, perché le nostre aziende crescono come soggetti esportatori estero su estero, magari andando alla conquista di mercati di prossimità come quello russo.
Il peso della meccanica
La seconda tendenza in atto riguarda la grande trasformazione interna del made in Italy in cui l'alimentare e i vini e la meccanica non elettronica hanno acquisito negli ultimi anni un crescente peso a discapito di pur sempre importantissimi settori tradizionali come il tessile, le calzature o i mobili. In particolare, ciò ha determinato a partire dall'inizio del nuovo secolo un'autentica impennata del peso dei macchinari e degli apparecchi meccanici sul totale del saldo commerciale con l'estero dei principali prodotti non alimentari del made in Italy (definizione che qui comprende, oltre alla meccanica, tessile-abbigliamento, pelli-calzature, gomma e plastica, minerali non metalliferi, mobili e gioielli). Dal 1991 al 2000 la quota di macchine ed apparecchi nel surplus estero del made in Italy non alimentare è oscillata tra il 31% e il 36% seguendo un trend piatto. Poi di colpo ha preso ad aumentare vertiginosamente sino a sfiorare nel 2009 il 57%, guadagnando ben 26 punti percentuali in nove anni (vedi figura). In questo periodo il surplus con l'estero dei nostri macchinari ed apparecchi è raddoppiato dai 22 miliardi di euro del 2000 ai 44 miliardi del 2008, per poi flettere a 36 miliardi nell'orribile 2009, anno che tuttavia resta pur sempre il terzo migliore di tutti i tempi dopo il 2008 e il 2007, davanti al 2006.
Insomma, il made in Italy è diventato sempre più non solo design e moda ma anche tecnologia ed innovazione, ponendosi a fianco della meccanica made in Germany, se non passandole davanti in molti comparti, come leader mondiale. Anche per questo motivo l'industria manifatturiera italiana non può, né deve perdere la fiducia di poter uscire più forte da questa terribile crisi.
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Marco Fortis