Il Brasile: la meta ideale per il Made in Italy

21/10/2011

Si è soliti affermare che il Brasile sia il Paese del futuro, e sempre lo sarà. Tuttavia sembra che ora il futuro del Paese sia arrivato. Recentemente definito la ‘prossima superpotenza economica mondiale’, non c’è nulla, neppure una crisi economica mondiale, che possa porre fine alla crescita del Paese”.

Sono le parole con cui KPMG ha presentato un approfondimento tematico – dal titolo “What does it take to win in Brazil?” – sulle possibili strategie e i modelli innovativi per entrare nel mercato brasiliano.

Data la forte stabilità della crescita in Brasile, supportata da uno sviluppo demografico intenso, dall’ascesa della classe media, dalla stabilità finanziaria e dagli acuti investimenti nelle infrastrutture, non stupisce il fatto che molte imprese stiano prendendo in considerazione la possibilità di espandere il proprio business in questa terra e, certo, le ultime stime sembrano dar ragione a simili intuizioni imprenditoriali: si parla, per i prossimi anni, di un aumento annuale del PIL superiore ai 4,6 punti percentuali, inoltre il Brasile rappresenta la settima economia mondiale, le fluttuazioni del tasso di cambio del real e l'inflazione sono sotto controllo da oltre dieci anni.

Negli ultimi tre anni, 45 milioni di brasiliani si sono spostati nella classe media e, con questa loro ascesa ad un nuovo status sociale, si sono venute a creare delle rinnovate opportunità di consumo: gli appartenenti alla nuova classe – sottolinea KPMG – “stanno comprando di tutto, dai telefoni cellulari ai frigoriferi, stanno usando internet con una frequenza maggiore rispetto alla precedente classe media e stanno comprando case per la prima volta nella loro vita”; essi rappresentano la forza trainante per la crescita del mercato consumer. Il piccolo consumo privato dovrebbe raggiungere la media annua del 7,8%, superando l’inflazione, stimata per il 2014 al 4,5%.

Il Brasile dovrebbe, inoltre, trarre beneficio da ciò che è stato chiamato “bonus demografico”, che starebbe ad indicare l’aumento, nei prossimi 20 anni, dell’attuale popolazione giovanile in età da lavoro, capace di produrre ricchezza e potenziare, di conseguenza, la crescita economica. L’età media di 29 anni dovrebbe arrivare a 34 nel 2020 e a 38 nel 2030, una trasformazione simile a quella avvenuta in precedenza negli Stati Uniti. Tale bonus sarà il risultato di una riduzione dei tassi di natalità: la quota di abitanti fino a 14 anni si ridurrà, mentre la parte produttiva di popolazione (dai 15 ai 64 anni) sarà in continua espansione.

Secondo gli economisti Cassio Turra e Bernardo Queiroz dell’Università federale di Minas Gerais (UFMG), il potenziale di crescita del Brasile, esclusivamente a seguito di tale bonus demografico, sarebbe di 2,5 punti percentuali all'anno.

Il reddito personale disponibile è destinato a crescere a un tasso dell’1,5%, mentre la disoccupazione pare diminuirà ad un tasso del 3,0%.

La forza di questa nuova economia del consumo dovrà essere sostenuta da politiche economiche capaci di offrire innanzitutto stabilità. Dal 2008 a oggi, nel pieno della crisi internazionale, il Brasile ha viaggiato in controtendenza, arrivando ad inserirsi in quella rosa di dodici Paesi (Bolivia, Filippine, Ecuador, Uruguay, Colombia, Giamaica, Indonesia, Hong Kong, Libano, Israele e Angola sono gli altri undici) che hanno ottenuto dei giudizi migliorativi dalle tre principali agenzie di rating (Moody's, Standard and Poor's e Fitch).

Ad aprile 2011 la Fitch ratings ha promosso il Brasile da BBB- a BBB, parlando di un percorso di crescita nel medio termine che resterà “relativamente robusto” e riconoscendo i meriti del ministro della Finanza brasiliana Guido Mantega, secondo il quale il rating positivo rifletterebbe, appunto, la solidità che l’economia brasiliana ha saputo dimostrare negli ultimi anni. Per confermare e rilanciare questo trend di crescita, il settore pubblico e quello privato sono ben consapevoli della necessità di realizzare massicci investimenti nelle infrastrutture: dal 2007 è in corso, ad esempio, la costruzione a São João da Barra del Superporto do Açu, un progetto il cui budget è stimato attorno ai 3 miliardi di reais e che è stato sviluppato dalla società di logistica LLX, alla quale si sono poi aggiunti altri investitori brasiliani e stranieri. L’impianto verrà presumibilmente completato entro il 2012, sviluppandosi su un'area complessiva di 90 chilometri quadrati, e la sua funzione sarà di stimolo agli scambi commerciali, dunque di sviluppo del business locale: alcune stime parlano di oltre 50.000 posti di lavoro generati, aumento del PIL dell'area di 500 punti percentuali, incremento stesso della popolazione che raggiungerà i 250.000 abitanti entro il 2025, rendendo necessaria la costruzione di 84.000 nuove case.

Complessivamente gli investimenti realizzati in infrastrutture ammontano a 1.100 miliardi di reais, pari, peraltro, solo a un terzo dell’importo complessivo necessario da qui al 2022; per i Mondiali di calcio 2014 e per le Olimpiadi 2016 si stima che il Brasilia arriverà a spendere circa 28 miliardi di euro.

