Energie rinnovabili: Cooperazione Italia-Brasile
09/01/2009
SAN PAOLO aise – Promuovere incontri bilaterali per creare progetti di cooperazione “ambientale” tra Italia e Brasile.
Questo l’obiettivo che ha portato Corrado Clini, capo della Direzione per la Ricerca Ambientale e lo Sviluppo del Ministero dell’Ambiente, a San Paolo dove lo abbiamo intervistato.
“Siamo venuti qui – ha esordito Clini – per discutere del Protocollo di Kyoto, l’accordo internazionale che si propone di ridurre le emissioni di anidride carbonica prodotta dall’uso di combustibili fossili. Ridurre tali emissioni, ad esempio, in Europa – ha spiegato – avrebbe un costo altissimo, perché vorrebbe dire cambiare sistema energetico. Farlo in altri paesi che hanno una situazione organizzativa dal punto di vista energetico ancora non sviluppata ha un costo molto basso, perché possono utilizzare le fonti rinnovabili, cioè quelle che non emettono anidride carbonica, cioè l’acqua, le biomasse, il vento, il sole. Il Brasile è molto interessante da questo punto di vista, perché è ricco di biomassa, di acqua”.
“D. L’Italia come vuole gestire questi progetti? È interessata ai Crediti di Carbonio?
R. Noi siamo interessati a promuovere progetti che producano crediti. Sono venuto a San Paolo e andrò poi a Brasilia per creare le condizioni per una collaborazione tra i due paesi, e dare il via ai progetti che interessano entrambi.
D. Ci sono già progetti in fieri?
R. Per il momento ne abbiamo cofinanziati alcuni per vedere come funziona il sistema e ci sembra che stia dando buoni risultati. Costituiremo una task-force italo-brasiliana qui a San Paolo per selezionare i progetti che hanno una qualche possibilità di successo.
D. Qual è la collocazione geografica di questi progetti?
R. Ce ne sono in tutto il Brasile, qui a San Paolo, nel Paraná, in Pernambuco, a Bahia, nel Mato Grosso do Sul.
D. Quindi sono degli investimenti sostanzialmente applicati a che cosa?
R. Ci sono diverse ipotesi, una è quella di utilizzare il gas delle discariche per produrre elettricità, in questo modo si evita che questo gas, che è metano, vada nell’atmosfera. Il metano ha un forte potere di riscaldamento e, allo stesso tempo, creando elettricità, crea le condizioni per un ritorno economico dell’investimento, generando crediti. Un’altra linea di intervento sicuramente interessante è quella che riguarda le biomasse, la così detta bioenergia, derivata, ad esempio, da acqua e legno. Le biomasse sono fonti rinnovabili: utilizzandole si ha una riduzione delle emissioni nocive. Sono progetti che hanno un forte collegamento con lo sviluppo: produrre energia significa creare una infrastruttura per lo sviluppo.
D. Tutto ciò coinvolgerebbe tutta la rete delle emissioni di gas e di petrolio in Brasile?
R. Certo! La domanda di energia del Brasile aumenta con la crescita economica. Ovviamente per rispondere a questa domanda il Brasile può utilizzare le fonti rinnovabili, piuttosto che utilizzare olio combustibile o carbone, o gas naturale, per cui il nostro programma di cooperazione si inserisce in questa linea di attività: contribuire ad aumentare l’offerta interna di energia per le necessità di sviluppo del paese, senza aumentare l’utilizzazione di combustibili fossili.
D. Quanto di crediti di carbonio può raggiungere il Brasile, sia come riduzione di emissioni che come risultati finanziari?
R. La potenzialità del Brasile è molto alta, appunto perché è un grande paese in crescita economica che ha bisogno soprattutto di energia. In termini economici la valutazione dipende molto dal prezzo unitario di 1 credito, ovvero di 1 tonnellata di carbonio assorbito dall’atmosfera, oppure evitato come emissione. Naturalmente se la tonnellata di carbonio vale attorno ai 6 U$D, il Brasile potrebbe offrire dai 100/150 milioni di tonnellate/anno, questo fa 900 milioni di U$D/anno, e siccome il periodo nel quale bisogna rispettare questo impegno è di 5 anni, la stima potenziale per quello che si sa è di 4,5 miliardi di dollari in 5 anni.
D. A che punto sono i negoziati Europa/Stati Uniti?
R. Gli USA, per il momento, hanno confermato che non aderiranno al Protocollo di Kyoto. Quello che cerchiamo di fare dopo il vertice del G8 che c’è stato di recente in Scozia, è di definire un programma globale, che coinvolga anche gli USA, e il documento finale approvato si muove in questa direzione. Ci sarà a novembre una riunione a Londra per costruire un’ipotesi di lavoro che vada oltre il Protocollo di Kyoto. È interessante che in questo sforzo, in questo impegno siano presenti contemporaneamente le più grandi economie del mondo, più il Brasile, la Cina, la Nigeria, il Sud Africa, l’Indonesia, cioè i grandi paesi che hanno economie in crescita, o grandi paesi che sono consumatori, o produttori di energia”.
(ven.sol.aise)
20/7/2005