Gli italiani secondo il rapporto Censis/Consumi: il futuro fa ancora paura
09/01/2009
Attenti alla qualità, prudenti nelle spese, piuttosto pessimisti. Il rapporto Censis-Confcommercio sui consumi in Italia e in Europa nel 2006 descrive gli italiani decisamente poco ottimisti tul futuro, anche se dice che rifiutiamo l’idea di un avvenire nero. Lo studio è stato illustrato dal presidente di Confcommercio Calo Sangalli e dal direttore del Censis Giuseppe Roma.
La ripresa dei consumi, spiega la ricerca, in Italia è ancora lontana, mentre più evidente risulta il dinamismo della domanda interna in Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna: gli italiani sono molto più pessimisti sull’immediato futuro: il 34,2% rispetto al 15% degli inglesi, al 14,4% dei tedeschi, al 19,6% dei francesi. Gli ottimisti sono il 45%, meno che in Gran Bretagna, Spagna e Germania, ma comunque quasi la metà del Paese. A settembre, solo il 31% delle famiglie italiane ha incrementato i consumi rispetto al trimestre precedente, contro l’oltre 45% di francesi, spagnoli e inglesi. Solo il 30% degli italiani prevede “di aumentare i consumi negli ultimi mesi dell’anno, contro il 55% della Spagna e il 53% della Germania”.
La verità è che sul nostro Paese pesa più che sulle altre nazioni la percezione di una limitata disponibilità di reddito che per il 14,5% delle famiglie è “addirittura critica”.
Ma la ricerca di Confcommercio-Censis sottolinea come stia cambiando anche il rapporto con il marchio commerciale: il 78% delle famiglie italiane acquista regolarmente prodotti alimentari (da forno e scatolame) con marca commerciale, ma la percentuale risulta più elevata in Paesi come Francia (81,4% di acquirenti), Germania (89,6%) Gran Bretagna (91,4%) dove questa tipologia di prodotti è entrata nei circuiti distribuitivi da più lungo tempo.
Per l’acquisto di prodotti freschi, secondo la ricerca, risultano buone le “performance” dei mercati rionali in Spagna e in Italia scelti, rispettivamente, dal 42,5% e dal 40% delle famiglie; in Italia tiene anche il negozio di quartiere (31,5%) che, invece, è praticamente sconosciuto negli altri Paesi.
L’agricoltura biologica, quella erboristica, quella del commercio equo e solidale e i cibi etnici trovano un discreto livello di diffusione ma questo è soprattutto un “mercato” per le giovani generazioni che presentano un’apertura maggiore a questa categoria di prodotti rispetto alle persone di età più avanzata. Così, se solo il 26% degli ultrasessantacinquenni consuma prodotti di agricoltura biologica, la quota sale a 46% tra i trentenni, quarantenni e cinquantenni. Vi sono dunque in Italia, come nel resto d’Europa, “dei segmenti della popolazione fortemente aperti al nuovo, sebbene la manifestazione di comportamenti innovativi si manifesti nel nostro Paese con relativa lentezza”.
Lo studio sottolinea come da parte del consumatore vi è la ricerca di un “mix complesso” tra qualità e prezzo e fra tradizione e innovazione che si estrinseca anche nell’approccio che le famiglie manifestano nei confronti dei diversi canali distributivi. Di fatti, ipermercati e supermercati, gli shopping center sono diventati il punto di riferimento per i processi di consumo, ma anche spazio di aggregazione per giovani e famiglie.
Fonte:
TG Fin