Il Brasile traina il Sudamerica

26/04/2011

L'America latina, una delle aree uscite con maggiore slancio dalla crisi globale degli ultimi anni e che ha attratto un altissimo interesse degli investitori internazionali, procede in realtà a due velocità ben distinte. O meglio, per usare l'analisi degli economisti della Banca interamericana di sviluppo (Idb), si è spaccata in due enormi "distretti", a seconda delle risorse dei diversi Paesi e della loro capacità di adattarsi all'ordine economico globale emerso dalla crisi.

Lo scenario dell'economia mondiale, nelle previsioni di quasi tutte le istituzioni pubbliche e private, continua a indicare che il grosso della crescita avrà come motore i Paesi emergenti, con uno spostamento della domanda globale a favore delle materie prime, e che i tassi d'interesse resteranno bassi. «Ci aspettiamo – dice Nicolas Eyzaguirre, capo del dipartimento dell'emisfero occidentale al Fondo monetario – che i prezzi delle materie prime restino alti e le condizioni finanziarie globali accomodanti. Si tratta di forti venti di coda che favoriscono le economie latinoamericane». L'Fmi prevede che l'America latina cresca quest'anno del 4,7%, dopo un robusto 6,1 l'anno scorso. I flussi netti di capitali privati sono tornati ai livelli record pre-crisi, e dovrebbero attestarsi attorno ai 215 miliardi di dollari sia quest'anno sia il prossimo, secondo cifre dell'Institute of International Finance, l'associazione globale delle grandi banche, dopo aver registrato un balzo del 53% l'anno scorso.

La diversa uscita dalla crisi dei Paesi latinoamericani tuttavia dipende dalle caratteristiche strutturali di queste economie, che gli economisti dell'Idb raggruppano in due distretti. Il primo, che gravita attorno al Brasile, è formato in pratica dai Paesi dell'America meridionale più Trinidad e Tobago. Il "distretto brasiliano", che si compone di esportatori netti di materie prime, ha una maggior proiezione verso le economie emergenti: la crescita media attesa nel 2010-2011, secondo l'Idb, sfiora il 5 per cento.

Il "distretto messicano" raggruppa invece i Paesi dell'America centrale e dei Caraibi e la sua espansione, nella media dei due anni, si fermerà al 2,7%. Mentre il cluster raggruppato attorno al Brasile esporta il 19% verso i Bric e il 32% verso gli altri mercati emergenti, quello messicano non supera, rispettivamente, il 3 e il 10%, risultando così molto più dipendente dalle economie avanzate, che oggi segnano una crescita più modesta. Un altro fattore di dipendenza è indicato dal maggior peso delle rimesse degli emigranti. Il Pil messicano, nell'analisi dell'Idb, è oggi del 9% al di sotto della tendenza evidenziata prima della crisi globale, quello brasiliano è superiore dell'1 per cento%.

«Le differenze nella velocità di crescita fra i due distretti – hanno osservato Alejandro Izquierdo e Ernesto Talvi in una presentazione fatta di recente all'assemblea Idb – dipendono dalle condizioni strutturali delle economie e non dalla qualità delle politiche macroeconomiche. Anzi, per entrambi i distretti, questa non solo è migliorata nettamente, ma ha fornito la risposta appropriata alla crisi finanziaria globale».

Da qui in poi, peraltro, la capacità di gestire le politiche economiche si fa più complessa, in un quadro esterno dove le turbolenze in Medio Oriente e il disastro in Giappone accentuano l'incertezza, e uno interno dove si sommano le sfide dell'inflazione, della rivalutazione delle monete locali e la prospettiva del surriscaldamento di alcune economie. «Contrariamente a quello che si pensa – dice Augusto de la Torre, capo economista della Banca mondiale per l'America latina – la qualità delle politiche macro-finanziarie è messa alla prova forse più duramente durante una fase favorevole come quella attuale».

Per i due distretti latinoamericani, affermano all'Idb, anche la risposta dovrà essere diversa: nel cluster brasiliano, anzi tutto politica fiscale più restrittiva per impedire il surriscaldamento, controlli sui capitali e misure macro-prudenziali contro un'eccessiva rivalutazione del cambio causata dai massicci afflussi di capitali; nel cluster messicano, il rafforzamento dei legami con le economie emergenti. Per tutte e due le aree, conclude l'Idb, il momento favorevole presenta l'opportunità di metter mano ai problemi di lungo periodo: produttività insufficiente, scarso livello di istruzione e bassa integrazione nell'economia mondiale.
 

DUE DISTRETTI

Fattori strutturali
Le differenze di crescita tra i paesi del distretto brasiliano e quelli del distretto messicano dipendono dalle condizioni strutturali delle economie e non dalla qualità delle politiche macroeconomiche dei governi

Il distretto brasiliano si avvantaggia della maggior proiezione commerciale verso i Paesi emergenti, che resteranno il traino della crescita. Al contrario, il distretto messicano ha una più spiccata dipendenza dalle economie avanzate

Ricette
Le due aree, secondo la Banca interamericana per lo sviluppo, dovranno adottare ricette diverse per sostenere la crescita. Il distretto brasiliano dovrà insistere su una politica di bilancio restrittiva per impedire il surriscaldamento, sui controlli sui capitali e su misure macro prudenziali

Il distretto messicano dovrà invece rafforzare i legami con le economie emergenti
Dove vanno le esportazioni

Fonte:
Il Sole 24 Ore