Gli investimenti esteri diretti al Brasile, poi, sono notevolmente aumentati negli ultimi anni, sintomo di un crescente interesse economico mondiale nei confronti di questa terra.

L’invito rivolto alle imprese italiane da parte di KPMG – il “network globale di società di servizi professionali, attivo in 150 paesi nel mondo con 138 mila persone” – è, allora, a puntare sul Brasile per l’internazionalizzazione della propria attività professionale nei prossimi quattro, cinque anni. Esso è, infatti, tra quelli emergenti, il Paese che maggiormente dimostra di apprezzare i marchi italiani: “è la spendibilità del Made in Italy – sottolinea Roberto Giovannini, partner KPMGdal design al cibo, passando per la moda. In nessun altra parte del mondo è così apprezzato come in Brasile. La somiglianza di gusti è notevole, i supermercati brasiliani sono pieni di prodotti italiani a prezzi folli, e non c'è nessun bisogno di riposizionare l'offerta. In Cina, per intenderci, la pizza per antonomasia è quella americana di Pizza Hut, e gli spaghetti sono quelli di riso. In Brasile non c'è possibilità di malinteso”.

Allo scopo di sviluppare le relazioni bilaterali tra Italia e Brasile dal punto di vista economico, scientifico e culturale e con la volontà di consolidare la già favorevole presenza del made in Italy in Brasile, i due capi di Stato, il Presidente Lula e il Presidente Belusconi, hanno ufficializzato, attraverso la Dichiarazione Congiunta del 29 giugno 2010 a San Paolo, il cosiddetto “Momento Italia  Brasile”, un ricco programma di eventi, inaugurato il 15 ottobre a Rio de Janeiro; esso prevede circa 474 manifestazioni che si svolgeranno in 18 stati della Federazione brasiliana e che si concluderanno a giugno del prossimo anno. Ad ottobre avranno invece luogo a Roma la quinta edizione della Conferenza Italia-America Latina e il sedicesimo meeting internazionale dal tema “Rapporti economici e integrazione di Brasile e Italia”, organizzato dalla Lide (l'associazione imprenditoriale che riunisce le più grandi aziende che operano in Brasile, presieduta dall'uomo d’affari brasiliano Joao Doria Jr.) insieme a Confindustria (dal 5 all'11 ottobre) e al quale parteciperanno 160 Ceo di imprese brasiliane.
 
KPMG ha, allora, monitorato, per conto della Farnesina, la presenza economica dell’Italia in Brasile, tenendo conto anche dei cosiddetti “assenti ingiustificati” (cioè aziende che, pur non essendoci, potrebbero trarre esclusivamente beneficio da una presenza massiccia nel territorio) e realizzando un e-book che verrà presentato nel corso dell’appuntamento romano. Qualche anticipazione: si contano attualmente quasi 600 aziende italiane in quel territorio, un terzo delle quali comprendono veri e propri impianti produttivi, mentre circa 220 sono le filiali commerciali. La maggior parte di queste aziende (più della metà) si situa nella zona di San Paolo ed è inserita nel settore della meccanica. Quelle di piccole e medie dimensioni sono 450. I settori nei quali si è consolidata la presenza italiana sono: alimentare (con una crescita annua del 3,7%), materiali da rivestimento (crescita annuale del 5,5%), infine tessile e nautico.

Tuttavia, sottolinea Giovannini, non tutte le aziende italiane potrebbero trarre vantaggio dall’inserimento in questo nuovo mercato, poiché se, da una parte, tale vantaggio viene assicurato alle imprese operanti nel made in Italy più tradizionale, dall’altra parte, le aziende che si muovono in altri settori non devono sottovalutare la presenza di competitors troppo forti o aggressivi: “chi fa elettrodomestici no, per esempio – spiega – perché un marchio italiano non ha nessun vantaggio competitivo su Bosch o su Whirpool, e in più non gode nemmeno di un forte supporto da parte del Sistema Paese”.

Altro fattore critico è rappresentato dalla complessità del sistema fiscale brasiliano (imposte federali, statali e municipali e regole che variano da un paese all’altro); la maggiore difficoltà di inserimento in questo mercato da parte degli imprenditori stranieri è rappresentata dalle tasse e dagli ingenti dazi imposti: “in Brasile la capacità di consumo aumenta spaventosamente di giorno in giorno – prosegue Giovannini – il Governo lo sa ed è per questo tenta di favorire la crescita delle imprese nazionali proteggendole dalla concorrenza estera. In media, i dazi fanno raddoppiare il prezzo di una merce così come arriva ai confini brasiliani”.

Due sono, allora, secondo KPMG le categorie di imprese che primariamente dovrebbero entrare nel mercato brasiliano: “quelle che possono permettersi, accanto al prodotto di punta di fascia alta, una seconda linea dal prezzo più contenuto ma pur sempre con l'appeal del marchio made in Italy; e, in secondo luogo, quelle che vanno a produrre direttamente in Brasile».

La scelta migliore sarebbe l’acquisizione di un’attività già avviata, o la partnership con una società locale; a quegli investitori che, tuttavia, preferiscano partire da zero con le sole proprie forze, si consiglia di andare oltre Rio e San Paolo: «lungo la costa – conclude Giovannini – ci sono molti stati che si stanno rendendo competitivi a colpi di incentivi finanziari e fiscali. Di solito, ogni stato li riserva solo ad alcuni settori: la Bahia, per esempio, offre condizioni vantaggiose per l'auto, per la trasformazione della plastica e per la metallurgia. Tra gli stati più aggressivi segnalerei Santa Catarina, Parà, Maranhão».

 

Fonte:
PMI dome