Gara Alitalia, la ritirata di Russia
09/01/2009
Aeroflot verso l’abbandono del campo. Toto potrebbe allearsi col fondo Texas Pacific
Lo pronosticavano in molti: nella gara per Alitalia sarebbe arrivata al traguardo solo la cordata tricolore di Air One e Intesa SanPaolo. Così accadrà, è solo questione di giorni. Ieri l’agenzia russa Interfax ha battuto la notizia del ritiro dell’unico concorrente ancora in pista, il consorzio Aeroflot-Unicredit. Poi è arrivata la rettifica: «Al momento non abbiamo rinunciato. Continuiamo a studiare i documenti inviati da Roma». In realtà, come emerge da alcune voci interne alla compagnia russa citate dall’agenzia ApCom, si tratta solo del rinvio di una decisione che verrà annunciata a giorni, forse dopo il consiglio di amministrazione convocato per sabato: «Le condizioni della gara non ci vanno bene. Il governo italiano non vuole far crescere Alitalia, solo ottenere la cifra più alta possibile», dice una prima voce. Ad Aeroflot, così come era accaduto per il fondo americano Texas Pacific, non è mai andata giù la scelta del Tesoro di mantenere l’obbligo di offerta pubblica dopo aver formalizzato per il 2006 più di 600 milioni di perdite. Ancora più esplicita la seconda voce: «Aeroflot non ha mai davvero pensato di vincere. Siamo davanti al classico caso in cui importa semmai partecipare». L’indiscrezione intanto è stata utile a chi voleva vendere il titolo: a fine giornata un’azione Alitalia valeva l’1,89% in meno, pari a 0,76 euro.
Le parole che rimbalzano da Mosca confermano una tesi in voga da tempo in alcuni ambienti della maggioranza: l’interesse dei russi verso Alitalia è relativo, ma sin dall’inizio il governo di Vladimir Putin ha colto il valore «tattico» dell’offerta in una fase in cui fra Roma e Mosca sono in gioco decine di dossier. Il caso vuole che fra oggi e domani sbarchi a Roma il vicepremier russo – nonché presidente di Gazprom – Dmitry Medvedev. La compagnia attende ancora di finalizzare l’accordo con Eni per l’ingresso diretto nel mercato della distribuzione italiana in cambio della conferma pluriennale delle forniture e di una quota della controllata Edipower.
In attesa dell’addio formale di Aeroflot si frega le mani il patron di AirOne Carlo Toto, che gode del sostegno bipartisan di buona parte del Parlamento: dai Ds alla Margherita, da Antonio di Pietro a Gianfranco Fini. Ieri da Tel Aviv il leader di Alleanza Nazionale ha detto di augurarsi «che il governo non faccia fuggire l’unico imprenditore italiano che, forte di un piano industriale serio e competitivo, sarebbe in grado di rilanciare la compagnia di bandiera». Fra le righe Fini sembra dare credito ad una voce che circola al Tesoro e negli ambienti finanziari milanesi: ad oggi, con il solo sostegno di Intesa SanPaolo, nemmeno Air One avrebbe tutte le carte in regola per aggiudicarsi Alitalia. I vertici della superbanca hanno detto più volte di voler finanziare Toto, ma le indiscrezioni raccontano che anche l’ad Corrado Passera nutra qualche dubbio sulla eventualità di sostenere da soli una fusione dalle molte incognite, non ultima l’insostenibile concentrazione che ne deriverebbe sulla tratta Roma-Milano.
Resta in piedi l’opzione di un’alleanza in extremis con il fondo americano Texas Pacific o di un fallimento della gara. In quel caso tornerebbero in pista i due grandi assenti della privatizzazione, ovvero Air France e Lufthansa. Per ora resta più forte la prima ipotesi: lo confermano le indiscrezioni secondo le quali, dopo aver rinviato il termine per l’accesso ai dati sensibili dal 13 al 28 giugno, ora potrebbe slittare anche il termine del 2 luglio per il deposito delle offerte vincolanti. Se fallissero entrambi gli scenari si farebbe concreta la terza e ultima ipotesi: il fallimento di Alitalia.
Fonte:
Il Sole 24 Ore