Greggio, sfondata anche quota 64 dollari

09/01/2009

Wti alle stelle per timori di attentati in Arabia Saudita contro obiettivi Usa. Brent record: 63,06$

L’Occidente ha il petrolio alla gola, complici il terrorismo e la telenovela delle scorte causa inefficienza storica degli impianti di raffinazione. Ha superato i 64 dollari a barile il prezzo dell’oro nero, questa mattina, sui mercati asiatici. Poi ha frenato appena un po’ ed è tornato a 63,90 (10,22 ora italiana) per le prese di beneficio. Nel dopo-mercato elettronico che fa riferimento al Nymex, la Borsa merci di New York, il greggio per consegna a settembre ha toccato 64,09 dollari a barile, 12 centesimi di dollaro più della chiusura ufficiale di ieri sera. Nella mattinata di Singapore il prezzo del greggio aveva toccato addirittura i 64,27 dollari a barile.

Irrefrenabile, ad ogni modo, la corsa del barile. Soltanto la settimana scorsa gli scambi sui future della qualità Light crude si erano fermati a 62,31. E viaggia a ritmi record anche il Brent, che a Londra quest’oggi è partito lancia in resta sfondando il tetto dei 63 dollari a 63,06. Anche in questo caso, la voglia di realizzi ha poi fatto scendere la quotazione dello 0,21% rispetto a ieri, a 62,57.

Il peggio, sia chiaro, è di là da venire. Gli analisti, musica per le orecchie delle compagnie petrolifere e sorta di cassandre per i poveri consumatori (in italia la bolletta rischia di rendere l’autunno ancora più incandescente), già “vedono” il prezzo del barile a 65 dollari per il Brent e a 67,5 per il Light crude. Il termine della profezia? La fine di settembre.

I prezzi del greggio lievitano sul calo delle scorte di benzina, i problemi quotidiani alle raffinerie e, soprattutto, sull’evoluzione fortemente negativa sul fronte geopolitico mediorientale. La miccia del programma nucleare è pronta a essere accesa in Iran e c’è l’allarme – rinvigorito ieri dagli avvertimenti dei ministeri degli Esteri di Gran Bretagna e Australia – di possibili attentati contro target statunitensiin Arabia Saudita. La minaccia è talmente accreditata che l’ambasciata americana a Riyadh e i consolati Usa di Jedda e Dhahran resteranno chiusi ieri e oggi proprio per il timore di attacchi del terrorismo jihadista.

Gli analisti, inoltre, sin dalla scorsa settimana, guardano con apprensione alla mancata riapertura del grande impianto di ExxonMobil a Joliet (Illinois), che ha una capacità di 245mila barili, fuori uso da venerdì per problemi tecnici. Un guasto che è andato a sommarsi ad altri incidenti in altre raffinerie negli Usa e in India nella settimana precedente. Il timore è che gli altri impianti di raffinazione non riescano a sostenere le richieste di forniture di carburante per l’estate.

Intanto anche il prezzo medio del petrolio Opec è salito venerdì scorso a 55,29 dollari per barile rispetto a 55,07 dollari di giovedì scorso, secondo i dati resi noti oggi a Vienna dal segretariato del cartelldei Paesi esportatori.

Produzione Opec ai massimi dal 1979
La produzione Opec, a luglio, ha toccato i massimi dal dicembre del 1979, aumentando di 290mila barili al giorno per arrivare a 30,24 milioni giornalieri. Secondo un’indagine Reuters, l’Irak ha ripreso l’export, mentre gli Emirati arabi uniti hanno ripreso la produzione dopo la manutenzione dei propri siti produttivi.

I prezzi record dell’oro nero hanno incoraggiato i Paesi Opec a spingere la produzione ai massimi da quasi 26 anni, ma l’apertura dei rubinetti non ha avuto effetti sui prezzi, che ieri 3 agosto hanno toccato il massimo storico 62,50 dollari al barile, con il greggio leggero Usa (Wti) in rapida ascesa dopo alcuni incidenti alla raffinerie americane e sulla scia della morte del re saudita Fahd.

Le quotazioni hanno poi ripiegato grazie a dati migliori del previsto sulle scorte americane, che hanno mostrato un aumento di 200milla barili nella settimana al 29 luglio. L’Irak, che non è soggetto a quota, è il Paese che ha più aumentato la produzione, salendo di 160mila barili al giorno grazie all’aumento in luglio delle vendite all’esportazione, ma il ritmo probabilmente ripiegherà a causa del difficile e intermittente utilizzo dell’oleodotto che collega Irak e Turchia. La produzione dei dieci Paesi Opec escluso l’Irak risulta superiore di 210mila barili giornalieri rispetto all’obiettivo di 28 milioni, deciso il 1° luglio.

Fonte:
Il Sole 24 Ore
9/8/2005