Finanziaria 2006: tutti contro Prodi. Gli italiani ”allentano” la fiducia sul Governo

09/01/2009

Non saranno i sei punti percentuali comunicati da Silvio Berlusconi, ma se si votasse oggi molto verosimilmente la Casa della Libertà porterebbe dalla sua parte quelle decine di migliaia di voti che accompagnarono Romano Prodi a Palazzo Chigi, dopo le elezioni dello scorso aprile. A fotografare l’evoluzione delle due coalizioni, sono diversi istituti di rilevamento statistico, l’ultimo dei quali consegna un Paese orientato più sull’opposizione che sull’attuale maggioranza di governo.
Tutta colpa della manovra, che ha interrotto quella luna di miele tra Prodi e gli italiani che sembrava volerlo accompagnare per lungo tempo. La legge finanziaria per il 2007, seppur da tempo annunciata come esempio di rigore per i conti pubblici italiani, ha finito per non essere nemmeno percepita come svolta per una nuova politica di redistribuzione del reddito, architrave dell’intera campagna elettorale del Centro-sinistra.
La Legge Finanziaria, che tra poco inizierà il suo esame parlamentare, sembra scontentare tutti.
Il documento non piace agli industriali ed una forte fetta (la Cisl) di sindacato confederale che già minaccia uno sciopero generale se non saranno aumentati gli stanziamenti per gli statali. Non piace al mondo professionale, ai lavoratori autonomi, al mondo della scuola, agli investitori privati, alle piccole e medie imprese e nemmeno sembra destare particolare entusiasmo in quelle fasce di popolazione sulla carta beneficiarie della redistribuzione di risorse. Troppo piccolo, infatti, sembra essere il “dividendo” sociale concesso a fronte di un’impostazione complessiva incisivamente orientata sul “lacrime e sangue”

Le ultime ore di cronaca politica confermano appieno le nubi sociali e parlamentari pronte ad addensarsi su Palazzo Chigi e da locations diverse arrivano i primi tuoni avvisatori.
Da Capri, con Luca Cordero di Montemolo cbe bolla senza mezzi termini la manovra: “è massimalista e non contiene riforme”, a via Po (Roma) dove il leader della Cisl Bonanni avverte: senza ulteriori risorse per i contratti, sarà sciopero, passando per la Manica dove l’Economist non sembra fare sconti a Prodi e prosegue sulle bordate al Sistema Italia definendo la Finanziaria “smoke and mirrors”. Ovvero, fumo e specchi, ricordando come anche stavolta gli italiani utilizzano i “soliti trucchi” per rimettere le cose in ordine. L’Economist ce l’ha sopratutto col meccanismo del Tfr. Un meccanismo contabile che ha già ricevuto numerose critiche dagli economisti e su cui Padoa Schioppa, rispondendo agli industriali, sembra voler lasciare poco spazio a correttivi.

La “par condicio” dell’Economist mette ulteriore carburante al motore dell’opposizione che, dopo la comparazione di Prodi al mago Otelma lanciata dal ex ministro Tremonti, si prepara a conquistare quelle piazze da poco lasciate dagli oppositori di Silvio Berlusconi. L’ex premier proprio oggi da Saint Vincent ha delineato la sua offensiva: una manifestazione in ogni capoluogo di provincia, non sottraendosi, nemmeno lui, ad una battuta: è una Finanziaria copiata da Stalin.
Nella grande kermesse popolare d’opposizione, non dovrebbe mancare l’appoggio di Gianfranco Fini che in queste ore si affida ad una profezia: “saranno i moderati a far cadere Prodi”. In questo folto gruppo sicuramente c’è l’Udc di Pierferdinando Casini che, però, a tutt’oggi sembra defilato anche rispetto alle future manifestazioni di piazza. Nello stesso c’è anche quell’Udeur di Clemente Mastella che ha già, come sempre a dire il vero, minacciato la sfiducia in assenza di sostanziosi correttivi. Il leader di Ceppaloni potrebbe costituire al Senato quella spina nel fianco capace, come nel 98, di minare le ambizioni di lungo termine del professore bolognese. A Palazzo Madama, si sa, i voti si dovranno contare uno per uno, sopratutto in un momento in cui anche la decisione del senatore Di Gregorio (ex Italia dei Valori), potrebbe provocare effetti devastanti.

La risposta del Premier, per ora, è affidata alla promessa di correttivi che comunque, precisa di ora in ora, non stravolgeranno mai l’impostazione generale. Troppo poco per ora, per ricevere qualche segnale di distensione. Per ora le uniche consolazioni arrivano da Orvieto e da quel cantiere del Partito Democratico che, almeno sulla carta, tutti confermano di voler fare.
Qualche altro supporto arriva dalla sinistra radicale, pronta a togliere ulteriori forze ai Ds per lanciare una formazione politica che racchiuda tutta insieme l’area attualmente eccessivamente polverizzata. Per ora, il sostegno è assicurato a patto che, come recita il manifesto con superyacht, “Anche i ricchi piangano”. Ma sembra poco, troppo poco per un premier candidatosi ad una lunga stagione riformista. Economist, moderati e imprese: il loro pianto potrebbe avere un peso ben maggiore per il professore.

Fonte:
Trend Online