Gli immigrati imprenditori crescono del 3,2% all´anno

09/07/2008

Stefano Rossi

Parla molte lingue la riscossa delle imprese milanesi. L´italiano, certo, ma non solo. Malgrado la congiuntura negativa e l´immagine di un Paese ripiegato su se stesso, c´è ancora voglia di rischiare e di fare impresa e in molti casi a mettersi in gioco sono proprio gli immigrati.

È uno dei dati principali contenuti nel diciottesimo rapporto «Milano produttiva» della Camera di Commercio, l´annuale e più completa fotografia dello stato dell´economia milanese.

Una fotografia «con chiari e scuri» dicono in via Meravigli. Il 2007 ha visto le imprese milanesi crescere dell´1,8 per cento rispetto allo 0,7 nazionale. Una cifra al netto delle cancellazioni dal registro delle imprese, nel 2007 molto numerose a causa di un´operazione di «manutenzione straordinaria» del registro. In particolare, le imprese extracomunitarie sono aumentate del 3,2%, un incremento meno marcato che negli anni scorsi per due motivi: perché in parte il terreno è già stato dissodato e perché i romeni sono passati nel campo comunitario. Un dato, perciò, che la Camera di Commercio giudica molto significativo.

Le cifre fotografano un percorso umano e sociale, oltre che economico. Se dal 1980 al 2000 il quadro demografico della Regione è rimasto sostanzialmente invariato, dal 2000 a oggi si è fatto molto più dinamico.

I residenti con più di 15 anni sono aumentati di oltre mezzo milione, con 109.000 italiani e ben 402.000 stranieri. Un motivo di allarme sociale? Non certo per la business community: «La percentuale di extracomunitari a Milano è fra le più basse d´Europa», chiarisce il segretario generale della Camera di Commercio, Pier Andrea Chevallard.

Una volta consolidati, gli stranieri si mettono in gioco e appena possono fanno la transizione dal lavoro indipendente a quello in proprio. Ecco allora le 20.000 ditte individuali con titolare non italiano: per 17.000, anzi, extracomunitario.

Il record spetta agli egiziani (4.344 imprese), poi vengono cinesi (2.675) e marocchini (1.438). A seguire Perù, e Albania (sotto le 1.000), Bangladesh, Ecuador e Senegal (sopra le 600), Tunisia e Brasile (sulle 400). Sono oltre 30 nazionalità, fino all´India che chiude con 54 ditte.

Fra le imprese comunitarie (più 14,8%), la leadership spetta ai romeni (1.514 su 2.729, oltre la metà): il secondo posto è dei tedeschi, a 321. L´incidenza delle imprese individuali extracomunitarie sul totale di quelle straniere è dell´86 per cento, mentre la quota sul totale delle imprese della provincia (comprese quelle italiane) è del 14% contro il 9,5% in Lombardia e il 6,6% in Italia. E sarà anche merito di questo dinamismo se il tasso di disoccupazione è del 3,8% – stabile: era del 3,9 nel 2006 – contro una media nazionale del 6,1.

Molto positivo il fatto che la nuova occupazione sia qualificata: il 35% dei nuovi impieghi è ad alta specializzazione. Ma 7 avviamenti al lavoro su 10 sono a tempo determinato.

Fuori dai numeri sono ancora più significative le parole di Chevallard sull´invecchiamento di Milano, che ha 143 over 65 ogni 100 giovani, contro i 120 della media europea: «Gli immigrati contengono solo in parte questo fenomeno», dice, come un commento tanto ovvio sull´importanza dei flussi migratori da non necessitare una sottolineatura. Il futuro, insomma, è straniero.

Fonte:
L’Espresso