Euro debole. E’ una pausa o l’inizio della discesa?
09/01/2009
L’euro si conferma debole oggi sotto quota 1,25 dollari, e rischia di chiudere la sua prima settimana in perdita dopo due mesi di ininterrotto rialzo che lo hanno portato da 1,14 dollari di inizio novembre a 1,28 dollari di venerdì scorso. Alla correzione della valuta europea hanno contribuito le dichiarazioni del capoeconomista della Bce, Otmar Issing, preoccupato per le forti oscillazioni della moneta unica.
Milano. L’euro si conferma debole all’apertura delle piazze europee dove rischia di chiudere oggi la sua prima settimana in perdita dopo due mesi di ininterrotto rialzo che lo hanno portato da 1,14 dollari di inizio novembre a 1,28 dollari di venerdì scorso.
La divisa europa è scesa sotto la socglia di 1,25 dollari a 1,2495 dollari (1,2590 finale e 1,2635 Bce ieri) e a 132,9 yen (133,65 e 134,09). Yen in ripresa sul dollaro che scende a 105,98 da 106,25 ieri. “L’euro ha aperto la giornata al ribasso sul minimo di 1,1255 dollari che potrebbe venir rotto – spiegano i graficisti di Caboto – aprendo così la spazio ad uno scivolamento ulteriore in area 1,24”.
La correzione dell’euro è stata favorita da alcune dichiarazioni del capoeconomista della Bce, Otmar Issing, secondo cui la Banca centrale europea sarebbe preoccupata per le forti oscillazioni cui è soggetta la moneta. Issing si è aggiunto di conseguenza agli altri banchieri centrali, primo fra tutti il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, che nei giorni scorsi hanno espresso analoghi timori. Il premier francese Francis Mer e il ministro tedesco dell’economia Clement hanno esternato anche ieri le loro preoccupazioni, dopo il negativo dato del Pil tedesco che ha chiuso il 2003 in recessione per la prima volta dal 1993.
Ma la frenata della moneta unica è stata anche una conseguenza degli ultimi dati economici dagli Usa, che confermano che la ripresa è vistosamente in atto, sia pure con diversi problemi irrisolti. Sopratutto l’ultimo dato sul deficit commerciale statunitense, in sensibile frenata (a 38 miliardi di dollari) ha permesso al dollaro di recuperare terreno sulla valuta europea. Positivo anche il calo superiore al previsto dei sussidi settimanali di disoccupazione che hanno evidenziato una tendenza la miglioramento del mercato del lavoro. Il successivo aumento a sorpresa dell’indice Philadelphia Fed ha avvalorato le prospettive di crescita.
Sui mercati asiatici il dollaro è sceso contro yen fino ad un minimo di 105,70 yen, livello più basso dal settembre 2000 per poi risalire a attestarsi a cavallo di 106. Anche ieri sera a New York aveva fatto un tentativo di scendere sotto tale soglia, ma il timore di interventi della Boj aveva frenato la speculazione. Il balzo dello yen trova una motivazione nelle attese di ripresa dell’economia giapponese che si sono intensificate alla luce dei recenti dati macro, in particolare oggi è stata rivista al rialzo la produzione industriale di novembre (+1%) rispetto al dato preliminare di dicembre (+0,8%). Gli investitori credono nella ripresa come mostra il balzo odierno dell’1,8% della borsa di tokyo, avvalorato dalle statistiche delle statistiche ufficiali sui flussi di capitali. Il ministero delle finanze di Tokyo ha infatti evidenziato che in 34 delle ultime 38 settimane, gli investitori esteri sono stati compratori netti di azioni giapponesi.
Nessuna novità sul fronte dei tassi Usa che non danno segnali di tensioni e che le autorità monetarie non hanno alcuna intenzione di ritoccare finche non si prospettino evidenti rischi di una ripresa dell’inflazione. Lo ha precisato anche ieri il presidente della Fed di Philadelphia, Anthony Santomero che ritiene i tassi attuali “adeguati” e non vede alcuna necessità di interventi nel breve termine.
Fonte: La Repubblica 16/1/2004